Virtù, la temperanza

La virtù della temperanza è quell’abito o disposizione morale che modera la nostra naturale inclinazione verso i piaceri sensibili, governandoli in accordo con la direzione della ragione. Ora, è importante notare che questi piaceri sensibili non sono in se stessi cattivi, anzi: sono doni di Dio, che ha associato dei forti piaceri alle operazioni naturali dell’uomo, in particolare a quelle necessarie al nobile fine della conservazione tanto dell’individuo come della specie. La temperanza non ha dunque il compito di sopprimere questi piaceri, ma solo di moderarli e regolarli in maniera ragionevole.

L’UOMO TEMPERANTE L’uomo temperante regola dunque i propri istinti e le proprie passioni secondo ragione, a seconda delle situazioni e del proprio stato di vita, e può godere dei piaceri associati alle sue operazioni naturali in maniera onesta e ordinata al proprio fine ultimo. In generale si tratta di un abito naturale, una virtù acquisita che si può trovare in tutti gli uomini. In noi cristiani, però, questa virtù è elevata a un livello soprannaturale: sotto la guida di una ragione illuminata dalla fede, la temperanza acquista una profondità e una finezza assai maggiori.

MODERAZIONE Questa virtù è quindi lodata e raccomandata anche dalle Sacre Scritture: «Non seguire le passioni, poni un freno ai tuoi desideri» (Sir 18,30). Alla temperanza appartengono dunque quelle opposte sensazioni di vergogna o di onore che sentiamo quando ci rapportiamo a dei piaceri sensibili.

Questi piaceri, come abbiamo detto, non sono da evitare in assoluto, né da proibire, ma richiedono solo quella moderazione che conferisce loro una bellezza spirituale propria dell’uomo veramente virtuoso.

VIRTÙ SPECIFICHE Questa virtù si può dividere in molte virtù più specifiche, a seconda del loro oggetto: ad esempio, l’astinenza e la sobrietà, la castità e la purezza, la clemenza e la mansuetudine. Particolarmente importante è per noi l’umiltà, che modera il desiderio naturale della nostra propria grandezza e ci impedisce di sopravvalutare le nostre qualità, ricordandoci della nostra piccolezza e della nostra miseria nei confronti di Dio. Questa virtù è essenziale per la nostra vita spirituale, ed è strettamente legata alle virtù teologali.

L’ESEMPIO DEI SANTI: Tutti i grandi santi, man mano che crescevano nell’amicizia con Dio, imparavano a conoscerlo sempre di più in tutte le sue perfezioni, e così per riflesso riconoscevano sempre meglio la propria pochezza e si mantenevano nell’umiltà. Maria Santissima, la più grande tra tutte le creature, è stata anche la più umile (cf. Lc 1,46-55). Particolarmente bella è anche quella virtù particolare che gli antichi chiamavano eutrapelia, termine che san Tommaso traduce con iucunditas, e che noi possiamo chiamare giovialità; si tratta di quella virtù che regola il nostro divertimento e i nostri momenti ricreativi. Tanto il nostro corpo come il nostro spirito hanno bisogno di momenti di riposo e di gioco per potersi rilassare, senza per questo scadere negli eccessi o in cose inappropriate. L’uomo virtuoso dunque non è quello volgare e fuori luogo, ma nemmeno quello sempre serio che non sa stare insieme agli altri. E così è tutta la vita dell’uomo temperante: non qualcosa di triste e represso, ma una vita bella e armoniosa, che sa godere dei doni di Dio nella loro pienezza.

fra A. M. De Cecco O.P.

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