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Marco Banchini, lei è riuscito con tutta la sua passione e tutti i suoi meriti, a scalare le vette delle promozioni calcistiche, affermandosi in Italia ed all’estero per la sua competenza e preparazione non comune ma sopratutto per la grande passione per la sfera di cuoio del calcio giocato, senza mai perdersi d’animo, dimostrando a vari livelli un qualificata capacità bel ruolo di allenatore, dirigendo quindi numerose formazioni in Italia ed all’estero, fino al clamoroso successo sancito nei giorni scorsi con la promozione del Como alla serie C, da lei guidato per una stagione. Lei è stato l’ultimo tecnico di una società che vanta una lunga storia di successi e che purtroppo da quattro anni era fallita a causa delle più infelici vicende dirigenziali che l’hanno portata al fallimento, nonostante un passato glorioso per aver prodotti calciatori del calibro di Marco Tardelli ed essere passata di mano in mano sempre più arrancando, fino alla sua rifondazione con la vittoria avvenuta nel corso del campionato scorso con lei alla panchina tecnica della formazione lariana.
«L’annata vincente che ho vissuto calcisticamente a Como con la meritata promozione alla serie superiore e con il ritorno della società calcistica lariana dopo quattro anni vissuti in un forzato dimenticatoio a lottare per ritrovare la forza di risalire, è per me qualcosa di veramente indimenticabile. Io infatti ha dovuto sospendere la mia attività agonistica nel mondo del calcio, che per me è sempre stato la vita, a soli 24 anni di età, a causa di ripetuti infortuni fisici che mi hanno costretto ad appendere le scarpe bullonate al classico chiodo. Tuttavia proprio per continuare a vivere nel mondo del calcio senza poterlo interpretare direttamente schierandomi da atleta sui campi di gioco, mi sono dedicato all’attività di allenatore fin dall’anno 2000 e proprio nelle file del Vigevano, dove io ho sempre abitato con la mia famiglia e la cui maglia di calciatore avevo indossato, fino a quando ripetuti infortuni fisici mi sono capitati, tanto da rendere necessaria la mia chiusura anticipata alle competizioni calcistiche e l’addio allo sport che ho sempre amato. Debbo dire di aver potuto in quegli anni essere collaboratore in qualità di vice, di un allenatore di prima squadra che risponde al nome di Emiliano Bigica, oggi allenatore delle formazioni minori della Fiorentina, alla guida del Vigevano, condotto dai fratelli Speciale che erano subentrati al duo Martinoli – Audisio in vetta da tanti anni alla storica società vigevanese. E con Bigica debbo dire di aver imparato molto, avendolo anche seguito ancora come suo vice per un paio di stagioni. Ed è proprio dalla pratica che ho fatto con Bigica che sono partito per diventare allenatore professionista».
Le tappe della sua cariera sportiva parlano di lei come di un vero e proprio giramondo del calcio nella veste di allenatore, e sempre con risultati che lo hanno messo in evidenza, oltre che per la sua eccezionale passione, anche per la competenza tecnica che ha saputo mettere in mostra nel difficile ruolo di responsabile tecnico delle squadra che ha diretto.
Ho addirittura il vanto come allenatore di aver partecipato alla guida dell’Amicale, una squadra di Vanuatu
, come primo allenatore, arrivando addirittura a partecipare ai gironi della Champions League dell’Oceania per poi nel 2016 essere ingaggiato dal Qorni, società di Malta. Quindi sono tornato in Italia e da vice ho affiancato Cristiano Cazzola alla guida della Robur Siena, guidando la squadra ad una salvezza sulla quale ormai non contavano più neppure i dirigenti del sodalizio. Ho poi avuto la soddisfazione di essere ingaggiato sempre in qualità di secondo di Scazzola alla casertana nel campionato di Lega Pro, arrivando a disputare i play off e raggiungendo l’obiettivo di qualificarmi ai play off davanti al solo Cosenza. Ed infine il momento agonistico più fulgido della mia carriera di tecnico fino ad ora: la promozione con il Como avvenuta nella stagione appena conclusa».
