Lettere da Pietro in memoria di un soldato

Suonava il violino e amava la musica: i suoi sogni, la sua vita sono stati spezzati a soli 21 anni in un ospedale di un campo per stranieri della Germania nazista. Ma il suo ricordo, quelle che erano le sue speranze e i suoi desideri, non sono andati perduti, grazie al lavoro certosino che, consultando lettere e archivi, la sua famiglia (che vive a Vigevano) ha fatto in questi anni per mantenerne viva la memoria.

UN SOLDATO È la storia di Pietro Farina, soldato dell’esercito italiano internato in Germania, quella ricostruita da Patrizia e Maria Rita Merati, nipoti dell’uomo e da sempre interessate a preservare il ricordo suo e di tanti altri giovani che, prematuramente, finirono la loro vita prigionieri degli ex alleati nazisti. La storia di Piero comincia a Spinadesco, dove nasce nel 1923: nella vicina Cremona frequenta le scuole e impara a suonare il violino. La famiglia di Farina è numerosa:

Il fratello Sergio, diventa pompiere e poi si candida per un posto nelle ferrovie – raccontano le sorelle Merati – la sorella Speranza, nostra madre, impara a cucire presso una sarta del paese. Anna, la più piccina, frequenta la scuola elementare.

In quel periodo Pietro Farina lavora per l’Eiar di Torino, l’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche, come radio-tecnico. Un lavoro che ama, «che gli permette di conoscere i migliori cantanti e musicisti dell’epoca che si esibiscono dal vivo alla radio» raccontano Patrizia e Maria Rita, ma che viene interrotto dalla chiamata alla leva militare. Pietro parte quindi per Roma: quello che succede nei mesi successivi è testimoniato dalla posta che Pierino si ricorda sempre di scrivere ai suoi famigliari. «Dalle cartoline che invia ai genitori, al fratello e alle sorelle, lo troviamo impegnato a prestare servizio di guardia di fronte al Quirinale e a suonare la tromba per il cambio della guardia». Di posti ne visita tanti: la Capitale, l’Abruzzo, altri dove si vedono solo monti e mare. E infine Spalato, nell’attuale Croazia, l’ultima meta prima della prigionia.

LA PRIGIONIA Il 9 settembre 1943 è catturato in Jugoslavia, dove era arrivato con la VII Compagnia Lanciafiamme, e, fatto prigioniero, raggiunge la Germania su un treno merci. Il suo destino è quello di diventare uno dei tanti Italienische Militärinternierte, gli Internati militari italiani utilizzati in barba alla Convenzione di Ginevra come manodopera per l’industria bellica del paese. Portato dapprima nell’Emsland, Farina viene assegnato allo Stalag VI A di Hemer verso la fine del 1943. La famiglia riceve una cartolina della Croce Rossa Italiana in cui Pierino comunica il suo nuovo indirizzo allo Stalag VI A dell’Arbeitskommando di Hemer, presso cui è registrato con il numero di prigionia 89056. Farina rimane nello Stalag VI A fino a ottobre del 1944, quando, dopo aver ricevuto la status di lavoratore civile è destinato alla miniera di carbone Hugo II di Gelsenkirchen. «Pietro scrive molte lettere da Hemer – è il racconto delle sue nipoti – parlando del suo lavoro di elettricista, della buona salute di cui gode, dei pacchi ricevuti, delle preghiere recitate la sera tutti insieme nella baracca. Racconta che, dopo il rosario, veniva recitata la preghiera del prigioniero, affidando alla Madonna i propri cari e tutti i compagni in guerra e chiedendo a Dio la pace. Scrive che la vita nel Lager è piuttosto ripetitiva, baracca-lavoro, lavoro-baracca. Non scende mai in alcun particolare. La posta, infatti, viene costantemente controllata e censurata. Quando viene trasferito alla miniera di Gelsenkirchen, Pietro è felice perché da “civile” potrà uscire dalla baracca più spesso e assaporare un po’ di quella libertà a cui anela nelle sue lettere. Una volta arrivato alla nuova destinazione, scrive del nuovo lavoro, rimuove “cose pesanti” e sistema cose “rotte”, non precisando che si tratta di macerie e rottami causati dai bombardamenti».

il soldato Pietro Farina
il soldato Pietro Farina

LA MEMORIA Il lavoro pesante, la scarsità di igiene e di cibo, il grande freddo, affrontato con le divise militari estive, sono però fatali: Pierino si indebolisce, si ammala di tubercolosi e muore nell’ospedale ausiliario di Gelsenkirchen il 22 maggio 1945. Riconoscibile grazie alla piastrina che riporta il numero di matricola del prigioniero, solo nel 1958 viene rimpatriato a Spinadesco. Lo testimonia il “Leichenpaß”, il passaporto funebre con cui passa la frontiera al Brennero: solo uno dei tanti documenti recuperati in questi anni dalle sorelle Merati. «Oltre alle cartoline e alle lettere autografe, abbiamo consultato diversi archivi in Italia, Germania, Francia e Stati Uniti – raccontano – il Bundesarchiv di Berlino ci ha gentilemente inviato la “Meldekarte”, la scheda dell’ufficio di collocamento di Moers, datata 30 agosto 1944. Il centro di Arolsen, International Tracing Service, fondato nel 1945 dagli Alleati nella cittadina tedesca per raccogliere dai Lager i documenti dei prigionieri e rendere possibile alle famiglie la tracciabilità dei dispersi o dei defunti, ci ha inviato il certificato di morte. La storia di Pietro Farina è raccontata anche sul sito tedesco del Gelsenzentrum, ospitata già nel 2019 dal dottor Andreas Jordan, direttore delle ricerche sui campi di prigionia presenti nel territorio di Gelsenkirchen, come viva testimonianza di una lavoratore coatto italiano, deceduto nella sua città». E l’Italia? Si è ricordata di Pietro Farina? «Nel 2023 abbiamo presentato la domanda alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per ricevere la Medaglia d’Onore riservata agli Imi – spiegano le nipoti – Con decreto del Presidente della Repubblica del 21 giugno 2024 è stata riconsciuta la prestigiosa onorificenza anche allo zio Pierino». La cerimonia di consegna si è svolta finalmente presso la Prefettura di Pavia, il 22 novembre scorso: «Un momento di grande orgoglio vedere finalmente riconosciuto il grande sacrificio offerto da Pietro Farina alla Patria. Un momento di grande commozione anche per le due sorelle di Pierino, Anna e Pierina, la sorella che Pietro non ha mai conosciuto, essendo nata a novembre del 1945, non presenti alla cerimonia, ma vicine con l’affetto di sempre».

Alessio Facciolo

Le ultime

Viaggio in Parrocchia / Dorno, tra fede e impegno civile

La chiesa parrocchiale di Dorno si erge in tutta...

“Operazione Primavera” al via

A partire da venerdì 2 maggio anche la città...

Lavoro, tra diritto e dignità umana

Il Giubileo dei lavoratori, in programma a Roma nei...

Papa Francesco, i funerali: «Ora prega tu per noi»

Papa Francesco, prega ora tu per noi. Un appello...

Login

spot_img