Gibellina capitale dell’arte contemporanea. Ecco come si fa

Il traguardo che non ha tagliato Vigevano, lo ha raggiunto un comune con poco più di 4mila abitanti che nel 1968 è stato raso al suolo da un terremoto. Gibellina, nel trapanese, sarà la “Capitale italiana dell’arte contemporanea” per l’anno 2026, riconoscimento del percorso di riassetto rigenerazione e rigenerazione urbana portato avanti per oltre mezzo secolo. La città ducale, al contrario, non è stata neanche tra le finaliste: ma come si costruisce una candidatura vincente? L’Araldo l’ha chiesto all’amministrazione del comune siciliano, che tra l’altro sarà la prima a potersi fregiare di questo titolo, che si affianca a quelli di capitale della cultura e del libro già esistenti.

CRITERI Per candidarsi le città dovevano presentare un dossier volto a «incoraggiare e sostenere la capacità progettuale e attuativa delle città italiane – si legge nel documento ministeriale – nel campo della promozione e valorizzazione dell’arte contemporanea, attraverso la realizzazione e la riqualificazione di spazi e aree dedicate alla fruizione, affinché venga recepito il valore della cultura per il processo identitario nazionale». Delle 23 candidate solo cinque hanno presentato progetti in linea con quanto previsto dal bando, arrivando in finale dopo essere state selezionate dalla giuria presieduta da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, collezionista d’arte e mecenate italiana: Gibellina, Gallarate, Carrara, Todi e Pescara. Vigevano è rimasta fuori, la città ducale si è candidata sulla spinta del buon riscontro della Biennale d’arte tenutasi in Castello dall’8 aprile al 31 maggio, che tuttavia è stata un segnale positivo in un contesto in cui mancano musei, sculture, opere artistiche contemporanee. Una candidatura, quella di “Scarpette rosse” che aveva suscitato contestazioni in città, con l’accusa di plagio da parte del Centro Antiviolenza Kore, che il marchio “Scarpe Rosse” lo ha addirittura registrato e si è dissociata dall’uso del nome senza essere stato interpellato precedentemente

Un simbolo così importante contro la violenza sulle donne – aveva commentato la presidentessa Nicla Spezzati – è stato utilizzato per un progetto che potrebbe trattare altro e del quale non siamo state informate.

MODELLO GIBELLINA A essere premiata è stata invece una città risorta letteralmente dalle macerie, dopo essere stata colpita, nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 dal sisma della valle del Belìce, una vasta area della Sicilia occidentale tra le province di Trapani, Palermo e Agrigento. «Da quella calamità naturale si posero le basi per realizzare la Gibellina di oggi – racconta il sindaco Salvatore Sutera – quella Gibellina non esiste più. Ora c’è un’opera di land art conosciuta in tutto il mondo: il Cretto di Brurri, composto da macerie compattate con il cemento. Prende il nome dall’artista che lo realizzò, Alberto Brurri, e racconta le vie e le storie della nostra vecchia città». Quella di Gibellina, come confermato dalle parole di Sutera, non è stata una candidatura improvvisata, ma il culmine di «un progetto di riassetto urbanistico e rigenerazione portato avanti in 50 anni. Architettura e arte, grazie alla figura visionaria dell’allora sindaco Ludovico Corrao, hanno portato Gibellina nel futuro». La scultura di Pietro Consagra, la chiesa madre progettata da Ludovico Quaroni: opere che hanno e danno al comune siciliano un’impronta contemporanea, riconosciuta dal Ministero con la designazione all’insegna di una continuità di visione che a Vigevano manca nel tempo e nel presente, con cultura e turismo divisi almeno tra due assessori e il sindaco.

Edoardo Varese

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