L’Araldo Lomellino, come ogni anno, ha scelto i suoi top (e anche qualche flop) del Festival di Sanremo interpellando quattro pagellisti d’eccezione: il duo klezmer Stellerranti e Marco Clerici, cantante e nipote del grande Alfredo, sono ormai due habitués di queste pagine, mentre le new entry sono Marco Nicolò, sound designer, e Fabio Giuliano, chitarrista.
1Fabio Giuliano
Simone Cristicchi, “Quando sarai piccola”: 9. Un brano dal significato profondo. Evocativo. Che fa scendere una lacrimuccia anche ai meno sensibili. Perché si sa “la mamma è sempre la mamma”. Valorizzato ancor di più dall’arrangiamento orchestrale e le note al pianoforte rimane estremamente apprezzabile. Come anche anche il concentrarsi sul messaggio della canzone invece di dare spettacolo sul palco per colmare l’assenza di un messaggio specifico.
Gaia, “Chiamo io, chiami tu”: 5. La tipica indecisione del quando si vuole chiamare una pizzeria, ma non si sa chi deve farlo, perché c’è un po’ di paura ingiustificata a parlare al telefono. Da non amante dei tormentoni estivi, sento, purtroppo, già riecheggiare il brano in questione per tutta la stagione estiva del 2025. Il brano sembra scritto per essere un tormentone e niente di più. La nota positiva è che Gaia sappia tenere il palco abbastanza bene. Il corpo di ballo ha un ruolo significativo nella performance e ha influito positivamente sul voto da dare!
Giorgia, “La cura per me”: 9. La vocalità e il controllo della performance sono ineccepibili, ormai è chiaro che Giorgia sia un punto di riferimento in Italia. Era tra i preferiti del pubblico ma non ha vinto il festival, è un po’ mi dispiace perché la canzone era più che valida. La reazione del pubblico è la prova del fatto che, per quanto se ne dica del pubblico, chi ascolta riconosce la qualità e le capacità di un ottimo artista. Il brano in sé è emozionante ed è degno di essere portato a un festival come San Remo.
2Marco Nicolò
Joan Thiele, “Eco”: 8,5. Al suo primo festival, Joan Thiele si presenta con un brano che è sicuramente uno dei più interessanti dei 29 in gara. Il testo non è particolarmente ricercato, tuttavia si incastra molto bene con quelle che sono le scelte legate alla produzione, che nascondono il vero e proprio punto forte del brano. Triglia e Benussi, insieme alla stessa Joan, costruiscono un’atmosfera molto intima con Groove intensi ma mai sopra le righe. La dinamica emotiva del brano raggiunge il suo culmine a metà del terzo ritornello con un solo di chitarra estremamente azzeccato ma ulteriori 4 battute avrebbero contribuito a renderlo più intenso.
Willie Peyote, “Grazie ma no grazie”: 7,5. Il brano si apre con 4 accordi di Bossa Nova che sicuramente avranno stuzzicato l’orecchio di molti musicisti all’ascolto. Se la cassa in quarti contribuisce a dare una spolverata dance al brano, il basso viene messo in primo piano e diventa il vero protagonista del brano più politico e ironico di questa edizione del festival.
Brunori Sas, “L’albero delle noci”: 8. Dario Brunori si presenta sul palco dell’Ariston con un brano estremamente personale sull’altalena di emozioni provate nel diventare genitore. La progressione di accordi che troviamo nel ritornello evidenzia esattamente il “dare e l’avere” di positività e di paura in questo periodo molto delicato della vita. In un momento storico in cui il cantautorato italiano attraversa una profonda crisi, canzoni come questa ci ricordano che non sono necessari eccessivi virtuosismi armonici o visivi per comunicare in modo efficace i propri stati d’animo.
3Stellerranti
Lucio Corsi, “Volevo essere un duro”: 10. Titolo didascalico, dell’elfo o folletto Lucio Corsi. Elfo o folletto o Puck o Peter Pan o Michael Jackson. Canta garbato, dolcezza di menestrello, niente emissioni adenoidee, niente recitativi rauchi. Dosa sapientemente italica melodia, che noi italiani conosciamo e riconosciamo al volo, e una Summa Theologiae della performance pop rock: androginia, trucco pierrottesco-tribale, grande piano nero e lucido, duetto chitarristico che scatenerebbe la catarsi non fosse che siamo a Sanremo e furori, possessioni, purificazioni ecc… hanno da essere appena accennati. In fondo sono solo canzonette.
Coma_Cose, “Cuoricini”: 9. Teatro Kitsch. Sulla scena non solo spaccano ma soprattutto spiccano. Ammettiamolo Quest’anno poi non hanno nessun concorrente nel genere, ad esempio I rappresentanti di Lista, per questo spaccano e spiccano ancora di più, Un distillato di Ricchi e Poveri e altre nostrane delizie. Francesca comunque cantare canta e nient’affatto male, è capace di citare e parodiare con gusto. Gesti curatissimi di entrambi, fotogenici da morire pur senza il dubbio ausilio di look strafirmati, trasparenti, fascianti, strasciccanti, Il loro, come quello di Corsi, è genuino “costume di scena”. Cuoricini forse non è abbastanza stupidina e furbina per diventare il tormentone dell’estate che verrà. Intanto guardiamo il duo e divertiamoci. Aspettando carnevale. Vale!
Simone Cristicchi, “Quando sarai piccola”: 10. Altro titolo didascalico ma il testo è notevole, dopo la mitica “Son tutte belle le mamme del mondo” parlare di mamme che imbiancano è rischioso, anzi “rischiusissimu è”. La voce, in particolare nel parlato iniziale, non è rapinosa ma del resto il suo modo di essere artista non lo richiede, comunque è voce presente, gradevole, naturale, non compressa elettronicamente per renderla edule, come lo sono molte del Festival. La dizione è chiara così capiamo bene tutte le parole che meritano e rivelano forse la frequentazione con la poetessa Alda Merini, probabilmente con la poesia in generale. Un po’ di cultura e di sensibilità non guastano. Poi è vestito in maniera quasi classica e di tutto punto. Questo ce lo fa apprezzare ancora di più.
4Marco Clerici
Achille Lauro, “Incoscienti giovani”: 9. Mi sento di contemplare in prima battuta Achille Lauro che, solitamente non mi piace, ma quest’anno si è inventato una ballata che mi ha lasciato stupito, orecchiabile, testo che riporta agli amori adolescenziali che tutti noi, o bene o male abbiamo vissuto, arrangiamento eccellente. Bravo!
Giorgia , “La cura”: 8 ½. Giorgia come sempre impartisce lezioni di canto a tutti coloro che, senza mezzi elettronici, non riescono a dare il meglio di sé. Tecnica, allenamento, vocalizzi, tutto traspare dalle sue esibizioni ed è una performer che va assolutamente presa d’esempio tra gli addetti ai lavori (scuole di musica e/o vocal coach). Sempre TOP!
Massimo Ranieri, “Tra le mani un cuore”: 7. Massimo non ha più la voce che lo ha contraddistinto per anni, però la mimica e la presenza scenica ne fanno un numero uno dal quale, per chi vuole esibirsi, attingere. Un vero maestro con un brano orecchiabile che rientra tra i suoi canoni.
BONUS Sarah Toscano, “Amarcord”: 6 ½. Contemplo Sarah per il mio essere così romanticamente “campanilista vigevanese” e credo sia giusto sostenere tutto ciò di buono che arriva dalla mia terra natia che sia sport, musica o altro. Sarah è molto giovane e avrà modo di farsi!