Viaggio in Parrocchia / San Francesco, uno sguardo dietro la facciata turistica

La parrocchia di San Francesco è popolata da gente di ogni ceto sociale: casalinghe, operai, professionisti, pensionati, famiglie con bambini e ragazzi. Merito anche della Messa, particolarmente curata nella liturgia grazie a ben quattro organisti che si alternano all’antico e pregiato Lingiardi, e a canti tradizionali che tutti conoscono.

COMUNITA’ Il parroco don Paolo Bonato è stato per molti anni cancelliere vescovile, ed è tuttora direttore dell’archivio diocesano con annessa biblioteca, ma oltre ai documenti conosce bene le persone e i loro problemi quotidiani: che a Vigevano, anche in una piccola parrocchia centrale come quella di San Francesco non mancano. L’imponente chiesa, abbellita da una fontana con una bellissima statua del poverello d’Assisi, è adiacente alla casa natale dello scrittore Lucio Mastronardi, e annovera all’esterno una cappellina che ospita i resti di quattro frati, e che insieme alla scultura del santo è meta di molti turisti. «Qui ero stato coadiutore di monsignor Ornati a partire dal 1987 – racconta don Bonato – e quando sono tornato come parroco 16 anni fa la gente mi ha accolto bene perché ero praticamente di casa. Il quartiere con l’andar del tempo si è spopolato perché hanno ristrutturato molte abitazioni, ma i fedeli sono comunque tantissimi, e partecipano numerosi alle funzioni, soprattutto il sabato sera e la domenica mattina. Ci sono anche alcune famiglie molto benestanti, ma per lo più il mio “gregge” è composto da gente comune. Sono tutti volenterosi, e partecipano attivamente alle iniziative che organizziamo in parrocchia, dalle raccolte di fondi per le suore Mariste di Brescia, fondate da monsignor Pierre Chanel, ai momenti conviviali come la festa patronale il 4 ottobre e la mostra missionaria delle due ultime settimane di ottobre, dove i fedeli portano torte, confetture, sottaceti».

AUGURIO I bambini del catechismo dai 120 dei “tempi d’oro” si sono ridotti a 35, con cinque catechisti, uno per classe. E i battesimi sono passati da una media di 45 a 15 ogni anno. Il calo demografico, insomma, si fa sentire. Ma di cosa avrebbe più bisogno la comunità? «Di spazi fisici, di ambienti più ampi che favoriscano una sensibilità maggiore da parte dei fedeli. Abbiamo solo tre aule e un piccolo cortile che nei momenti di festa si riempie subito, mentre per i momenti ludici ci appoggiamo all’oratorio dell’istituto Negrone». Cosa augura ai suoi parrocchiani?

Di continuare a essere attenti e sensibili così come sono adesso. Ora ci prepariamo a vivere il centenario francescano che ricorrerà nel 2026, con una particolare attenzione alla spiritualità tipica di questo santo, che attira molti fedeli e che viene ricordato anche il 2 agosto con la festa del Perdono di Assisi.

«Donare al prossimo, come Gesù»

A 33 anni Gabriele Becciolini per la parrocchia ha fatto di tutto: chierichetto, poi capo dei ministranti, catechista, membro del consiglio pastorale, curatore dei rapporti con i giovani, coordinatore dell’oratorio all’istituto Negrone. «Ho lavorato su tutti i fronti, soprattutto nell’oratorio cittadino su cui la parrocchia di San Francesco convoglia le forze. Bisogna mantenere viva una realtà che si crea, come la nascente unità pastorale che ci vede insieme al Duomo e a San Pietro martire, con tre obiettivi: giovani, carità, famiglia».

Gabriele è impiegato amministrativo all’Asst, e nel tempo libero partecipa alle iniziative dell’Oftal per i malati a Lourdes. É stato tra i fondatori della Fuci (Federazione universitari cattolici italiani), e ha fatto parte della commissione sport. Da cosa nasce questo impegno quotidiano, per il quale bisogna trovare spazio dopo il lavoro? «E’ una passione che nasce per donare al prossimo per spirito d’iniziativa, come ha fatto Gesù. I giovani con gli animatori possono trovare il conforto dell’amicizia. A volte basta un semplice “grazie”, non bisogna dare niente per scontato, ma essere gentili. Donare è un elemento fondamentale del messaggio evangelico, se no è inutile andare in chiesa: bisogna veicolare quello che ascoltiamo durante la Messa».

Davide Zardo

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