L’Inchiesta / Fanghi: Sforzesca, spandimento condizionato

In piedi sul ciglio del campo, dove verranno sparsi i fanghi (per la precisione il digestato) della ditta “Acqua & Sole” di Velezzo Bellini, se si gira lo sguardo verso la frazione Sforzesca si possono vedere le marcite. Il connubio tra l’acqua e la frazione vigevanese è qualcosa di forte: il terreno è zuppo, la falda è alta e anche lo stesso campo dove verranno sparsi i fanghi la vede affiorare.

LE PROTESTE Al punto che chi abita vicino ha paura ci possa essere contaminazione della falda e lo stesso teme il Parco del Ticino. «Sono venuto ad abitare qui 20 anni fa – dice uno dei residenti – perché pensavo non ci fosse inquinamento. E invece oggi mi trovo a confrontarmi con questo rischio». Rischio di cui ha tenuto conto anche la Provincia di Pavia che, dopo aver rilasciato il nullaosta in quanto ente competente per le autorizzazioni relative ai fanghi, ha disposto due addendum per regolare lo spandimento su quello specifico terreno, un primo a partire dalla Relazione tecnica del Parco del Ticino e della Consulta ambiente del comune di Vigevano, a firma dell’agronomo Giovanni Molina, un secondo in relazione alle controdeduzioni di “Acqua & Sole”. Le criticità segnalate dalla Relazione non sono state accolte in toto e alcune prescrizioni sono state ammorbidite dalla Provincia con il secondo addendum.

I DUBBI Il documento del Parco si concentra sulla posizione del campo, che si trova a pochi passi dal Parco del Ticino, a meno di 500 metri dalla testa di un fontanile, in un’area «caratterizzata da cospicuo e continuo affioramento della falda» e in cui «sono attivi pozzi di captazione acque potabili che pescano a 40-50 m di profondità». Tutti aspetti che si ritrovano nella legge regionale 26/2003, al paragrafo 6.3 sui “Divieti di utilizzo”, nello specifico ai punti 2, 17, 20. Dal campo a piedi si raggiunge il primo anello utilizzato da chi regolarmente passeggia nei boschi attorno al fiume. Per il Parco «l’intervento è attuato in prossimità del limite morfologico individuato nel terrazzo di valle o all’interno della Valle del Ticino in aree ricche di fontanili, acque sorgive e aree umide, in cui sussiste un potenziale rischio di alterazione degli acquiferi superficiali e sotterranei direttamente collegati con il sistema di risorgive che caratterizza tali zone e che alimenta le zone umide e i boschi igrofili posti al di sotto del terrazzo, ricadenti in Parco Naturale e Rete Natura 2000. In particolare, i terreni interessati al recupero agronomico sono a diretto contatto con la falda freatica che nella zona è prossima al piano campagna e nel merito sono pervenute per vie brevi al Parco richieste di agricoltori, preoccupati per la qualità dei loro prodotti agricoli, di attenzionare la qualità delle acque a valle dei predetti terreni, utilizzate per l’irrigazione».

IL COMUNE Lo stesso comune di Vigevano richiama alla ponderazione nel rilascio delle autorizzazioni. I terreni del resto sono considerati «moderatamente adatti» nella “Carta dell’attitudine allo spandimento dei fanghi in agricoltura”, ma questo e le altre rilevazioni per la Provincia non costituiscono «vincoli ostativi definiti dalla normativa vigente», cosicché il nullaosta ha mantenuto la sua efficacia con l’integrazione di prescrizioni: i fanghi devono essere distribuiti a non meno di 5 metri dal ciglio di sponda di qualsiasi elemento del reticolo scolante e a non meno di 10 metri dal ciglio di sponda di corpi idrici individuati dal Piano di gestione del distretto idrografico del fiume Po, cioè ben lontani da qualsiasi corso d’acqua, fosse pure anche un fosso. Inoltre non si potrà procedere allo spandimento se nel terreno dovesse essere prevista la sommersione invernale e nelle fasce di non spandimento «nel caso di non completo utilizzo dei mappali/campi […] siano privilegiati per l’attività R10 quelli con sponde dotate di copertura vegetale». In ogni caso

le superfici destinate alla distribuzione andranno dunque computate al netto delle fasce di rispetto degli elementi idrografici.

