Scoprire la Shoah fra le pagine di libri e fumetti

Anno 1939: la Germania Nazista e l’Unione Sovietica si spartiscono la Polonia e inizia uno dei periodi più bui della storia mondiale. Anni che hanno lasciato delle cicatrici perpetue in molti, come racconta Maus, la graphic novel di Art Spiegelman edita prima da Rizzoli e poi da Einaudi. Viene raccontata la storia di una famiglia ebraica polacca tra gli anni della guerra e il presente, fra la Germania nazista e gli Stati Uniti. La caratteristica che lascia senza parole è l’apporto grafico che Spiegelman ha voluto utilizzare: perché rappresentare gli ebrei come topi e i tedeschi come gatti? Per creare un parallelismo più reale possibile, perché questo era il linguaggio nazista, dopo che nel Mein Kampf di Hitler gli ebrei vennero definiti ratti. Appare evidente che raccontare l’Olocausto o la Shoah non sia semplice, a partire dalla sovrapposizione dei due termini che, però, non rappresentano la stessa cosa.

Le origini del termine Olocausto si trovano nella tradizione giudaica, la cui parola greca ὁλόκαυ- στος (holòkaustos, bruciato interamente) era utilizzata per indicare la forma di sacrificio prevista dal giudaismo. Quando si parla del genocidio degli ebrei sarebbe quindi opportuno utilizzare il termine Shoah (in ebraico: האוש , catastrofe, distruzione) che ha trovato ragioni storico-politiche nel diffuso antisemitismo secolare. I manuali di storia affermano che le prime operazioni di sterminio sistematico degli ebrei avvennero l’8 dicembre del 1941 a Chelmo, in Polonia. Tuttavia, già nel 1933 – anno in cui il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori di Hitler ottenne il potere in Germania – iniziò a diffondersi l’idea che il popolo tedesco fosse una “razza superiore” e che gli ebrei rappresentassero un pericolo per l’omogeneità razziale della popolazione germanica.

Non appare quindi strano che per molto tempo, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, lo sterminio ebraico non sia stato raccontato. Come afferma David Bidussa in Dopo l’ultimo testimone edito da Einaudi, la vicenda al massimo trovava posto nelle storie di famiglia. Il tutto emerse quando la generazione dei testimoni oculari iniziò a morire. Il Giorno della Memoria, infatti, venne istituito solo il 1° novembre del 2005 e da quel giorno – spesso solo in occasione del 27 gennaio – la Shoah è entrata al centro della scena mediatica e i sopravvissuti hanno ottenuto il rispetto e le scuse che meritavano. Con la crescente scomparsa dei sopravvissuti alla Shoah è sempre più difficile tramandarne la memoria e contrastare i negazionismi.

Spetta ai superstiti cercare di arginare il pericolo. È anche per questo che è stato recentemente ripubblicato da Gaspari Editore il volume Voci dalla Shoah, che racchiude le prime testimonianze scritte di Goti Bauer, Liliana Segre e Nedo Fiano (scomparso il 19 dicembre 2020). Nel leggere i loro ricordi emergono la crudeltà subita, il dolore provato e la speranza riposta nei giorni per evitare che errori simili di ripetano.

Annunziata Asaro

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