Il messaggio del Vescovo: Buon Natale 2021

Con la prima domenica di Avvento, il 28 novembre, abbiamo iniziato il nuovo anno liturgico, accompagnato dal vangelo di Luca. Questo evangelista racconta con grande partecipazione la nascita di Gesù, alla quale l’Avvento ci prepara. Nei giorni scorsi era stata pubblicata la notizia di alcune linee guida interne di una Commissione europea per cui si invitava a non utilizzare il termine Natale per citare le feste natalizie, al fine, in stile politicamente corretto, di non creare discriminazioni verso coloro che non si riconoscono nella religione cristiana.

Qualcosa del genere è sotteso anche a molte affermazioni circa il genere da usare quando si parla di uomini e di donne. Sempre più prevale l’intenzione di usare un linguaggio pubblico che si orienti verso il neutro, sia in campo religioso, sia in campo di orientamento e identità sessuale. Come se esistesse nella storia degli uomini qualcosa di neutro, di oggettivo e perciò di vero a prescindere dagli orientamenti culturali, ahimè guidati da valutazioni di ordine emotivo e troppo determinato da logiche di potere prevalenti. Dietro alla rivendicazione laica di uguaglianza e di rispetto, su cui occorre riflettere con grande serietà, si nasconde, mi pare, un atteggiamento preoccupante, perché semplifica un fenomeno da quale dipende tutta la storia dell’umanità e il senso della vita degli uomini.

Partirei proprio da qui. Spesso si dice negli ambienti dotti che parliamo di umani e non di uomini per indicare un riferimento neutro ed esatto al mondo umano. Dire “umani” al posto di “uomini” rinvia alla classificazione biologica e si riferisce alle note distintive degli umani rispetto agli altri viventi. Sembrerebbe che questo elemento costituisca più facilmente il denominatore comune di verità a cui riferirsi per stare nella verità, senza cadere nelle parzialità di cui la cultura è piena. Se consideriamo il racconto del Natale proposta da Luca, si rileva che l’evangelista descrive non la nascita di un umano, ma la nascita di Gesù, che certamente è un umano, ma non può essere compreso se ci si limita a raccontare la particolare nascita di un umano di duemila anni fa. Che si tratti di nascita particolare appare subito al lettore attento, perché Luca ci tiene a dire che egli nasce fuori del villaggio, ossia non accolto.

La Consacrazione

Neppure un po’ di compassione per quella giovane madre e per quel bambino nato probabilmente senza ostetrica… Si tratta di una nascita da subito drammatica. Le raffigurazioni di S. Giuseppe pensieroso non si riferiscono forse alle sole considerazioni sulla fiducia verso Maria, ma anche alla considerazione della verità sull’identità di quel bambino tanto potente, quanto abbandonato. L’unica ad accoglierlo senza riserva sembra proprio essere sua madre Maria, che avvolge in fasce il bimbo e lo pone in una mangiatoia. Questa scena di grande tenerezza è preziosamente annotata da Luca che si premura di far capire che non si tratta della nascita di un umano forse un po’ sfortunato, ma non del tutto. Il contesto che Luca ci affida è quello del censimento, voluto dall’imperatore Augusto, e dal riferimento a Giuseppe, figlio di Davide e perciò alla occasionalità necessaria di nascere a Betlemme.

Così Gesù inizierà la sua missione proprio partendo dalla Galilea, dove per altro abitava la sua famiglia, per fare ritorno a Gerusalemme, come il re Davide, nato, appunto a Betlemme. Non si tratta della nascita di un umano, ma di quell’uomo del destino che ha a che fare con la percezione del senso della vita degli uomini, a partire dalla fede di Israele. Già, perché il senso della vita degli uomini non si colloca al culmine della scala evoluzionistica, ma dipende da una decisione libera di senso che dà giustificazione e bellezza alla libertà. Proprio come avviene nelle contorte vicende della storia degli uomini. Gesù non è un umano che casualmente, come tutto del resto, nasce così. Da questa nascita non impareremmo quasi nulla se fossimo davanti a un caso. Lo sfondo è quello che addita la dignità di questo umano, che dal racconto di Luca non è riferibile alla semplice, benché importante e profonda, affermazione della dignità di ogni umano che nasce.

E che ogni umano abbia tale dignità non appare immediatamente evidente: l’umanità ha dovuto compiere un lungo cammino per capirlo e neppure oggi mostra di averlo capito. Ogni umano ha dignità non perché semplicemente umano, ma perché uomo ed è uomo proprio perché si riconosce all’interno di un universo che riconosce come casa, come qualcosa di buono da custodire e da far crescere, come attore egli stesso di questa bella narrazione che, come in un coro, sorge dalla bocca di tutti i coristi, impegnati a eseguire lo stesso canto. Luca ci racconta della nascita di un uomo che, a differenza di tutti gli altri, conosce profondamente il cuore del maestro che ha scritto quel canto. Un canto che si introduce con una dissonanza, quasi una stonatura, in quel non trovare alloggio da parte di Giuseppe e di Maria, e nei dubbi di Giuseppe. Un canto che introduce un tema dolcissimo e melodioso nello sguardo di Maria e nella cura di porre il bimbo fasciato nella mangiatoia.

Un canto con sviluppi incredibili di armonia quando, dall’alto, le schiere degli angeli suscitano il popolo dei pastori, che accolgono questo bimbo proprio perché aprono il loro cuore a guardare il cielo, ascoltando la voce che di lassù discende. Un canto in cui il suono della voce diventa parola. Non nasce un umano. Nasce Gesù. Buon Avvento e buon Natale a tutti.

+ Maurizio

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