La Festa del Papà, celebrata il 19 marzo in molti Paesi di tradizione cattolica, rappresenta un momento di profonda riflessione e gratitudine verso la figura paterna, connessa alla devozione per san Giuseppe, padre putativo di Gesù. Egli è il simbolo per eccellenza di una paternità fondata sull’amore, sul sacrificio quotidiano e sulla responsabilità. Pur essendo citato in maniera sommaria nei Vangeli, il suo ruolo rimane centrale nella storia della salvezza, poiché accoglie e protegge Maria e Gesù con dedizione e umiltà, incarnando il modello ideale del padre. Il 19 marzo la Chiesa ricorda la morte di San Giuseppe, venerato come patrono dei padri e dei lavoratori.

NEL TEMPO La devozione a san Giuseppe ha un’evoluzione storica ricca e articolata. Già nel Medioevo la sua figura cominciò a emergere tra le comunità cristiane, seppur limitata a specifiche regioni; con il passare del tempo, la venerazione si diffuse e consolidò. Nel 1621, durante il pontificato di Gregorio XV, la celebrazione si estese, conferendo a san Giuseppe un ruolo simbolico sempre più importante. Successivamente, nel 1870, Papa Pio IX lo proclamò patrono della Chiesa universale, riconoscendone il valore nella protezione e nell’educazione dei fedeli. Nei secoli successivi, papi come Leone XIII e Pio XII rafforzarono ulteriormente il culto, associandolo ai principi del lavoro onesto, della giustizia sociale e della solidità familiare.

OLTRE LA FEDE L’impatto culturale di San Giuseppe non si limita al contesto religioso, ma attraversa anche arte, letteratura e tradizione popolare. Numerosi artisti lo hanno ritratto in opere che ne evidenziano l’umanità e lo spirito di sacrificio, trasformandolo in un simbolo universale di dedizione paterna. La sua immagine, presente in chiese, santuari e cappelle, ricorda la necessità di un sostegno familiare fondato sui valori della fede e della solidarietà, mantenendo vivo il ricordo di un padre che ha saputo unire il divino e l’umano in perfetto equilibrio. Le festività in suo onore sono occasioni di incontro e rinnovamento spirituale, in cui famiglie e comunità si uniscono per celebrare l’amore, la protezione e il sostegno paterno, elementi imprescindibili per una società più giusta e coesa.

don Paolo Butta

1Fare il genitore: il mestiere più bello e difficile del mondo

È nata il 7 dicembre del 2019. Azzurra ha cinque anni e per i suoi genitori rappresenta il regalo più bello e prezioso. Il suo papà si chiama Alessandro Goi, ha 27 anni, ma la sua vita è cambiata quando cinque anni fa è diventato padre. Ha fatto rinunce, ha abbandonato la spensieratezza comunque tipica di molti ragazzi suoi coetanei e ha iniziato ad assumersi le responsabilità di intraprendere il mestiere più difficile del mondo, quello del genitore. E lo ha fatto proprio durante un periodo e un contesto in cui i giovani spesso e volentieri rinunciano a mettere su famiglia.

«Desideravo fortemente avere un figlio – racconta – così come la mia fidanzata Martina. Il mio percorso scolastico ha visto alti e bassi. Per questo ho deciso di andare al Roncalli e fare l’elettricista. Ho iniziato a lavorare dopo il diploma in una ditta che si occupa di realizzare quadri elettrici industriali di macchine e impianti. Avendo un’entrata e uno stipendio sicuro ho deciso di seguire la mia strada, insieme alla mia ragazza e così, abbiamo coronato il nostro sogno d’amore diventando genitori. Ecco che è nata Azzurra, la gioia più bella della nostra vita». Giovane vero, ma un papà che è riuscito a trasmettere tutto ciò che prova nei confronti della sua piccola e preziosa Azzurra:

I primi mesi sono stati quelli più impegnativi – racconta Alessandro Goi – mi sono trovato davanti a un’esperienza nuova per me, nonostante l’avessi desiderata più di ogni altra cosa al mondo.

«Io sono un appassionato di basket, ho giocato nella Virtus Vigevano. Per questo ho sempre desiderato che mia figlia potesse assistere alle partite. I primi Natali, le prime uscite e le prime vacanze. Tutti momenti che porto sempre con me». E la festa del papà insieme alla due persone più importanti assume per Alessandro Goi un significato intenso e particolare. «Azzurra e Martina sono le persone che amo di più al mondo. Il mio desiderio più grande? Essere un buon padre e un genitore di cui Azzurra un domani potrà essere fiera».

