Almeno il coronavirus riduce l’inquinamento atmosferico… e invece. Invece marzo si è concluso con un aumento della concentrazione delle polveri sottili in atmosfera rispetto allo stesso mese del 2019, un dato rilevato da tutte le centraline Arpa presenti sul territorio sia per il PM10 sia per il PM2.5. La media mensile indica 31.8 microgrammi al metro cubo a Parona, 28.3 a Sannazzaro e 31.5 a Vigevano, rispettivamente +28.7%, +8.4% e +14% per il PM10, mentre è stata pari a 23.1 a Mortara e a 21.3 a Sannazzaro, +42.6% e +27.5%, per il PM2.5. Del resto è vero che molti sono rimasti a casa, ma il traffico non è la principale fonte d’emissione dello smog, secondo l’Ispra pesa per il 16.1% (dato 2016) delle emissioni di particolato primario e secondario – il primo è quello emesso direttamente dalle sorgenti, il secondo si forma in atmosfera in processi chimici alimentati dalle emissioni primarie – una percentuale relativa al PM2.5, ma che è significativa anche per il PM10, in quanto il 60% circa di quest’ultimo in realtà è costituito da particelle del primo tipo (2.5 e 10 indicano solo la dimensione dei granelli di polvere).
In tanti avevano annunciato un calo, invece lo smog ha seguito un percorso controintuitivo: è vero che pochi si sono mossi, Regione Lombardia stima una riduzione di circa il 60% dei “viaggi” rispetto a un giorno lavorativo standard, ma i riscaldamenti hanno funzionato anche più del solito, soprattutto nei giorni più freddi di un marzo che ha regalato pure temperature da primavera inoltrata. Gli impianti termici del resto sono la principale sorgente di polveri e sono responsabili del 38% delle emissioni, seguiti dagli allevamenti, che pesano per il 15.1% e non sono stati fermati dai decreti del Governo, che non hanno toccato l’agroalimentare per non compromettere la catena dei rifornimenti dei beni di prima necessità. In effetti analizzando le concentrazioni giornaliere si evidenzia un aumento sensibile – più del doppio – nei giorni in cui le temperature si sono abbassate, in particolare il 28 e 29 marzo.
IN CITTA’ Intanto Vigevano Sostenibile ha approfittato dell’emergenza per avviare il progetto, lanciato nel 2018 insieme ad altre associazioni cittadine, che prevedeva l’acquisto di centraline da installare in luoghi considerati strategici per l’esposizione allo smog e ad altri inquinanti. Una prima centralina è stata installata in via Cairoli in prossimità della stazione e nei primi 6 giorni di attività ha rilevato una media di 92.7 microgrammi al metro cubo di PM2.5; un dato che potrebbe rispecchiare con maggiore precisione la realtà vigevanese rispetto alla centralina Arpa, che è installata in periferia, nella zona di Fogliano, lontana dalle sorgenti di emissioni legate a traffico e riscaldamenti.
INQUINAMENTO E VIRUS? Dunque non solo l’epidemia non ha migliorato l’aria che respiriamo, ma secondo la Società italiana di medicina ambientale
lo smog avrebbe fatto da trampolino per la diffusione del virus, con un effetto definito di boost
Docenti e ricercatori di diverse università italiane hanno incrociato l’andamento del contagio con quello delle polveri sottili rilevate dalle Arpa regionali e hanno individuato una correlazione valida almeno per la Pianura padana: quando aumentano le prime, cresce anche il numero dei nuovi casi di Sars-CoV-2.
Il particolato avrebbe attivato una sorta di “ponte aereo” per permettere al virus di diffondersi a una distanza maggiore a partire da una singola persona infetta (tecnicamente fa da carrier)
Infatti il “metro di distanza” che è ormai diventato un riferimento abituale per gli italiani è stato considerato l’intervallo di sicurezza per non entrare a contatto con eventuali secrezioni di soggetti positivi, ma potrebbe non essere sufficiente in contesti di grande inquinamento atmosferico quale quello padano.
PS: per consultare i dati in tempo reale – link
Giuseppe Del Signore