Coltivare o seminare?

A tutti è capitato di ammirare la bellezza di un giardino: filari di alberi, siepi, aiuole fiorite. Chi coltiva un giardino deve stare in un progetto, occuparsi di mantenere l’ordine e la bellezza di ciò che altri hanno predisposto e ben organizzato. Seminare un campo è un’altra cosa. La distesa di terra incolta trasmette un senso di ignoto: quale sarà il risultato del lavoro? Si parte con la fatica di preparare il terreno, si semina nell’incertezza di ottenere buoni risultati e nella preoccupazione che possano crescere erbe infestanti. Queste due immagini sono state il punto di partenza per il Convegno Catechistico Regionale, organizzato dalla consulta degli Uffici catechistici della Lombardia, che si è tenuto sabato presso il Centro Ambrosiano di Milano.

NUOVO SGUARDO Nella mattinata una relazione e una tavola rotonda hanno stimolato più di duecento catechisti, religiose e sacerdoti, a riflettere per rispondere ad un interrogativo: quale catechesi, quale annuncio per la Chiesa di oggi? La catechesi-giardino ha una prospettiva di “inquadramento”, chiede a chi inizia di adattarsi a ciò che già c’è. La catechesi-campo ha una prospettiva di “generazione”, si trova di fronte a un terreno incolto ma ricco di potenzialità e vita, ha tante paure e dubbi, ma è mossa dalla speranza, accetta la sfida missionaria che spinge ad esplorare.

Per trasformare la nostra catechesi da giardino a campo e assumere lo stile missionario dell’annuncio è necessario cambiare sguardo, postura, azione.

CAMBIAMENTI Cambiare sguardo verso le famiglie e i ragazzi che si affacciano alle comunità e che appaiono confusi nei loro desideri e nelle loro attese, a volte insofferenti o disinteressati alle cose della fede. Lo sguardo di chi coltiva il campo è quello che sa andare oltre le apparenze e scoprire, insieme alle fatiche di cui è piena la vita delle famiglie di oggi, quel desiderio profondo di Dio che le abita e che è un piccolo seme da amare e di cui avere cura.
Cambiare la postura, cioè il modo di porsi nei confronti delle persone. Imparare a non giudicare e a scoprire il bello che c’è in ciascuno. Comportarci non come maestri o come controllori della grazia ma come facilitatori, ricordandoci che non «siamo padroni della fede, ma collaboratori della gioia» (2 Cor 1,24). Cambiare azione, non più attendere ma uscire, stare sulla soglia per invitare e accogliere. Nell’azione di annuncio tessere relazioni umane autentiche e credibili. Preoccuparci meno di spiegare ciò che conosciamo e abbiamo imparato, per provare a guardarci dentro e poi a narrare con le parole, la vicinanza, le esperienze condivise quanta bellezza ci sia nell’incontro con Cristo Risorto che cambia la vita.

IN FIERA Dopo una mattinata che ha acceso i cuori, il pomeriggio del Convegno è stato animato dalla fiera delle esperienze dove le équipe catechistiche delle dieci diocesi lombarde hanno presentato, ognuna nel proprio stand, un’esperienza di catechesi in stile missionario mostrando come il desiderio forte di rinnovamento abbia già cominciato a lavorare il campo della catechesi e dell’annuncio.

Paola Moretti

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