Una festa conviviale tutti insieme in oratorio

La Pasqua, per i cristiani, è la festa più importante. Eppure, come festa, sembra essere la meno considerata. Forse complice il consumismo che aleggia intorno a ogni festa (religiosa o meno) che, tra le altre cose, consegna al Natale una sorta di primato. Anche le nuove generazioni risentono della perdita del suo significato tra regali e cioccolato. A dirlo per primo è Giovanni (nome di fantasia) che frequenta l’oratorio Gifra di Vigevano e che è un ragazzo “attivo”, che segue la messa e fa l’aiuto catechista.

Secondo me uno dei problemi della festa è proprio il come è diventata. Questo “sfarzo” legato alla Pasqua (ma anche al Natale) toglie il significato più profondo e rende difficile, per i bambini, capirne l’importanza andando oltre l’uovo.

VOLTI NUOVI La vita dell’oratorio è cambiata con il cambiamento della società che sta attorno all’oratorio, così come sono diverse le persone che si incontrano, alcune neppure legate a una dimensione di fede o alla fede cattolica. «La totale assenza di spazi per i ragazzi – spiega padre Fabio Adalberti, che segue i ragazzi– fa sì che qui vengano non solo i giovani che sono in qualche modo collegati con la nostra realtà, ma anche altri ragazzi, che non sono cattolici, alcuni dei quali non parlano nemmeno l’italiano, che frequentano i campetti come luogo di ritrovo e di svago». E il campo da calcio e da basket diventano palestre di confronto. «La difficoltà vera – aggiungono i due collaboratori che si trovano con Padre Fabio – è quella di riuscire a favorire l’integrazione garantendo lo sfondo educativo che l’oratorio deve avere quando riceve i ragazzi».

LA FORZA DEL SALUTO La situazione che ci si ritrova davanti, in effetti, potrebbe suggerire una difficoltà nell’integrare: da una parte ci sono i ragazzi italiani che sono amici dall’oratorio e dal catechismo e dall’altra, ben separati, ci sono i ragazzi che l’italiano a fatica riescono a parlarlo. Eppure c’è un qualcosa che dà una speranza opposta. Passando tutti salutano padre Fabio, che spiega di essere sempre presente durante le giornate per curare il più possibile anche l’aspetto educativo di cui parlavamo. «È ciò – aggiunge – che differenzia un oratorio da un semplice campetto di periferia. Deve passare il messaggio che questo è un posto in cui potersi svagare e ritrovare, ma con uno sfondo educativo per tutti e tutte. Mi è capitato di vivere situazione di litigi o piccole problematiche e le abbiamo sempre affrontate di modo tale che ai ragazzi resti questo aspetto educativo. Di modo che l’oratorio sia qualcosa che rimanga».

L’ALTRA PASQUA Gli aspetti del confronto tra le culture si vedono anche in ciò: quasi tutti sanno cos’è la Pasqua. Chi non parla l’italiano è aiutato con la traduzione di qualche amico. «It’s like Ramadan or Christmas». Chi invece l’italiano lo parla (come nel caso di Ahmed e Omar) esordisce, sorprendendosi un po’ per la domanda, con un «ma io sono mussulmano». Parlandoci di più, però, esce un aspetto da non sottovalutare: quello della convivialità. «Non la festeggio – spiega Omar – ma stando a casa da scuola mi permette di passare un po’ di tempo con i miei amici e con la mia famiglia». E allora cos’è la Pasqua? Difficile darne una definizione completa, ma abbiamo visto che, per tutti, può essere anche convivialità.

Edoardo Casati

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