Simona Marchetti: dall’Araldo alla Rai

Dalla redazione dell’Araldo a quella della Rai. Prima una sostituzione di sei mesi alla sede regionale di Bologna e adesso, da qualche mese, a Perugia. Com’é stato il salto?

«Non è stato facile cambiare lavoro, visto che dopo qualche anno di esperienza come giornalista radiofonica, anche a Radio Inchiesta e prima a Radio Mortara, avevo frequentato solo per qualche giorno la redazione di Telepavia. Qui, devo ringraziare i colleghi e in particolare Marco Pugno, ho potuto apprendere gli elementi base di questo modo di fare informazione. Ma passare alla sede Rai di Bologna, dove comunque sono stata accolta e aiutata da tutti i colleghi, non è stato facile, anche se è stato davvero stimolante confrontarmi, a cinquant’anni con un nuovo modo di lavorare. E l’entusiasmo ha aiutato tantissimo».

La tua esperienza professionale è stata caratterizzata in prevalenza da un lavoro quotidiano con la carta stampata. Oggi, invece, scrivi notizie per la radio e la televisione di Stato, prima per l’Emilia Romagna e ora sulla regione Umbria. Negli ultimi giorni hai rischiato addirittura da fare lo scoop della vita e realizzare un servizio su Papa Francesco in incognito a Spello, in visita alle suore di clausura…

«I principi della buona informazione sono sempre gli stessi:

un po’ di fiuto per le notizie, la verifica accurata di ogni notizia e un po’ di fortuna

Quello che cambia è solo il mezzo. Una volta compresi gli aspetti tecnici, e devo dire che finora ho appreso molti elementi ma ancora tanto ho da imparare, si tratta di applicare con profitto l’esperienza professionale maturata in tanti anni, che è un bagaglio prezioso a cui si può fare sempre ricorso».

Oltre ad un lungo elenco di collaborazioni con giornali vari, sia di settore che generalisti, anche di carattere nazionale come “La Stampa” di Torino, nel tuo curriculum c’è anche una laurea in lingue e letterature straniere e un’altra in Scienze religiose. Questo percorso di studi quanto ha inciso e incide sul tuo percorso professionale?

«I miei studi sono stati importanti perché mi hanno fornito quel bagaglio culturale che permette di affrontare ogni giorno argomenti diversi, sempre nuovi, come spesso accade in una redazione di un telegiornale regionale».

Oltre ad essere una giornalista professionista, hai lavorato anche nelle scuole di ogni ordine e grado come docente di Religione. Questa esperienza con i ragazzi è stata utile per la tua professione di operatrice dell’informazione?

«Sicuramente, perché conoscere le opinioni e i modi di pensare dei ragazzi, con cui come insegnante di religione cattolica mi sono sempre confrontata, è stato fondamentale. Questo mi ha consentito inoltre di sperimentare sulla mia pelle il funzionamento della scuola, e di verificarne pregi e difetti. E non va dimenticato che dopo aver affrontato una classe di adolescenti, in qualche caso problematici, qualsiasi interlocutore diventa abbordabile».

Parliamo adesso dell’informazione di ieri, oggi e… domani. Cosa sta succedendo in questo settore vitale della società. Come sta cambiando il modo di fare informazione, alla luce anche della progressiva dominanza dei social e della varie piattaforme online? Su questo fronte si stanno attrezzando anche le redazioni regionali della tv di Stato oppure non ancora? Sono davvero così vitali come qualcuno sostiene?

