In carcere mancano 23 agenti

Carenza di personale penitenziario e di figure educative e specializzate nel gestire ansia e situazioni di disagio dei reclusi.

EMERGENZA Il 2025 alla casa di reclusione di Piccolini ha già visto il suicidio di un detenuto lo scorso 29 gennaio e le aggressioni agli agenti della penitenziaria evidenziano «una situazione comune a tutte le strutture di reclusione d’Italia – spiega Michele De Nunzio, segretario regionale dell’Uilpa Polizia penitenziaria – manca personale e gli agenti sono sempre più costretti a sottoporsi a straordinari e a non avere quasi mai riposi. A Vigevano si registra un incremento di 8 unità, a fronte però di una carenza di 31 agenti. È una situazione che non può andare avanti, fare tante ore in un contesto carcerario, per poi essere costretti a un nuovo turno dopo poche ore rispetto a quello precedente richiede uno sforzo fisico e psicologico non indifferente. Oltre a questo, mancano educatori, psicologi e figure che sappiano rapportarsi a una percentuale di reclusi di origine straniera che ha superato quella di detenuti italiani».

RISORSE Intervenire per abbassare la tensione sociale con più risorse da mettere a disposizione delle carceri è la proposta di don Andrea Padovan, da gennaio cappellano della casa di reclusione di Vigevano: «Il governo deve stanziare risorse che al momento le carceri, inclusa la struttura de Piccolini, non hanno. Le sommosse dei detenuti contro la polizia penitenziaria, i suicidi, indicano che il disagio esiste ed è evidente. Bisogna interrogarsi sulla forma e sulla natura del disagio stesso».

È un tema complicato: sul suicidio influisce in modo particolare la mancanza di prospettive future per un detenuto. Spesso nelle case di reclusione si trovano persone che non riescono a sostenere e reggere la vita carceraria.

LA SCUOLA Per cercare di dare una nuova speranza di vita anche dietro le sbarre esiste la scuola per i detenuti: «Capita che si parli di suicidi o di temi simili – spiega Lorenzo Gaspero, dal 2006 docente di lettere all’istituto tecnico Casale di Vigevano, che ha una sezione carceraria presso la casa di reclusione di Vigevano – anche se nelle nostre aule si preferisce parlare di altro, di argomenti inerenti al programma didattico. Noi insegnanti ci limitiamo ad andare nelle aule, la situazione delle sezioni non la viviamo da vicino. Con questo non intendo negare la presenza di una forma di disagio anche nella casa di reclusione di Vigevano. Si tratta però di un tema di rilevanza nazionale che le istituzioni devono impegnarsi a prendere in mano e risolvere». La scuola in carcere ha l’obiettivo di «far capire ai detenuti che esiste una seconda scelta, una seconda possibilità. Chi arriva a commettere gesti estremi lo fa perché di non avere più nessuna opportunità e possibilità di riscatto».

Edoardo Varese

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