Il Vangelo della terza domenica d’Avvento “Gaudete”, ci offre un incontro potente e significativo con la figura di Giovanni il Battista. Giovanni è interrogato da diversi gruppi di persone su una domanda cruciale e molto concreta: «Che cosa dobbiamo fare?». È una domanda che risuona forte, non solo nel contesto del suo tempo, ma anche nella nostra vita quotidiana, poiché richiama a una riflessione profonda sulle scelte e azioni che definiscono la nostra fede.
Tre gruppi distinti si avvicinano a Giovanni e tutti chiedono la stessa cosa: «Cosa dobbiamo fare?».
La “folla”, i pubblicani e i soldati. La folla è composta da persone dalle emozioni mutevoli, pronte a seguire Gesù con entusiasmo, ma altrettanto rapide a tradirlo. I pubblicani, esattori delle tasse, abusano della loro posizione per estorcere denaro, oppressori dei poveri. I soldati, probabilmente romani, difendono l’imperatore con violenza, ma sono toccati dalle parole di Giovanni. Nonostante le differenze, tutti pongono la stessa domanda:
Cosa dobbiamo fare?.
Giovanni risponde in modo pratico e concreto, sottolineando che la fede si esprime in azioni quotidiane, nel rispetto della giustizia e nell’amore verso il prossimo. Egli non condanna le professioni dei pubblicani o dei soldati, ma li invita a vivere con rettitudine, a non approfittare della loro posizione per ingiustizie. La folla, d’altra parte, è chiamata a vivere una fede che non si limita agli entusiasmi momentanei, ma che si radica nelle scelte quotidiane. Giovanni non chiede una vita austera come la sua, ma suggerisce a ciascuno di riflettere su come migliorare le proprie azioni verso gli altri, chiedendo di cambiare ciò che non va nel proprio comportamento e nelle proprie relazioni. La conversione non è solo interiore, ma passa attraverso azioni concrete di giustizia e amore. Non basta professare una dottrina, bisogna tradurla in gesti di ogni giorno che riflettano l’amore di Dio.
La domanda che i gruppi rivolgono a Giovanni è una domanda che possiamo pormi anche noi oggi: «Cosa dobbiamo fare per vivere una fede autentica?». Giovanni ci risponde con un invito alla concretezza, a vivere la nostra fede con azioni che migliorano la realtà che ci circonda. La fede non è solo un atto di fede interiore, ma si deve tradurre in gesti di giustizia, in atti di cura per gli altri, nell’impegno a superare l’ingiustizia. Giovanni ci spinge a guardare alla nostra vita, alle nostre azioni, e a chiederci come possiamo essere testimoni credibili dell’amore di Dio nel mondo.
Se oggi ci chiedessimo: «Cosa devo fare?», la risposta di Giovanni potrebbe sorprenderci, chiamandoci a cambiare, a tradurre la fede in azioni pratiche e concrete che riflettono il vero significato dell’amore di Dio.
don Paolo Butta