La storia del Como Calcio ha appassionato per le sue traversie non solo gli sportivi della città lacustre ma addirittura tutti coloro che il calcio seguono in ogni categoria, perché la società comasca in passato ha potuto vantare un percorso ricco di soddisfazioni, perché nelle sue file era nato Marco Tardelli, un calciatore che è diventato con l’Italia campione del mondo, e che è ancora molto ricordato proprio per le sue imprese, oltre che nella Juventus, ma anche con la maglia della nazionale. Che emozione prova a far parte di questa storia?
«Io debbo dire che faccio l’allenatore del calcio, perché è il mondo del calcio in generale a cui io ho sempre cercato di partecipare. Debbo dire che proprio la scorsa stagione ho trovato nel nuovo Como gli stimoli giusti per guidare una formazione che in un anno calcistico ha perso una sola gara, che ha collezionato un record di punti nella classifica del girone e dove la dirigenza mi ha dato libertà di movimento senza mai impormi decisioni che non erano quelle volute da me. Ed infatti i risultati non sono mancati ed in tutto il campionato la squadra ha perso un solo incontro arrivando alla promozione».
E per lei non deve essere stato facile ottenere i risultati che ha ottenuto in una società che stava cercando di rinascere da un fallimento.
«Debbo dire che a Como mi sono trovato a guidare una squadra sempre sostenuta dai dirigenti e dagli spettatori. Ho cercato di far diventare squadra i giocatori che avevo a disposizione attraverso la passione che io ci ho messo unitamente alla volontà dei miei giocatori ed i risultati non sono mancati in un gruppo che con me ha dato tutto sui terreni di gioco. Ho molto valorizzato in ciascun mio giocatore la sua volontà di emergere,
perché non si nasce vincenti ma è con il lavoro serio e l’impegno che si ottengono i migliori risultati
Di certo lei continuerà ad allenare il Como sulla scorta dei successi ottenuti quest’anno.
«Mi auguro proprio che ciò avvenga anche se non ho ancora firmato il rinnovo del contratto. Stiamo trattando e mi auguro di poter proseguire il lavoro iniziato la sorsa stagione».
Che cosa può dire della attuale situazione calcistica vigevanese, con due squadre addirittura che giocano in categorie diverse ma entrambe in divisioni minori?
«Seguo sempre, seppur da lontano, le sorti del calcio vigevanese e ricordando i tempi di quando giocavo con la maglia biancoceleste, mi viene una grande nostalgia ed un sincero rimpianto. Vigevano è una città che merita anche nel calcio la sua miglior valorizzazione. Ha una storia gloriosa alle spalle non solo sportiva e merita altri palcoscenici che non quelli di ieri».
Cesare Vietti
Marco Banchini nasce a Vigevano il 23 settembre 1980. Ha compiuto l’intero percorso scolastico in città ed ancora bambino era stato accolto nelle file del Vigevano e non solo per quella sua grande passione per il pallone che dimostrava, consentendogli di far parlare di lui i suoi dirigenti tanto da considerarlo un vea promessa giovanile. Ma non era solo il calcio ad appassionare il giovane Marco. Ultimati i corsi scolastici e superata la prova del diploma della maturità, Marco si era iscritto a Milano all’Università Statale dove aveva poi ottenuto la laurea in Scienze Motorie. Marco, da ragazzino, aveva in animo di diventare un calciatore e quindi si era avvicinato al Calcio Vigevano manifestando entusiasmo e ottenendo di essere arruolato nelle file dei giovanissimi atleti biancocelesti, riuscendo a mettersi in bella evidenza. Tuttavia, a seguito di una serie di infortuni molto dolorosi che ne avevano pregiudicato le possibilità di crescere come giocatore di prima squadra, come era sempre stato il suo desiderio, aveva dovuto lasciare il calcio giocato dedicandosi comunque anche se giovanissimo alla carriera di allenatore. Carriera che negli anni l’ha portato in Albania, a Vanuatu e a Malta, prima di affermarsi in Italia.