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A Vigevano sono più di un quarto del totale di stranieri, a Mortara quasi un terzo, nel resto della Lomellina si oscilla intorno a un quarto e un quinto: è il numero di minori presenti sul territorio. Nella maggior parte dei casi nati in Italia (circa 6 su 10), ma privi della cittadinanza come i 914860 studenti che hanno frequentato le scuole italiane nell’anno scolastico 2022-2023 (ultimo disponibile), l’11.2% degli alunni, una fetta che sale al 15% e più nel nord-ovest e ancora di più in Lombardia, la regione italiana che ne ha il numero più alto (231819). Il dibattito sullo ius scholae e su una legge per la cittadinanza più moderna riguarda questi ragazzi, in ogni classe almeno 3 o 4 di quelli che si siederanno tra i banchi la prossima settimana.
LA SITUAZIONE La Cei è da tempo favorevole all’adozione di criteri meno selettivi, nel luglio del 2022 il Consiglio permanente si considerava lo ius scholae «uno strumento di inclusione dei migranti e un “tema di cultura”» e si sottolineava che «quello della cittadinanza è un argomento al centro dell’attenzione della Chiesa in Italia, fin dal Convegno Ecclesiale di Verona del 2006». Nei giorni scorsi i vertici della Cei, a partire dal card. Matteo Zuppi, hanno ribadito la posizione della Chiesa italiana, ma come funziona la cittadinanza?
PER SANGUE In Italia vige lo ius sanguinis così come regolato dalla legge 91/1992, secondo cui è cittadino italiano solo chi nasce da genitori italiani, uno o entrambi, tanto che si può esserlo anche nascendo al di fuori dei confini nazionali (come sanno bene i discendenti della secolare diaspora italiana in America). Se invece si nasce in Italia, ma da genitori stranieri, si resta residenti stranieri fino alla maggiore età; raggiunti i 18 anni si può ottenere la cittadinanza facendo richiesta entro un anno. Se invece si risiede in Italia, ma si è nati all’estero da genitori di altra nazionalità, si può accedere al processo di “naturalizzazione” a patto di avere almeno dieci anni di residenza regolare e continuativa sul territorio nazionale, il possesso di un adeguato livello di reddito e di requisiti di alloggio e linguistici, criteri stringenti per un giovane 18enne (quarta superiore). La domanda è sottoposta all’esame del Ministero dell’interno cui spetta la decisione. Il titolare del Viminale Matteo Piantedosi ha precisato in un’intervista che
una sorta di ius soli da noi già esiste: riguarda i nati in Italia che ottengono la cittadinanza a 18 anni […] Più in generale le evidenzio che già oggi quasi il 40% delle concessioni di cittadinanza nel nostro paese riguardano ragazzi entro i 19 anni.
TANTI IUS Un dato che testimonia che la domanda c’è; si dibatte da tempo su un aggiornamento della legge vigente, ma finora gli unici interventi normativi sono andati nella direzione di un inasprimento dei requisiti (la legge 94/2009 e la legge 132/2018 derivata dal “Decreto sicurezza”), con la sola eccezione del decreto legge 69/2013 (che tocca le tempistiche). L’unica proposta che ha avuto l’approvazione della Camera (ma non del Senato) è quella del 2015 relativa all’inserimento dello ius soli temperato e dello ius culturae, quest’ultimo “cugino” dello ius scholae. Lo ius soli assegna la cittadinanza a chiunque nasca sul “suolo” di un paese, è la norma seguita negli Stati Uniti (come sanno le famiglie italiane benestanti che decidono di far nascere un figlio negli Usa), ma anche in Messico, in Ue ci sono quello “temperato” in Belgio (i genitori stranieri devono risiedere da almeno 10 anni), Germania (8), Irlanda e Portogallo (3), e quello “doppio” in Francia, Pasi Bassi, Spagna (nascita di almeno uno dei genitori sul territorio nazionale); la naturalizzazione è prevista ovunque, dai 3 anni richiesti dalla Polonia ai 10 di Italia, Austria, Spagna.
FATTORE SCUOLA Lo ius scholae si distingue dai precedenti perché vincola l’ottenimento della cittadinanza alla nascita in Italia e alla frequentazione della scuola dell’obbligo, quindi fino ai 16 anni. Si tratterebbe perciò di 2 anni di differenza rispetto a quanto previsto oggi, che tuttavia consentirebbero già delle conquiste ai minori, perché oggi chi non ha la cittadinanza si trova ostacolato in attività quali gite scolastiche all’estero o sport: se si è comunitari “basta” un documento d’identità valido per l’espatrio rilasciato dall’ambasciata o dal consolato del proprio paese (con tempi d’attesa anche di mesi), se si è extracomunitari serve il passaporto oppure un documento della scuola vidimato dalla Questura, in ambito sportivo ci sono limiti al tesseramento per gli extracomunitari. Tra le proposte avanzate anche la concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia o arriva prima del compimento dei 12 anni e con almeno 5 anni di frequenza scolastica, che allargherebbe la platea dei beneficiari.
I NUMERI Che secondo Openpolis sarebbero circa 300mila (stima su cui concordano anche Oxfam e Save the Children) ovvero un terzo del totale dei minori stranieri che frequentano le scuole italiane, passati dai 30mila del 1992 (anno di introduzione della legge in vigore) agli oltre 900mila odierni (+2999.5%), l’unica componente della popolazione scolastica in crescita. A Vigevano sono 2554 i minorenni stranieri, il 26.2% degli under18 e il 25.3% della popolazione non italiana, a Mortara 651, rispettivamente il 28.9% e il 23.4%, a Gambolò 115, il 7.9% e il 22.3%, a Garlasco 131, il 10.4% e il 18%, a Mede 118, il 14.9% e il 20.2%, a Cava Manara 121, il 13.1% e il 23.5%, a Cassolnovo 96, il 9.5% e il 25%.
Giuseppe Del Signore