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C’è un’emergenza sicurezza tra i giovani? Vigevano è teatro di episodi che hanno portato a parlare e scrivere di “baby gang”, di “centro fuori controllo“, mentre a livello nazionale la scorsa settimana è stata quella degli scontri al Corvetto legati alla morte di Ramy Elgaml, ma solo i dati permettono di uscire dalla percezione per passare all’analisi. Stando ai numeri non c’è un’emergenza nella quantità di reati e giovani che delinquono, ma c’è uno scarto nella qualità del fenomeno.
COORDINATE «Non aumentano i reati, ma cresce la violenza […] si registra un aumento di rapine e lesioni personali, mentre calano furti e spaccio di stupefacenti». È uno dei passaggi chiave dello studio esplorativo “La traiettoria della devianza giovanile”, condotto dal centro di ricerca Transcrime dell’Università Cattolica in collaborazione col Ministero della giustizia e pubblicato lo scorso giugno. Il gruppo ha analizzato cento profili di ragazzi presi in carico dall’Ufficio di servizio sociale per i minorenni di Milano nel biennio 2022-23, confrontandoli con i risultati di un’indagine analoga del 2015-16 scoprendo che «si inizia a delinquere più giovani […] in più della metà dei casi il primo reato viene commesso prima dei 15 anni», che «cresce il disagio psicologico e relazionale», «aumenta la violenza in famiglia», si accresce la quota dei Neet,
la maggior parte dei ragazzi presi in carico nel biennio 2022-23 non proviene da particolari situazioni di disagio socioeconomico
e si espande la percentuale «con problemi di dipendenza o uso di sostanze». Al fondo dell’indagine i ricercatori si chiedono «se gli episodi ai quali assistiamo sono casuali oppure sono l’inizio di una nuova fase di trasformazione che renderà la devianza giovanile più pericolosa, più progressiva e più allarmante». Una domanda aperta.
NUMERI Consapevoli che il Belpaese non è una terra fuori controllo, anzi «comparando il tasso di minorenni indagati nel 2021 ogni 100mila abitanti, emerge come l’Italia presenti un valore contenuto rispetto a diversi altri paesi europei». Austria, Francia e Germania hanno tassi quattro volte superiori. Allo stesso tempo nel contesto italiano la Lombardia «ha registrato un aumento importante del numero di minorenni autori di delitto (+33.9% confrontando le medie dei periodi 2007-2019 e 2021-2022 contro una media nazionale del +1.4%)». Questo in un quadro di sostanziale stabilità nel tempo se si osserva l’evoluzione del tasso di giovani denunciati o arrestati in Italia, con le sole eccezioni del 2022 per la fascia 14-17 anni e under14 rispetto al pre-Covid (2007-2022), con un aumento degli autori di reato che tuttavia è in linea con gli anni ancora precedenti e addirittura con «un lieve calo» nel 2023 per la prima (-4.2%). Risultanze che da un lato «sembrerebbero smentire l’ipotesi di un aumento significativo della delinquenza giovanile», dall’altro vedono un incremento tra i più giovani di «crimini di natura violenta». I numeri, scrivono gli autori, «devono essere interpretati con cautela» perché sono relativi a solo due anni e «ancora non possono configurare una tendenza consolidata» anche perché c’è una «mancanza di dati sistematici».
TEOLOGIA DELLA FORZA Col rischio di dare ai fenomeni nomi fuorvianti, come nel caso delle “gang”: «Ricerche recenti hanno evidenziato la diversità delle varie forme di aggregazione giovanile, le quali non sempre presentano finalità prettamente devianti o criminali». Semmai, con le parole della prefazione a cura di Antonio Sangermano (capo Dipartimento per la giustizia minorile), «si può ritenere che tra i giovani vada diffondendosi una sorta di “teologia della forza”, che nella esaltazione della violenza, del possesso e della estetica trova il proprio baricentro a-valoriale». Sembra essere un vero e proprio «metodo relazionale», ad esempio considerando che il 72% dei giovani esaminati «ha commesso come primo reato una rapina, un reato violento o un concorso tra queste» e nella metà dei casi lo ha fatto prima di compiere 15 anni (52% contro 32% del 2015-16); un “metodo” che prescinde dalla nazionalità, (anche se «diversi studi hanno evidenziato come i giovani che hanno intrapreso un percorso migratorio siano maggiormente esposti» ad attività devianti), mentre è più legato alle dinamiche familiari, laddove sono presenti rapporti conflittuali o contesti di violenza.
PREVENZIONE A fronte di un fenomeno che sembrerebbe essere più «qualitativo» che «quantitativo», la domanda aperta posta dallo studio è anche un invito «a ripensare le attuali politiche, riconoscendo che un intervento precoce sulle situazioni di disagio è l’unica strada per prevenire». Tra i fattori citati la giustizia riparativa, capace di insegnare un “metodo relazionale” diverso, la scuola, come risposta sia alla povertà educativa sia all’abbandono precoce, un tempestivo sostegno psicologico. Nella stessa direzione l’arcivescovo di Milano, card. Mario Delpini, intervistato da Repubblica sugli incidenti di Corvetto ha posto l’attenzione sulla presenza – «quando incontro le famiglie straniere vicine alla comunità cristiana, le sento grate per il pronto soccorso che la chiesa garantisce con l’oratorio, con gli spazi aperti a tutti. Mentre i figli fanno il doposcuola, le madri stanno fuori tranquille a chiacchierare e a fare merenda» – sull’apertura alla cittadinanza per le seconde generazioni, «nessuno deve sentirsi solo “tollerato”», ma anche sulla contestualizzazione del problema: «È un malessere che non classificherei in modo superficiale, accostandolo a quello delle banlieues francesi. Invece che procedere per stereotipi, bisognerebbe andarci a parlare con questi ragazzi e con i loro famigliari».
Giuseppe Del Signore