Ogni giorno, spesso in silenzio, la Chiesa accoglie, ascolta, sostiene. Lo fa attraverso le mani di un sacerdote, di una volontaria, di un catechista, di una Caritas parrocchiale. Tutto questo è possibile anche grazie all’8 per mille: un gesto semplice, ma pieno di significato. Non si tratta solo di “dare dei soldi alla Chiesa”, ma di partecipare con responsabilità e amore alla sua missione. È questo il cuore del sistema post-concordatario: rendere ogni fedele parte attiva, parte viva, della comunità.
SOVVENIRE Un sistema sicuramente ricco di valori e una sfida permanente capace però di educarci a essere sempre più quella Chiesa “casa e scuola di comunione” descritta dal Concilio Vaticano II, nella quale si accantonano piccoli e grandi egoismi, gelosie, provincialismi. Quindi nulla ha inventato o imposto il nuovo “sovvenire” alle necessità della Chiesa, ma piuttosto ha contribuito a favorire la realizzazione pratica della Chiesa-comunione dove i fedeli sono chiamati responsabilmente a procurarle il necessario, anche economico, perché abbia tutto quanto le occorre per assolvere alla sua missione di annuncio del Vangelo, di santificazione attraverso i sacramenti, di assistenza pastorale e caritativa. Comunione, corresponsabilità, partecipazione dei fedeli, perequazione, solidarietà, trasparenza e libertà: sono alcuni dei pilastri su cui si fonda il sostegno economico alla Chiesa scaturito dalla revisione concordataria del 1984. Insieme, laici e sacerdoti sono chiamati a testimoniare con la loro vita questi valori che rendono più ricca spiritualmente l’intera comunità e ad amministrare i beni spirituali e materiali della Chiesa.
E sono anche chiamati, corresponsabilmente, al reperimento delle risorse necessarie al sostegno della vita e della missione della Chiesa.
DOVERE CRISTIANO Il dovere di tutti i battezzati di sostenerla economicamente deriva da una precisa idea del Concilio Vaticano II: «Una Chiesa che è manifestazione concreta del mistero della comunione e strumento per la sua crescita, che riconosce a tutti i battezzati che la compongono una vera uguaglianza nella dignità e chiede a ciascuno l’impegno della corresponsabilità, da vivere in termini di solidarietà non soltanto affettiva, ma effettiva, partecipando, secondo la condizione e i compiti propri di ciascuno, all’edificazione storica e concreta della comunità ecclesiale e assumendo con convinzione e con gioia le fatiche e gli oneri che essa comporta». (Sovvenire alle necessità della Chiesa. Comunione e corresponsabilità dei fedeli, Episcopato Italiano, 1988).
IL RUOLO DEI MEDIA Importantissimo, in questo, il ruolo dei media: «I social e i mezzi di comunicazione – spiega don Gianluca Marchetti, sottosegretario della Cei – sono chiamati a raccontare “belle storie” sulle cose buone che fa la Chiesa, in sinergia con la Caritas, gli uffici di comunicazione e dei beni culturali. C’è bisogno di raccontare la vita buona, quella vita che non fa rumore, con numeri che possono parlare e che a volte cantano. Il tutto senza essere autocentrici ma cogliendo gli aspetti positivi».
Davide Zardo