Sempre più cittadini rinunciano alle cure per colpa dei tempi d’attesa. Questo il quadro che emerge dall’indagine condotta da Cisl Lombardia e rivolta a 11.520 associati, i cui risultati sono stati presentati lo scorso 27 giugno a Milano.
RINUNCIA Sei iscritti su dieci hanno rinunciato spesso nel corso dell’ultimo anno alle cure per le lunghe liste d’attesa. «Il tempo massimo d’attesa, previsto dal codice di priorità nell’impegnativa, non è stato rispettato in quasi la metà delle visite di specialistica ambulatoriale con priorità urgente – si legge nel report di Cisl – Per le altre priorità ovvero breve e differibile, il mancato rispetto del tempo d’attesa è stato superiore nel 40% dei casi». Tempi che non riguardano solo l’attesa per una visita o un esame, ma anche per gli accessi ai pronto soccorso dove
il tempo d’attesa tra la presa in carico del paziente e il ricovero in reparto è stato in media di otto ore, con picchi fino a 48 ore.
CRONICITA’ Una situazione che mette in difficoltà migliaia di persone, molte delle quali con patologie gravi e croniche. «Più della metà degli intervistati ha almeno una patologia cronica – si analizza nell’indagine Cisl – Un intervistato su cinque ha due o più cronicità e tra i pazienti con malattie croniche, la rinuncia alle cure è numerosa: circa una persona su due ha rinunciato a curarsi per tempi d’attesa e scomodità della struttura». Una scelta quasi obbligata che spinge solo il 7.2% degli intervistati con patologie croniche a fare ricorso a misure di assistenza domiciliare integrata, spesso attivate dai medici di famiglia. Un percorso che, seppur nell’insieme positivo, è risultato critico sempre per la troppa attesa.
CURE CARE Non solo una rinuncia legata all’esasperazione dei tempi, ma anche causata da costi onerosi, soprattutto per coloro che scelgono di rivolgersi alla sanità privata, quest’ultima scelta per ovviare al problema tempistiche. «Quasi un intervistato su due ha rinunciato alle cure per ragioni economiche – si evidenzia nell’indagine Cisl – e oltre quattro su dieci per ragioni legate alla scomodità fisica o organizzativa delle strutture sanitarie». Una spesa, quella sanitaria, il cui valore medio per ogni famiglia cresce all’aumentare del reddito e all’aumentare dell’età. Basti pensare che la spesa media nel 2022 per visite, esami e ricoveri è stata pari a 952 euro. Poco meno inferiore alle altre spese sanitarie, ovvero quelle farmaceutiche, fisioterapiche e odontoiatriche, che è ammontata a 1.184 euro, costi che non tutti possono permettersi.
A PAVIA Anche in provincia di Pavia le rinunce sono all’ordine del giorno. Il 40.1% degli intervistati per il territorio pavese rinuncia alle cure proprio per ragioni economiche, mentre il 40.5% per la scomodità della struttura e l’impossibilità di raggiungere quella più vicina. Non migliore la sanità per chi è affetto da una patologia cronica dove solo «il 7.2% degli intervistati ha fatto ricorso a misure di assistenza domiciliare integrata, attivata grazie ai medici di famiglia. Un percorso che, seppur nell’insieme positivo, è risultato critico sempre per la troppa attesa».
Rossana Zorzato