CONTROLLI Per quanto riguarda le analisi, in un primo momento la Provincia le aveva prescritte «con frequenza pari a quelle di utilizzazione», ma “Acqua & Sole” ha allegato studi dell’Università di Milano e articoli scientifici che hanno spinto a un’indicazione meno stringente: «Qualora le analisi […] siano svolte con maggior frequenza rispetto alle tempistiche di legge (2 anni) siano rese immediatamente disponibili agli Enti di controllo […]». Il campo è di proprietà della “Natta Francesco”, di Francesco Natta, amministratore delegato di “Acqua & Sole”. Formalmente non sono lo stesso soggetto, ma la ditta di Vellezzo Bellini garantisce che sarà coltivato. “Acqua & Sole” ha anche dimostrato che non ci sarà pericolo di percolamento con la tecnica usata.

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Acqua & Sole

Ma c’è anche qualcuno che non li adopera

L’uso dei fanghi in agricoltura è ormai da tempo sdoganato. Molti agricoltori li adoperano per la concimazione, anche se causano disagi agli abitanti delle campagne adiacenti ai campi. Esistono tuttavia alcune realtà che “resistono” e portano avanti un modello in cui i fanghi non hanno il minimo spazio. Una di queste è l’azienda agricola Riva.

STRADA STRETTA Ci tengono a dirlo chiaramente (sul loro sito è ben in evidenza): «I nostri campi sono coltivati senza fanghi di depurazione, privilegiando una concimazione organica e avendo cura della biodiversità nel rispetto della buona pratica agricola». Una scelta di cui Mirko Riva (uno dei titolari) è convinto: «Non usare fanghi è difficile, ma importante. Usandoli si risparmia moltissimo: da una parte sulla concimazione perché questi prodotti apportano parecchio azoto, fosforo e potassio che permettono di risparmiare, facendo conti veloci, anche 200 euro a ettaro; e dall’altra parte anche sull’aratura che, da contratto, è regalata all’agricoltore dalla azienda spanditrice, procurando un risparmio di circa 150 euro a ettaro». Si tratta pertanto di 350 euro a ettaro. Per non usare i fanghi l’azienda Riva semina

una leguminosa che resiste anche in inverno e che va a fissare l’azoto,

una strada difficile perché «in agricoltura è sempre difficile far quadrare i conti. Certe volte ho dei dubbi, ma poi mi impongo di resistere. Noi resistiamo nonostante non ci siano incentivi per chi fa un’agricoltura rispettosa dell’ambiente rischiando sempre di perderci». A oggi la Pac (politica agricola comunitaria) non fa alcuna distinzione tra chi usa i fanghi e chi no, non prevedendo incentivi in nessuno dei due casi, nonostante le forme tradizionali di coltivazione siano meno redditizie e più costose.

Dentro “Acqua & Sole”: «Concimi, ma non chiamateli fanghi»

Sono fanghi, ma non sono fanghi. Così “Acqua & Sole” spiega quale tipo di concime finirà sui campi che si trovano alla frazione Sforzesca. Il nome preciso è digestato ed è un prodotto naturale più costoso dei fanghi. Anche se richiede maggiori controlli, perché è considerato ancora rifiuto, nonostante sia soggetto a un trattamento del tutto naturale. L’impianto di “Acqua & Sole” è a Vellezzo Bellini, a un passo dal casello dell’autostrada di Melegnano, poco spostato dalla Binasca, uno dei tratti più trafficati (e inquinati) d’Europa. Lì i discendenti del premio Nobel per la chimica Giulio Natta hanno voluto creare un’azienda agricola e un impianto di trattamento dei rifiuti organici. Dai quali esce il digestato che viene sparso sia sui loro terreni sia su quelli di 200 aziende agricole in pianura Padana.

