Conclave / Dieci secoli di storia tra misteri e silenzi

Il primo meccanismo elettorale nella storia moderna a prevedere il voto segreto. Il conclave esercita ancora oggi un fascino particolare – come testimonia la presenza in piazza san Pietro di media da tutto il mondo e a prescindere dalla valenza religiosa – anche perché le sue vicende intercettano alcuni degli snodi più importanti della storia europea e mondiale.

DIECI SECOLI Il metodo per l’elezione del Papa è il frutto di un percorso di quasi mille anni. Occorre ritornare a Niccolò II e all’epoca del rinnovamento religioso che porta la Chiesa, a partire dal fiorire del monachesimo cluniacense, cistercense e certosino, a ripensare se stessa. Niccolò II fu il primo del “partito dei riformatori” ad assurgere al ruolo di pontefice, appena cinque anni dopo lo scisma d’Oriente e nel pieno della “Lotta per le investiture” con l’impero; nel 1059 col decreto “In Nomine Domini” (frutto del lavoro di un sinodo convocato in Laterano) fissò il principio che la scelta fosse di competenza dei cardinali (i cardinali-vescovi incaricati di individuare il candidato e tutti di eleggerlo). Fu una svolta, ma fu anche solo il primo passo, quello più importante lo compì a oltre duecento anni di distanza da Gregorio X, individuato a Viterbo nel 1271 al termine della più lunga elezione della storia (più di mille giorni), influenzata dalla presenza nel comune di Carlo d’Angiò e del re di Francia Filippo III, funestata dall’omicidio di un cugino del primo (nipote del re d’Inghilterra) e dalla decapitazione dell’appena sedicenne Corradino di Svevia, ultimo discendente di Federico Barbarossa e dello “stupor mundi” Federico II, a opera dello stesso sovrano angioino pochi giorni prima dell’inizio delle consultazioni tra i diciannove cardinali.

foto Sir

VOTO SEGRETO Gregorio X, che all’elezione non era presente perché non era cardinale né vescovo e, a dire il vero, neppure sacerdote poiché aveva ricevuto solo gli ordini minori, nell’ambito della quinta sessione del concilio di Lione del 1274 (lo stesso che “introdusse” il Purgatorio) emanò la costituzione apostolica “Ubi periculum” per istituire a tutti gli effetti il conclave, prevedendo norme molto stringenti: la procedura si sarebbe svolta dieci giorni dopo la morte del pontefice, quindi i cardinali con al massimo un servitore si sarebbero riuniti nel luogo della morte o nella città più vicina all’interno di una stanza comune e di un’altra stanzetta, senza partizioni cosicché nessuno potesse parlare di nascosto o comunicare all’esterno pena la scomunica. Se, trascorsi tre giorni, non si fosse raggiunto un accordo, il vitto sarebbe stato ridotto a colazione e cena, dopo altri cinque giorni a un unico pasto con pane, acqua e vino. Soprattutto è sorprendente che si prevedesse la “scrutinatio” ovvero il ricorso al voto segreto scritto che ancora oggi è uno dei principi chiave nel considerare la correttezza di una consultazione elettorale (urne trasparenti non è sinonimo di trasparenza) e che nel Regno Unito sarebbe stato introdotto nel 1872, quasi seicento anni dopo. Tutto questo non impedì conclavi travagliati, divisioni e ingerenze da parte delle monarchie cattoliche, a partire dalla “Cattività avignonese” del 1309-77 (cui pure si deve il primo importante processo di riforma della macchina amministrativa della Chiesa) e dal seguente scisma d’Occidente, con ben tre papi in carica nello stesso momento e ricomposto nel concilio di Costanza con la scelta di Martino V, il quale non solo è legato alla storia di Vigevano (di ritorno da Costanza sostò e pregò presso la chiesa di Santa Maria intus Vineas)

ma fu anche l’ultimo a essere individuato con la procedura del “compromesso” ovvero scelto non da tutto il conclave bensì da un numero ristretto di cardinali incaricati dagli altri di trovare una figura che li rappresentasse tutti.

LA QUASI-INSPIRAZIONE Oggi questo tipo di elezione è stata abolita, così come la “quasi-inspirazione”, una forma di “acclamazione” all’unanimità in assenza di un vero e proprio scrutinio. Così si ritiene siano stati eletti Innocenzo III nel 1198 e Gregorio XV nel 1621, significativamente l’uno il papa della concezione ierocratica (le “due spade”), il primo a dichiararsi «vicario di Cristo» e a ottenere l’omaggio dei sovrani d’Inghilterra, Portogallo, Aragona (e altri) come vassalli, il secondo colui che introdusse il vincolo della maggioranza dei due terzi del collegio cardinalizio per l’elezione papale. Allo stesso modo Pio X all’inizio del ‘900 abolì il “veto regio”, la possibilità per alcuni sovrani cattolici di opporsi all’elezione di un candidato sgradito; proprio papa Sarto fu l’ultimo a “beneficiare” di tale veto, che impedì l’elezione del card. Rampolla, segretario di stato di Leone XIII. Pio X emanò la costituzione “Vacante sede apostolica” nel 1904, poi rivista da Pio XII e Giovanni XXIII. Paolo VI introdusse il principio dell’esclusione dei cardinali ultraottantenni, mentre toccò a Giovanni Paolo II raccogliere dieci secoli di evoluzione del conclave nella costituzione che lo regola ancora oggi, la “Universi Dominici Gregis” del 1996, a cui Benedetto XVI ha apportato delle modifiche con un motu proprio del 2007, che introduce un “ballottaggio” di fatto dopo 34 scrutini a vuoto, e un altro del 2013, che stabilisce di iniziare il conclave a quindici giorni dall’inizio della sede vacante o prima se tutti gli elettori sono già a Roma, e include nel giuramento la promessa «di astenermi dal fare uso di qualsiasi strumento di registrazione o di audizione o di visione di quanto, nel periodo della elezione, si svolge entro l’ambito della Città del Vaticano».

Giuseppe Del Signore

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