Visita card. Parolin / «Il Vangelo riempie il cuore di gioia»

Un pomeriggio alla riscoperta degli autentici valori evangelici quello dello scorso sabato 26 novembre, giornata in cui Vigevano ha ospitato il cardinale Pietro Parolin.

A raccogliersi, oltre alle autorità politiche e religiose, anche tantissimi fedeli della diocesi vigevanese che sono si sono riuniti per partecipare alla consacrazione del nuovo altare del Duomo. Quest’ultimo fa parte del progetto emblematico, i cui lavori, iniziati nel 2016, hanno riguardato anche il Museo Diocesano, il Palazzo Vescovile e l’Archivio Diocesano.

LEGAME CON LA PASQUA Particolarmente toccante e profonda è stata l’omelia pronunciata dal cardinale, un discorso che non si è soffermato soltanto sulla lettura della precedente pagina di Vangelo, ma che è andata a scavare più a fondo, su quelli che sono i concetti di risurrezione e nuova comunicazione con Dio. «L’altare che verrà tra poco consacrato – racconta nella sua omelia il cardinale Parolin – vuole rendere presente proprio l’evento della Pasqua, perché la comunità cristiana qui confessi la sua fede nel Signore Risorto e da questo evento sia costituita come comunità di salvati. Esso ci rimanda alla Pasqua perché è mensa sulla quale si rinnova il gesto dell’ultima cena dove, nei segni del pane e del vino, Gesù anticipa la sua donazione sulla croce quale atto di amore supremo verso Dio e verso gli uomini. Ma questo altare ci ricorda la Pasqua – prosegue sua Eminenza – anche perché richiama quella pietra sepolcrale che il Risorto ha definitivamente rimosso, vincendo così il potere delle tenebre e del peccato, diventando lui stesso la pietra viva sulla quale tutti noi siamo edificati come tempio santo del Signore».

Il cardinale Pietro Parolin durante la celebrazione della Santa Messa
S.E. Parolin nel corso della celebrazione di sabato 26

PONTE TRA CIELO E TERRA L’altare è visto come congiunzione tra il mondo terreno e quello celeste, in cui il cielo scende sulla terra, rendendo possibile una vera e propria comunicazione con Dio per mezzo di Gesù, il quale porta l’amore del Padre agli uomini. Parolin scende più nel particolare, analizzando come sui lati del nuovo altare siano scolpite alcune scene bibliche, tra cui proprio quest’ultimo episodio della scala di Giacobbe, come ponte tra cielo e terra. «Queste pagine bibliche – continua il cardinale – sono scolpite sui lati dell’altare e che hanno gli stessi colori blu e oro delle volte del cielo di questa Cattedrale. In esso S. Ambrogio appare come testimone della sequela di Gesù nell’annuncio apostolico fedele del Vangelo, affinché la comunità cristiana possa trovare salvezza nella fede e testimoniarla in una vita rinnovata nell’amore». Si evince, pertanto, che la vera scala di Giacobbe sia proprio Gesù Cristo vivo e risorto, il quale ci dona la vita nuova scaturita dalla vittoria sul peccato e sulla morte. Nella casa di Dio, il fedele si identifica nei due discepoli di Emmaus, portando fatiche, delusioni, dubbi, ma anche gioie e incertezze. Solo nel momento dell’Eucarestia, quando si riconosce Gesù quale il Risorto, è possibile annunciare la gioia dell’incontro e della speranza. «Come ci ricorda Papa Francesco – aggiunge Parolin – “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”».

LA BELLEZZA È DIO Parte fondamentale dell’omelia si è concentrata sul concetto di bellezza, quale frutto prezioso e linguaggio unificatore. «Il presbiterio rinnovato e il nuovo altare – annuncia Sua Eminenza nel discorso – ci parlano di Gesù Cristo non solo attraverso i simboli e gli episodi biblici, ma anche con il linguaggio della bellezza. Tornano in mente le parole di San Paolo VI rivolte agli artisti alla fine del Concilio Vaticano II in cui dice che “questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione”». Perciò la bellezza viene identificata in Dio stesso, e attraverso ciò che è bello possiamo costruire una nuova comunicazione. «La bellezza di questo edificio – continua il cardinale – diventi allora non soltanto fruizione estetica, ma soprattutto impegno a irradiare la bellezza di Gesù, che è bellezza dell’amore. Ciò avviene quando ognuno di noi, nello Spirito Santo, colmo di gratitudine eucaristica, va nel mondo per donare la sua vita per gli altri come testimonianza dell’amore del Padre. E così saremo tutti una cosa sola in Cristo e con Lui una sola cosa con il Padre e con lo Spirito Santo. Questo amore è il pane di cui il mondo di oggi ha assoluto bisogno per vivere».

Rossana Zorzato

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