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Un risultato la nazionale di Spalletti potrebbe averlo ottenuto: lo “spettacolo” offerto contro la Svizzera avrà convinto tanti italiani ad alzarsi dal divano per spegnere il televisore, dando un contributo concreto al contrasto alla sedentarietà di uno dei popoli più inattivi del pianeta. L’Italia è il quarto paese Ocse più sedentario tra gli adulti e il primo tra i bambini: il 44.5% dei primi non arriva a 150 minuti di attività fisica settimanale e il 94.5% dei secondi (11-15 anni) non raggiunge i 60 al giorno. E forse è anche un “bene”, visto che a disposizione per praticare sport ci sono 131 impianti ogni 100mila abitanti, il 58% in meno che in Francia (e -460% rispetto alla Finlandia, il paese più attivo in Ue), di cui il 60% ha più di 40 anni.
PARADOSSO Il tempo di attività non è stimato in maniera arbitraria, si tratta del livello minimo stabilito dall’Oms per avere un adeguato livello di salute. La sedentarietà è uno dei fattori di rischio controllabili più importanti per una lunga serie di malattie ed è correlata a un altro fattore come l’obesità (per ogni 1% di sedentari aumenta dello 0.6% la quota di persone in sovrappeso), si capisce dunque che fare sport non è un hobby, ma un elemento determinante per il benessere psicofisico dell’individuo. Una consapevolezza che in Italia ancora non esiste né a livello di popolazione né a livello di classe dirigente, tanto che un quarto degli inattivi ritiene di praticare un sufficiente livello di attività motoria, meno di un terzo dei ragazzi fa sport se nella famiglia entrambi i genitori non sono praticanti, la spesa pubblica per abitante è di 73.6 euro (-38% media Ue) e solo nel 2023 si è inserito lo sport in Costituzione, come comma 7 dell’articolo 33 ovvero
la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme.
E dire che non è neppure solo una questione di salute: si stima che ogni persona sedentaria in meno rappresenti un risparmio di 171 euro per il sistema sanitario per 900 milioni l’anno se solo l’Italia fosse in linea con la media Ocse (34.7%), mentre per ogni euro investito ne tornano 2.2 per un indotto di 24.5 miliardi di euro pari all’1.4% del Pil nazionale.
CARENZE A fronte di questi dati l’eccezione non è la scarsa resa degli Azzurri a Euro 2024, ma il «paradosso italiano» che ha visto lo sport agonistico ottenere risultati eccezionali nell’ultimo triennio (nel 2021 secondo Paese al mondo dopo gli Stati Uniti per numero di podi in competizioni sportive ufficiali, per non citare la crescita di movimenti quali atletica, tennis, pallavolo) a fronte della scarsa pratica sportiva. L’espressione l’ha coniata il report “Osservatorio Valore Sport” del 2023 realizzato dal think tank “The European House Ambrosetti” (quello che promuove il Forum di Cernobbio) in collaborazione con Coni, Istituto per il credito sportivo e “Sport e Salute”.
Basti pensare – scrive il Ceo Valerio De Molli – che il Paese si posiziona terz’ultimo in Unione Europa per incidenza degli investimenti dedicati allo sport sul totale della spesa pubblica.
SUL TERRITORIO Col risultato che lo sport, anche per chi vorrebbe praticarlo, può risultare inaccessibile sin dall’infanzia. Solo il 60% delle scuole italiane ha una palestra, una carenza che riguarda anche la Lomellina dal momento che a Vigevano appena il 41.4% degli edifici scolastici è dotato di palestra, a Mortara il 55.6%, Garlasco è un esempio virtuoso col 100%, Mede è al 50%, Cava Manara al 25%, Gambolò al 33.3%, Cassolnovo al 20%. Per non considerare i 17 comuni che accanto alle aule di palestre proprio non ne hanno (Borgo San Siro, Carbonara, Gropello, Dorno, Alagna, Pieve Albignola, Ottobiano, San Giorgio, Zeme, Candia, Castelnovetto, Robbio, Confienza, Palestro, Parona, Gravellona, Frascarolo) e i 19 che non hanno neppure una scuola, in entrambi i casi quasi tutti nell’Area Interna Lomellina. Può darsi che in alcuni di questi centri siano presenti degli impianti sportivi, ma occorre precisare che tra gli ostacoli principali all’attività sportiva ci sono i costi, il 47.9% dei sedentari è in condizione di elevata vulnerabilità economica e il 30% dei bambini tra 6 e 10 non fa sport a causa della situazione economica familiare. Ulteriori ostacoli poi sono il grado d’istruzione – gli inattivi sono il 14.1% tra i laureati, il 41.2% tra chi ha la licenza media – il genere, +4.6% di inattività delle donne rispetto agli uomini.
AGENDA Per invertire la tendenza l’Osservatorio avanza sei proposte d’azione a partire da una «visione di lungo periodo “2050”» con l’obiettivo di incrementare del 90% il numero d’impianti, riqualificarne il 5% l’anno, dotare ogni scuola di una palestra e ammodernarne ogni anno il 5%, dimezzare la quota di sedentari, triplicare il numero di bambini attivi. Per farlo serve «un approccio sistemico per la promozione dello sport nelle agende politiche di tutti i Ministeri interessati», ad esempio sul modello di quanto fatto dalla Finlandia. Sarebbe quindi necessario, seconda proposta, incrementare gli investimenti per impianti sportivi (si stimano 3.4 miliardi all’anno entro il 2030 e 4.8 entro il 2050), realizzarne di multifunzione, che integrino più sport, commercio e intrattenimento, attrarre capitale privato (attraverso Social Bond come fatto in Israele), dotare l’Italia di un database e di un sistema di monitoraggio oggi inesistenti (terza proposta), incentivare l’offerta e la domanda di sport (quarta) sfruttando leva fiscale e semplificazione burocratica tanto per gli utenti quanto per chi desidera investire. A titolo d’esempio, attualmente le famiglie possono detrarre un massimo di 40 euro all’anno per ciascun figlio (0 per gli adulti), insufficiente, e l’acquisto di una bici è soggetto a Iva al 22%, riducendola al 4% si potrebbe stimolarne l’acquisto, mentre basta scorrere le cronache per vedere le difficoltà che incontrano grandi società come Inter, Milan, Roma, Fiorentina nella realizzazione di nuovi stadi per avere un’idea dell’impatto della burocrazia. La quinta proposta prevede di «promuovere uno stile di vita attivo nelle scuole e nei luoghi di lavoro», a partire da un maggior numero di ore previsto per l’educazione fisica e da un aumento del tempo pieno nella primaria (con una maggiore presenza di laureati in scienze motorie), la sesta di «attivare una strategia di formazione e sensibilizzazione», tenendo conto che
solo il 36.1% dei medici consiglia di fare più attività fisica a chi è in eccesso di peso
e che serve dunque una comunicazione più efficace: ad esempio nel 2013 la Scottish League promosse tre mesi di allenamenti presso le strutture delle squadre di calcio locali tra i tifosi, conseguendo in media una perdita di quasi 5 chili pro capite.
Giuseppe Del Signore