Giunti a questo punto del nostro percorso, volendo seguire l’ordine dei vizi capitali come ci viene presentato dal Catechismo della Chiesa Cattolica, avremmo dovuto occuparci della lussuria. Sembra invece meglio anticipare la riflessione sulla gola per il fatto che la lussuria in sostanza altro non è se non la gola che agisce nella sfera della genitalità, per questo ci può essere di aiuto soffermarci prima su quella che i maestri spirituali chiamavano “gastrimarghia”, letteralmente avidità (follia) del ventre. Il monaco Evagrio Pontico – visse dal 345 al 399 – nella sua celebre opera “Gli otto spiriti malvagi” pose in apertura dell’elenco delle tentazioni demoniache proprio la gola, definendola come il principio delle passioni e anche madre della lussuria.
TRANSITI DI CIBO Nella sua connotazione viziosa, la gola è il desiderio disordinato di nutrirsi. Per contro, sappiamo come il mangiare e il bere siano qualcosa di essenziale per la sopravvivenza. Cerchiamo allora di capire da dove nasce questa fame invadente e distruttiva. Non siamo facilitati, perché nell’immaginario collettivo questo vizio capitale appare al massimo come un peccatuccio veniale e spesso l’espressione “peccati di gola” è sempre accompagnata da sorrisini ironici che alludono al più alla fatica di mettersi a dieta. Il fatto è che la gola si innesta in un nostro bisogno vitale che è quello di nutrirci e subdolamente cerca di fare di noi degli avidi “consumatori” e non solo di cibo, bramosi di avventarci su tutto per un possesso. Così facendo si passa dal mangiare per vivere al vivere per mangiare.
BRAMOSI DI TUTTO Il meccanismo della gola è alla base di tutte le forme di dipendenza: ci si aliena per il piacere di un attimo, senza considerare che ogni peccato di gola in fondo altro non è che la fuga da un dolore. Ci si butta nell’effimero piacere di un momento confidando che possa spegnere il male di vivere, solo che quel piacere ricercato per se stesso genera dipendenza, trasformando la vita del goloso in una continua ricerca di “orgasmi”. Questo lo si può applicare non solo al cibo, ma a tutto quello che genera dipendenza, dall’alcool alla pornografia, dalla droga al gioco d’azzardo, a un uso compulsivo dei social. La gola è un vizio che non finisce mai, destinato – ahimè – a crescere quanto più l’uomo invecchia. Il centro della vita di un goloso diventa il suo appagamento, ragion per cui diventa molto difficile vivere insieme a una persona che persegue sempre e solo la propria soddisfazione.
CONNESSIONI VIZIOSE La gola, a ben vedere, è il vizio che più degli altri è connesso al resto dei vizi capitali. Solo qualche esempio. I peccati di gola, già lo si è detto, sono legati a quel piacere che sfocia nella lussuria. La gola è connessa all’invidia, tanto è vero che succede di mangiare per sofferenza o per dolore (pensiamo ai giovani anoressici o agli adulti bulimici); all’ira, che fa convolare a nozze il mangiare con l’ingiustizia e la cattiveria (pensiamo al cibo contraffatto prodotto illegalmente che “avvelena” il consumatore). Pure con la superbia la gola va a braccetto: più si sale la scala sociale e più si sale anche quella alimentare, si può dire dal discount alle ostriche giganti.
UN CIBO MIGLIORE Morale: la gola appesantisce in tutti i sensi, sia in senso proprio sia in senso figurato. Priva lo spirito di forza e vigore, fa perdere il controllo di sé, ma soprattutto riduce la libertà, giacché – come ci ricorda San Pietro (2Pt 2,19) – «l’uomo è schiavo di ciò che lo domina». Esiste un rimedio a tutto questo? Certamente. Il demone della gola si combatte col dominio di sé, attraverso il digiuno inteso come vera e propria disposizione a ricercare “un cibo migliore”, capace di restituire il gusto delle relazioni con Dio, se stessi e gli altri.
don Paolo Ciccotti