Gesù, lo sappiamo, era un grande pedagogo. I suoi discorsi e i suoi insegnamenti non erano mai di carattere teorico, ma scaturivano dalla vita quotidiana oppure da domande concrete da parte dei suoi discepoli o da momenti di vita concreti.
Una “strategia” che va ben al di là della stessa metodologia pedagogica, ma che scaturisce da una finalità ben precisa, quella che oggi i teologi definiscono “inculturazione della fede”.
Ebbene, nel brano di Vangelo che viene proposto nella liturgia di domenica prossima, Gesù si serve proprio di questo metodo per portare i suoi interlocutori alla risposta più giusta. Prima fa una specie di sondaggio, portando i suoi discepoli a intercettare l’opinione della gente: «Chi dice che io sia?» e i discepoli, diligentemente, aiutano Gesù in questo giro di opinione. Forse credono che fotografando l’opinione della gente possa servire al “Maestro” per scegliere strategie, cammini pedagogici, metodologie per annunciare la sua “dottrina”. E ascolta le risposte che gli vengono indicate: «Giovanni il Battista, forse Elia o alcuni dei profeti».
Ma a Gesù, in realtà, non interessa più di tanto l’opinione della gente, interessa cosa pensano i suoi discepoli, coloro che ha scelto, affinché possano annunciare davvero la sua presenza e la sua missione. Per questo viene subito al sodo, con una domanda diretta, forte, senza giri di parole: «Ma voi chi dite che io sia?». Ecco, gli stessi discepoli sono spiazzati, sono costretti ad andare ben oltre al ruolo di “opinionisti” o di “aiutanti” di Gesù… sono chiamati a dare una risposta di fede: «Tu sei il Cristo!». Da questa professione di fede, Gesù parla apertamente della Croce e di ciò che attendeva Lui e i suoi discepoli, tanto da venire rimproverato dallo stesso Pietro. Sembra strano che rimproveri proprio colui che gli ha dato la risposta giusta, ma Gesù sa che in quella risposta non c’è ancora tutta la dimensione della Pasqua: Passione, Morte, Risurrezione!
Il rischio è che anche noi, oggi, che dottrinalmente sappiamo tutto della Pasqua, non sempre sappiamo dare davvero al Signore e a tutte le opinioni della cultura di oggi la vera “risposta di fede”. Ma proprio qui troviamo la differenza tra il “nostro” pensare e il progetto di Dio. Anzitutto non possiamo permetterci di adagiarci su una “professione di fede” che ci è stata insegnata… non basta il catechismo o la tradizione nella quale abbiamo conosciuto Dio e il Vangelo. Gesù vuole una risposta, vuole “la” risposta, oggi, nella nostra situazione di vita, tra le contraddizioni e le certezze del nostro tempo, tra le speranza e le delusioni: «Tu sei il Cristo!». Possiamo leggere tanti libri, conoscere il Vangelo a memoria, comportarci bene, ma ogni giorno, ogni attimo Gesù vuole da noi questa risposta: «Tu sei il Cristo»!
Ogni attimo di vita ci “costringe” a questa risposta, al di là di ogni buon comportamento, di ogni pratica religiosa con cui viviamo la nostra vita cristiana: una risposta che non ci permette di adagiarci su alcune convinzioni o di alcune buone azioni di vita cristiana… Gesù guarda il nostro cuore come ha saputo guardare il cuore di Pietro e ci “sgama” se portiamo una risposta “scontata” o di circostanza… deve essere una risposta vera e autentica… a prova di tutte le contraddizioni del nostro tempo!
don Emilio Pastormerlo