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2Una storia di famiglia: dialogo tra sogni, lavoro e sacrifici

Ciao Papi, raccontami una storia. La tua storia. «Sono cresciuto figlio unico in una famiglia che, seppur non navigasse nell’oro, mi ha comunque sempre assicurato tutto. Ricordo che quando, da adolescente, tornavo alle tre o alle quattro di notte entravo in casa e vedevo mia madre ancora lì a lavorare. Una sarta instancabile. Da lei ho imparato il sacrificio e in quel sacrificio ho visto l’amore che provavano per me». L’hai introiettata quella cultura del lavoro e del sacrificio, mi ricordo che la nonna raccontava di come invitavi i tuoi amici a giocare in cortile per poi, arrivata una certa ora, salire in casa per fare i compiti… lasciandoli però giocare lì… ho sempre rivisto in questo racconto due tue caratteristiche: abnegazione e generosità. «Era così: per me era quasi normale sgobbare tanto sui libri vedendo quanto i miei genitori facevano per darmi la possibilità di aprirli». Com’eri alla mia età?

Lavoravo, facevo l’università e quando il lavoro si è fatto “più serio” ho deciso di abbandonarla. Mi sarebbe piaciuto terminarla, anche per soddisfazione personale.

Magari la potrai riprendere una volta in pensione… «Mai dire mai: per questo insisto tanto sul fatto che tu la finisca, perché, pur riconoscendo che fai moltissime altre cose (di cui sono fiero e che voglio che continui) ritengo la laurea molto importante». Com’è avere un figlio che studia lontano dalla città in cui ha sempre abitato? «C’è un sentimento ambivalente: io stesso, sempre grazie agli enormi sacrifici dei miei genitori, riuscii a frequentare, per gli ultimi due anni di superiori, una scuola a Intra. Andai lì perché volevo intraprendere il percorso dell’informatica ed era la scuola più vicina. Quell’esperienza è stata fantastica… ne facevamo di ogni». E ora? «Ora che Emanuele studia a Torino la vedo dal punto di vista del genitore. Ci sono preoccupazioni, ansie, sacrifici. Ma è giusto così: che oltre a studiare si diverta… pur sapendo che a noi genitori tocca la parte degli ansiosi un po’ rompiballe».

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3Un viaggio senza fine tra radici, insegnamenti e amore

La festa di San Giuseppe invita a riflettere sul significato profondo della paternità. Da nonno, guardo indietro agli anni in cui ero un padre giovane, con tutte le preoccupazioni, le responsabilità e le gioie e i dolori che i figli portano con sé. Ora, osservando mia figlia diventare genitore a sua volta, e anche l’altra figlia che si prepara a diventarlo, capisco che l’essere genitori e, nel mio caso, la paternità non è solo un ruolo, ma un viaggio che dura tutta la vita, un percorso fatto di insegnamenti, errori, conquiste e momenti di silenziosa dedizione.

San Giuseppe, patrono dei padri, ricorda che essere padre non significa solo provvedere al sostentamento materiale, ma anche essere punto di riferimento. Giuseppe non ha mai pronunciato una parola nei Vangeli, eppure la sua presenza è stata fondamentale per Gesù. Questo fa riflettere: spesso, sono i gesti, più delle parole, a lasciare il segno. Un abbraccio, uno sguardo, una presenza costante. Oggi vedo crescere la mia nipotina e mi rendo conto che la paternità non finisce mai. Anche da nonno sento il dovere di trasmettere valori, di essere un esempio di pazienza, saggezza e amore incondizionato. I padri, e i nonni, sono come radici: sostengono, nutrono, ma restano spesso nascosti, mentre i figli e i nipoti crescono e fioriscono. Eppure, senza quelle radici, nulla sarebbe possibile. In un mondo che cambia in fretta, la paternità rimane un pilastro.

Essere padre significa anche saper accettare i propri limiti, chiedere scusa quando si sbaglia e ricominciare con umiltà. È un mestiere che si impara sul campo, senza un manuale, ma con il cuore. Mi chiedo a volte cosa lascerò a figli e nipoti. Non parlo di beni materiali, ma di insegnamenti, ricordi, valori. Vorrei che portassero con sé la forza della famiglia, l’importanza della lealtà, il coraggio di essere sé stessi e la capacità di amare senza condizioni. Per un padre e… anche per un nonno ogni giorno rappresenta un’opportunità per lasciare un’impronta positiva nel cuore.

Ms