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Combattere la “società della stanchezza” riscoprendo il valore del “rallentare”. Non solo un buon proposito, ma un sentimento comune di precarietà, fatica e affaticamento comune a tutti, in cui nessuno può considerarsi escluso. Stanchezza che è stata punto di partenza anche per il discorso alla città di Milano, dello scorso 7 dicembre, dell’arcivescovo di Milano, mons. Delpini, che ha sottolineato come «l’Anno Santo sia un tempo propizio» per risollevare l’animo stanco delle persone. L’Araldo ne parla con Elena Granata, architetto e urbanista presso il Politecnico di Milano, membro del comitato scientifico delle Settimane sociali dei cattolici in Italia.
STANCHEZZA «Ogni mattina ognuno di noi si sveglia con un senso di fatica e percezione di non riuscire ad arrivare sani e salvi alla fine della giornata – racconta la professoressa Granata – È come se fossimo stritolati da un meccanismo che è sicuramente imposto dal ritmo capitalista e quindi da un’economia che è entrata in tutte le dimensioni della nostra vita. Dimensione che ci rende sempre indaffarati, con delle agende piene, pur nella precarietà di quello che riusciamo a raggiungere». Una pressione che non riguarda solo il mondo degli adulti, ma che comincia già dai più giovani. «La difficoltà e la stanchezza nel riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati le si vede anche nei ragazzi a scuola che faticano a trovare senso in quello che fanno – continua Granata – una difficoltà che più avanti si riscontra nel cosiddetto “burnout” da lavoro, in cui molte persone si lamentano di fare un lavoro che a loro non piace, ma che comunque assorbe tutte le energie della vita». Non solo una stanchezza che riguarda il mondo del lavoro o dello studio, ma anche della famiglia.
Si tratta di una serie di fatiche reali che riguardano anche le madri di famiglia – spiega – spesso sopraffatte da una vita con ritmi impossibili da sostenere, complice la mancanza di servizi a loro dedicati.
SERVIZI Il tema degli spazi e dei servizi gioca quindi un ruolo fondamentale nella gestione della stanchezza nella società moderna. «Al giorno d’oggi sono molte le persone costrette a lavorare sette giorni su sette per poter arrivare alla fine del mese e il tempo per prendersi cura di sé viene letteralmente sacrificato – dichiara la professoressa – Tempo che spesso non viene gestito nel migliore dei modi dalle politiche di conciliazione della dimensione pubblica. Per donne e uomini esiste un problema di trasporti pubblici e, di conseguenza, di accessibilità, con servizi mancanti». Tra questi spostamenti, asili e spazi pubblici. «Se le donne con bambini trovano la possibilità di avere asili e nidi possono lavorare – continua Granata – e questo tempo liberato per il lavoro è un tempo importante. Ma questo deve essere garantito da un sistema di mobilità che consente loro di muoversi e di conciliare i tempi di vita privata e pubblica, capire come avviene la micromobilità».

SPAZI PUBBLICI Cambiare l’assetto delle nostre città è difficile, ma garantire quelli che sono gli spazi della socialità è possibile e doveroso. «Con la società moderna stiamo perdendo quelli che sono gli spazi pubblici sotto casa, spazi pubblici di qualità come giardini, spazi di gioco, piazze attrezzate con panchine all’ombra – spiega l’architetto – Se ci impoveriamo di spazio pubblico, le persone e le future generazioni tenderanno sempre di più a stare isolate in casa o a scegliere come alternativa lo spazio del consumo come supermercati, bar e ristoranti». Ma cambiare rotta è possibile. «Ciascuno di noi può radicalmente ribellarsi a questo stile di vita che ci impone di correre e di consumare – conclude Granata – Il primo bisogno di qualità e accessibilità sono spazi gratuiti per tutti, una rigenerazione urbana che noi italiani apprezziamo soprattutto nelle città estere. Basti pensare a Barcellona, alle città francesi, in Svizzera dove c’è la possibilità di stare sul lungofiume. Il benessere dello spazio condiviso inventato dall’Italia, ma da noi sacrificato all’altare del consumo».
Rossana Zorzato