Cosa significa quando diciamo che una persona è buona? Che ha una bontà che le brilla negli occhi, nel cuore, in tutto il suo essere. Diciamo che una persona è buona quando la sua bontà è qualcosa di interiore che si manifesta nelle azioni esterne. Incontrando una persona buona sentiamo una sorta di eco in noi, una corrispondenza che ci fa venire voglia di essere così. C’è infatti qualcosa in noi che cerca una via per essere buoni dal profondo del cuore. Occorre però un impegno perché la vita diventi più umana.
TUTTI NEONATI Quando siamo di fronte a un neonato ci chiediamo che ne sarà di lui, quali strade percorrerà. Tanto Adolf Hitler quanto Madre Teresa di Calcutta sono stati neonati. Era semplicemente destino che la vita di uno prendesse quella piega e quella dell’altra una strada differente? Perché inorridiamo di fronte alla strada presa da Hitler e siamo grati per Madre Teresa? Perché pensando a Madre Teresa il nostro cuore è lieto? Perché consideriamo riuscita la sua vita e sbagliata l’altra? Alla fine del libro del Deuteronomio Dio si rivolge così al suo popolo: «Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male… scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità».
LA SCELTA Scegli la vita, scegli la felicità. Scegliere vuol dire decidere. Dipende dunque dalle scelte che facciamo se raccoglieremo felicità o infelicità, vita o morte. Noi possiamo essere felici, diventarlo, ma occorre trovare la strada, consapevoli del fatto che potremmo anche incamminarci su strade sbagliate. C’è una insopprimibile tensione tra il bene e il male, tra il vizio e la virtù, ma è proprio questa lotta che rendere vera la vita, perché le cose più importanti hanno un prezzo, richiedono impegno e responsabilità.
IL CIECO La bontà di cui si parlava all’inizio è qualcosa da acquisire e da coltivare in modo stabile e durevole. San Pietro nella sua lettera (2Pt 1,9) dice che chi è privo delle virtù assomiglia a un «cieco miope» che non riesce a vedere lontano in ragione del fatto che il suo comportamento risulta animato non dalle virtù che segnano la vita del credente, ma dal loro opposto, cioè dai vizi. Proprio loro. I vizi hanno a che fare con il complesso tema del male morale, cioè del peccato e il discorso su di essi non è per complicarsi la vita, ma per cercare di renderla autentica, giacché i vizi ci accompagnano molto più di quello che possiamo pensare.
I TERRIBILI SETTE L’esperienza cristiana ne elenca sette – un’enciclopedia delle passioni umane – a cui dà il nome di vizi capitali (nel senso che danno origine a tutti gli altri vizi) e cioè: la superbia, l’avarizia, l’invidia, l’ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia. C’è chi dice che si tratta di inutili retaggi del passato e che è meglio lasciarsi andare e prendere la vita così come viene, questo però non aiuta a rendere la vita più bella e più vera: agendo così si lascia semplicemente che il veleno non venga più riconosciuto come tale, e possa diffondersi capillarmente moltiplicando i suoi effetti devastanti. Uno alla volta proveremo a guardarli un po’ più da vicino.
don Paolo Ciccotti