Agli inizi del Giubileo incentrato sul tema “Pellegrini di speranza” ricorre l’80° anniversario del martirio del beato Teresio Olivelli (17 gennaio 1945), che è stato testimone di speranza in ogni stagione della sua vita in particolare nell’ultimo drammatico periodo, come evidenziano anche i suoi scritti.
VERSO LA RUSSIA Nel luglio 1942, appena attraversato il confine del Brennero che lo porterà in Russia, scriveva: «Noi qui e lì non siamo più di noi stessi: siamo della storia, siamo di Dio. Uomini che attivamente cercano di inserirsi nell’iniziativa divina che scorre segreta e possente in tanta tragica vitalità, che cristianamente sperano che il mondo cresca in giustizia e carità». Con queste parole, scavava dentro il tempo e vi coglieva l’intervento divino, fonte di speranza in un mondo più giusto e più solidale. Dopo la tragica ritirata della campagna di Russia, terminava la lettera allo zio sacerdote con le parole di Giobbe: «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il Signore». Nell’esperienza dura della guerra Teresio ha compreso, come Giobbe, che con il tempo svanisce ogni speranza umana, rimane solamente Dio che concede e toglie ogni cosa. L’unico valore che non passa è la speranza in Dio.
L’ARMISTIZIO In prossimità dei fatti dell’8 settembre 1943, nonostante le prospettive poco rassicuranti, si dimostrò uomo di speranza: «Guardo con fiducia l’avvenire: era la nostra di massima disponibilità, agonia e parto. Cantiere dello Spirito. Come sul caos primitivo, ancor soffia il divino. Colgano i cristiani l’anima del tempo e la sua verità e fermamente la promulghino. Il mondo nuovo sarà più cristiano». Con linguaggio tipico delle lettere di san Paolo vedeva i momenti tristi che si stavano compiendo come ore di sofferenza e al tempo stesso di avvento e di speranza, dalle quali sarebbe scaturito un mondo nuovo, cioè più cristiano. Nel periodo della resistenza fu ottimista nonostante il dolore della contrapposizione ideologica e armata: «L’aratro è pungente, ma ove la ferita è profonda e sovvertitrice la messe è sicura. Nel dolore Dio espia e crea. Credo nel soffio novatore dello Spirito sulle rovine d’Italia». Egli vedeva il dolore cocente come la condizione necessaria per una messe sicura, cioè per un domani migliore. Sulle rovine del Paese scorgeva all’opera il soffio vivificante dello Spirito, che fa nuove le istituzioni e le persone. Di conseguenza era sicuro che un giorno l’Italia sarebbe vissuta nella libertà e nella pace:
Ci doni Iddio la sua pace, che sollecitiamo prossima per riprendere dalle rovine a costruire, per versarci l’un l’altro nelle ferite la dolce fecondità dell’amore.
A FLOSSENBURG Nel periodo della detenzione nei lager di Bolzano, Flossenbürg ed Hersbruck fu portatore di speranza per gli afflitti come lui; esprimeva in pienezza l’offerta di sé con atti di carità e di aiuto fraterno, anche a costo della propria vita. Interveniva a difesa dei più deboli e dei più colpiti, interponendosi e prendendo lui le percosse destinate ad altri; rinunciava alla sua razione di cibo per i malati; puliva i colpiti da dissenteria; assisteva fino alla fine i moribondi. Con straordinario coraggio non pensò mai alla propria incolumità, ma fu totalmente impegnato per la salvezza spirituale e materiale del prossimo donando conforto e aiuto. E alla fine i nazisti lo uccisero perché amava troppo e con il suo amore evangelico infondeva speranza in quei luoghi di disperazione. A ottant’anni dal suo martirio l’esempio di questo giovane martire della fede ci incoraggia a essere testimoni di carità, operatori di pace, artefici di solidarietà, ma soprattutto missionari di speranza. La santità di Teresio Olivelli sta tutta qui: con la sua vita, le sue scelte, le sue opere ha manifestato Cristo nostra salvezza, diventando così profeta di speranza.
mons. Paolo Rizzi, postulatore