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«Se non si tutela il diritto alla salute, non vi è civiltà». Parole forti, quelle usate da Luca Antonini, giudice della Corte Costituzionale, durante la presentazione del volume “Tra le crepe dell’universalismo”, lo scorso 28 novembre alla Camera dei Deputati. Un’occasione per diffondere non solo i dati raccolti da Banco Farmaceutico, ma per far riflettere sull’importanza di garantire il diritto alla salute a tutti, nessuno escluso.
LO STUDIO Prodotto scientifico che arriva come coronamento di un lavoro iniziato undici anni fa, il rapporto vuole essere uno spunto di riflessione su come uscire da un’emergenza così significativa e, allo stesso tempo, preoccupante per la società. «Il 2020 è stato l’anno in cui ci siamo resi conto come il diritto alla salute sia fondamentale – continua Antonini – La pandemia ha infatti risvegliato una consapevolezza di sanità come elemento principale di una società civile, anche se i molti tagli subiti nel periodo dal 2012 al 2019 l’hanno messa a dura prova». I sette anni antecedenti al 2020
sono stati infatti il periodo peggiore per la sanità italiana – spiega il giudice – occasione in cui vi sono stati dei tagli pari a 540 miliardi di euro, l’equivalente di quello che oggi è più o meno la spesa “out of pocket” che subiscono gli italiani.
La spesa “out of pcoket” è quella che devono sostenere direttamente i cittadini di tasca loro.
PROBLEMA E SOLUZIONE Sebbene sia difficile pensare come nel 2024 molti rinuncino a cure e visite, il quadro che emerge dallo studio è chiaro. «Noi siamo partiti a parlare di povertà sanitaria quando nessuno credeva che esistesse – commenta Luca Pesenti, uno dei due autori del libro e professore di sociologia – In un sistema come il nostro Ssn di tipo universalistico, l’idea che possa esistere un problema di accesso alle cure per i poveri era inconcepibile fino a undici anni fa, momento in cui abbiamo trasformato un’idea in un’acclarata evidenza approvata dalla comunità scientifica». Ma invertire la rotta è possibile. «Ridurre la questione a un puro dato di finanziamento del Ssn sarebbe ingenuo – spiega Pesenti – i problemi strutturali richiedono sì più soldi, ma anche una nuova organizzazione». In questo un ruolo fondamentale è ricoperto dalla collaborazione tra enti e dal coinvolgimento del Terzo settore. «L’articolo 55 ci ha dato la via da seguire – conclude il sociologo – si dovrebbe avere un’amministrazione condivisa in cui si mette in campo co-programmazione e co-progettazione per rompere le barriere di separazione tra pubblico e privato sociale».
Rossana Zorzato