LA SFORZESCA E uno dei campi sui quali finirà è quello della Sforzesca, al centro delle proteste degli ecologisti, e delle pressioni del comune di Vigevano, che hanno portato la Provincia a concedere un permesso “sub condicione”. «Quello che esce dall’impianto di Vellezzo Bellini non rischia di inquinare l’acqua e i campi sui quali viene usato – spiega Virginia Palomba, ingegnere ambientale di Acqua e Sole – alla Sforzesca. Il prodotto non scende al di sotto dei dieci centimetri di profondità, quindi la falda acquifera, molto più profonda, non rischia di essere contaminata. Come da prescrizioni di legge e provinciali il digestato sarà utilizzato su un campo coltivato nel periodo della presemina».

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Acqua & Sole

COS’È IL DIGESTATO Il digestato è un sottoprodotto della digestione anaerobica che ha luogo nei digestori, impianti che producono biogas e biometano. «Ha un alto potere fertilizzante e limita il ricorso ai concimi chimici – prosegue Palomba – Ha un impatto positivo sull’ambiente, riduce le emissioni di ammoniaca e essendo ricco di nutrienti essenziali come azoto, fosforo e potassio, migliora la fertilità del terreno in modo naturale». La digestione anaerobica, il processo che porta al biodigestato, contribuisce a ridurre le emissioni di gas serra. La decomposizione degli scarti organici in un ambiente senza ossigeno forma il biogas, che può essere usato come energia pulita. Il residuo diventa concime.

I CONTROLLI “Acqua & Sole” sottopone ogni due mesi ai controlli il digestato per avere la certezza che «possa essere usato come fertilizzante organico – sottolinea l’ingegnere Federica Barone – anche i terreni vengono presi sotto analisi, per testarne l’idoneità a essere fertilizzati con il digestato. Poi i campi sono presi sotto analisi ogni due anni». Ci sono controlli periodici e specifici: «Gli enti preposti ovvero Provincia, Comuni, Arpa chiedono di notificare le operazioni di distribuzione con almeno dieci giorni d’anticipo – spiega Barone – con una comunicazione contenente l’elenco dei terreni sui quali verrà usato il digestato e la quantità. Questo iter deve essere ripetuto il giorno stesso dell’esecuzione dell’attività».

La falda? Non è inquinata

«Falda acquifera inquinata dai fanghi? No, altrimenti non avremmo fornito nessuna autorizzazione». Il settore ambiente della provincia di Pavia scongiura il rischio che i terreni e i campi della Sforzesca possano essere danneggiati dallo spandimento di fanghi:

Questi ultimi non raggiungono e toccano l’acqua, abbiamo discusso del tema più volte nel tavolo rifiuti. Inoltre le aziende che hanno ricevuto l’autorizzazione allo spandimento hanno l’obbligo di segnalarci il momento esatto in cui intendono iniziare a spandere fanghi sui campi. Venendo prodotta diversa matrice organica, i terreni non vengono deteriorati: comunque a noi risulta tutto sotto controllo.

L’uso in ambito agricolo dei fanghi derivati dal processo di depurazione delle acque reflue è disciplinato dal DLgs 99/1992, che recepisce la direttiva 86/278/Ce. L’articolo 1 stabilisce che l’attività di spandimento dei fanghi non deve provocare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull’uomo. La Provincia è competente per il rilascio delle autorizzazioni, una competenza delegata dalla Regione che, per i fanghi, ha stabilito modalità si spandimento stringenti proprio per contenere gli odori: immediata aratura o insufflazione direttamento all’interno del terreno.

Andrea Ballone, Edoardo Varese

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