Trasfigurarsi nello spirito: don Pedroli presenta il Vangelo di Giovanni

Una sensorialità fisica che si trasfigura e diventa spirituale. È “Vieni e vedi. I sensi nel vangelo di Giovanni” di don Luca Pedroli.

UN VIAGGIO Pubblicato dalle edizioni “Messaggero” di Padova, il sesto libro del biblista vigevanese è «un viaggio che stavo portando avanti da tempo su una questione centrale negli scritti giovannei. Più vado avanti nello studio di questo vangelo, più mi accorgo che i cinque sensi sono un elemento chiave nello sviluppo del pensiero di Giovanni, insieme al mistero dell’incarnazione. Il Verbo non solo si fa uomo e condivide con noi l’esperienza terrena, ma nel disegno di Dio viene scelta la carne come mezzo di rivelazione. La carne è tutto quello che siamo, è esperienza di ogni giorno». L’evangelista che ha come simbolo l’aquila (creatura capace di volare alto e vedere in profondità) nei suoi scritti esalta non solo la vista, primo dei sensi.

L’IRONIA DI GIOVANNI «Il vangelo di Giovanni – spiega don Pedroli – ha un linguaggio più alto rispetto ai sinottici, ed è caratterizzato da una sottile ironia: chi ci vede bene non riconosce Gesù, invece i ciechi invece sì. E poi l’udito: “chi ha orecchi per intendere, intenda”. Si parte insomma dalla sensorialità fisica per arrivare a quella spirituale, a lasciare che lo spirito illumini i sensi, fino a raggiungere un livello nuovo che svela ciò che si nasconde in profondità». Giovanni quindi ci dice che se gli occhi sono abituati allo spirito, riconoscono l’invisibile: lo stesso concetto ripreso poi da Antoine de Saint Exupéry ne “Il piccolo principe”: l’essenziale è invisibile agli occhi.

MIRACOLO «Uno dei passaggi chiave nel vangelo giovanneo – spiega don Pedroli – è il primo miracolo di Gesù alle nozze di Cana, con un vino che stupisce per la bontà del suo sapore: ma se non cogli il gusto nuovo, non capisci. Quando Gesù moltiplica i pani e i pesci, la frase “assaggiarono il pane e videro che era buono” riecheggia il salmo “gustate e vedete quanto è buono il Signore”. E poi l’olfatto, col fetore della morte di Lazzaro che si sente da tre giorni, e Maria di Betania che unge i piedi di Gesù con olio profumato. Infine il tatto, imparare a toccare il Risorto per non vivere una fede che ci vola sopra la testa e non tocca il cuore: a Tommaso che mette il dito nei segni dei chiodi, Gesù risorto dice “Beati quelli che credono senza aver visto”. E Giovanni nella sua prima lettera: “Quello che abbiamo visto e udito, e che le nostre mani hanno toccato… noi lo annunciamo a voi”. La chiave di lettura di questo evangelista, insomma, è il corpo trasformato dallo spirito».

Davide Zardo

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