«Sicuramente il cambiamento in corso è epocale, ma alcune certezze restano: la tv, comunque, resta uno dei mezzi di informazione principali. A differenza della carta stampata, ed in particolare per quanto riguarda la tv pubblica per cui lavoro, uno degli elementi di forza sta nel fatto che basta accendere la tv per conoscere fatti e opinioni. Il problema restano le scadenze orarie, e

la concorrenza dei social network comunque si fa sentire, ma il cosiddetto “Citizen journalism”, i servizi realizzati spontaneamente dai cittadini, non può sostituire l’informazione professionale

A livello delle redazioni della Tgr, il telegiornale regionale della Rai, sono in corso delle sperimentazioni importanti di integrazione tra le piattaforme sociali e le redazioni. Presto dovrebbero essere estese in tutte le redazioni. A livello professionale, comunque, è anche necessaria un’integrazione a livello di forza lavoro, perché gli aggiornamenti sono continui e necessitano di una presenza costante e qualificata».

E’ ancora importante fare il nostro mestiere “con la suola delle scarpe” o conta di più essere buoni navigatori della rete, saper raccogliere e rielaborare l’informazione che arriva in modo continuo e abbondante sui terminali delle redazioni?

«Oggi, per lavorare nel mondo dell’informazione, è indispensabile potersi avvalere di tutto questo bagaglio di esperienza: consumare le suole è fondamentale, ma oggi non si può più prescindere dalle fonti on line».

Raccontaci la tua esperienza più significativa come giornalista, soprattutto in riferimento a questo ultimo periodo della tua vita professionale. E’ vero che non ti sono mancate soddisfazioni anche nella carta stampata, come alcune prime pagine su “La Stampa” ma in televisione forse è diverso…

«Ho provato una grande emozione quando un amico mi ha detto di aver ascoltato la mia voce durante il mio primo servizio per il giornale radio di Radio Uno. Mi sono detta: allora è vero!»

Parliamo del futuro. Dopo Perugia…?

«Perugia e l’Umbria sono un luogo accogliente, emozionante dal punto di vista culturale e paesaggistico, ma la mia famiglia e i miei affetti sono rimasti in Lomellina. Quindi, a malincuore così come a malincuore ho lasciato la redazione di Bologna, ho chiesto di essere trasferita più vicina a casa. Spero che accada il prima possibile, anche se mi dispiacerà lasciare l’Umbria. Comunque ringrazio i miei colleghi, ed il mio caporedattore, che mi permettono di tornare a casa il più frequentemente possibile».

A Vigevano abbiamo già un illustre collega, come Marco Varvello, ora corrispondente da Londra. E, sempre in Rai, ci sono anche altri professionisti di notevole livello che arrivano dal nostro territorio, sia in ambito giornalistico che tra i tecnici e gli operatori. Come ti vedi collocata in un prossimo futuro?

«Credo che la mia prospettiva sia quella di restare nelle redazioni regionali, dove il mio bagaglio professionale può essere messo a frutto nel modo migliore. Poi, chi vivrà, vedrà».

Massimo Sala

Un curriculum lungo un chilometro quello di Simona Marchetti, 51 anni, mortarese, giornalista professionista dal 2010, due lauree (Lingue e letterature straniere e moderne all’Universita Cattolica e in Scienze Religiose), con un passato anche da insegnante e una discreta carriera da cantante lirica dilettante. Madre di due figli, Caterina (frequenta il terzo anno al liceo classico Cairoli) e Carlo (quinta elementare a Mortara) è moglie di un giornalista noto a Vigevano, Claudio Bressani, colonna storica dell’Informatore vigevanese, corrispondente dell’Ansa e collaboratore da decenni del quotidiano “La Stampa”, lo stesso giornale nazionale per cui ha collaborato anche lei per quasi un decennio, prima di passare in Rai. Con il settimanale “L’Araldo” ha invece collaborato in redazione per vent’anni. Oltre a queste, sono state tante altre le testate generaliste a cui ha collaborato: tra queste “Avvenire”, “La Provincia Pavese” (per quasi vent’anni) e “L’informatore vigevanese”. Tra le sue esperienze anche alcune in riviste di settore, nazionali e internazionali: Gruppo Fotoshoe (settore calzaturiero), Oriza (sito statunitense sul riso) e risoitaliano.eu. Esperienze anche a Radio Mortara e Radio Inchiesta.

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