Si respira aria di missione nella parrocchia della Madonna di Fatima, a Vigevano.
MISSIONE Sarà perché l’edificio si trova nello stesso isolato di corso Torino in cui ha sede la Caritas; sarà perché dal novembre 2023 il parroco è proprio don Moreno Locatelli, direttore della struttura diocesana. E quale missione più urgente che aiutare a risollevarsi dalla povertà? «In parrocchia già mi conoscevano – racconta il sacerdote – e l’accoglienza è stata benevola. Il mio predecessore ha lavorato bene. L’eredità di don Gabriele Leonardi è una parrocchia con tanta voglia di rigiocarsi, soprattutto nella fascia d’età dai 40/45 anni in su. È molto bella poi l’esperienza giovanile, con tanti ragazzi che formano un gruppo interessante».

I GRUPPI Che cosa caratterizza questa comunità? «E’ un quartiere tradizionale, in maggioranza composto da anziani, e la gente partecipa volentieri alle processioni. Il target medio è di over50 disponibili a collaborare, non solo venendo a messa. Il gruppo dei giovani abbassa la media dell’età, ed è un “unicum” sul territorio, però mancano sostanzialmente le famiglie». Di che cosa ha più bisogno questa comunità? «Proprio del coinvolgimento delle famiglie. Siamo una città a tutti gli effetti, e spesso la parrocchia è vista come un’agenzia di servizi: “Mi serve la catechesi, mi serve il sacramento”. La parrocchia inoltre ha bisogno di un adeguamento strutturale per mettere a norma alcuni spazi». Quali gruppi operano?
Qui abbiamo la contrada Griona che ha un peso importante, poi gli Scout Fse, il coro, i catechisti, un gruppo di pensionati tuttofare che si occupano di tante piccole cose, e che il sabato sera si ritrovano in oratorio con le famiglie, poi ci sono alcune signore che realizzano manufatti e organizzano mercatini non solo pro-parrocchia.Infine c’è il gruppo degli arbitri di calcio.
LA CARITAS Quanto influisce la vicinanza della Caritas sulla vita della comunità? «È un primo passaggio per legare due realtà, dato che la Caritas ospita una comunità terapeutica per tossico-dipendenti e per le loro famiglie, che in questo modo si integrano nella parrocchia: incontrare gli altri è un’occasione per dare attenzione alle famiglie. È un punto fermo del percorso pastorale, con un’attenzione a giovani, famiglie, poveri. L’oratorio per i ragazzi è aperto quattro giorni alla settimana: mercoledì, venerdì, sabato e domenica». È iniziato il nuovo anno, cosa auguri ai tuoi fedeli? «È un anno giubilare, possiamo essere segno di speranza per far risplendere su di noi il volto sorridente di Dio, che non è semplicemente un sorriso da dentifricio, ma una testimonianza».
Bellazzi: «Questi ragazzi sono miei amici»

Daniele Bellazzi, 35 anni, ingegnere civile, è il responsabile del gruppo di giovani educatori e animatori della parrocchia. «Ho iniziato a frequentare la chiesa a sette anni facendo il chierichetto, poi a 12 anni, su proposta di don Paolo Nagari, ho partecipato a un primo incontro di formazione. Dal 2023 sono responsabile del gruppo giovani e questa è un’opportunità di vita affidatami.
Ci sono stati anche momenti bui, avevo addosso gli occhi di chi diceva “perché tu e non io?“. È stato un cammino di ricostruzione, prima organizzavamo dei ritiri a Cozzo, poi abbiamo deciso di rimanere a casa nostra, per avere l’opportunità di conoscere la realtà in cui si vive, per mettersi in gioco. Il gruppo ha avuto picchi di 45 partecipanti, poi scremando siamo arrivati a 12. Prima mi preoccupavo di chi non c’era più, poi ho imparato a concentrarmi sui presenti, pregando per gli assenti. Non abbiamo obbligato mai nessuno a venire a messa. Quest’anno seguo gli adolescenti, che abbiamo coinvolto facendo guidare l’adorazione mensile da una classe di catechismo. Per i giovani vedo una certa fatica a mettersi insieme, ma quest’anno abbiamo registrato una crescita di maturità, un cambiamento. Ho trovato un aiuto nell’Azione cattolica, che è più organizzata a livello diocesano. L’unico strumento valido per fare la pastorale sono i giovani. E dopo tanti anni vissuti insieme, posso dire che questi ragazzi sono i miei amici».