Lomellina senza zanzare. Potrebbe non essere un sogno

Combattere l’invasione di zanzare tigre appartenenti al genere Aedes usando maschi sterili generati in laboratorio. Il sogno di una Lomellina senza le famigerate zanzare: “Stoptigre”, progetto che ha preso il via sull’isola di Procida nel 2015, può sbarcare anche sulla terraferma e in un territorio dall’impronta agricola come quello lomellino, tenendo naturalmente conto dell’impatto economico che avrebbe su uno spazio dalla fisionomia del tutto differente rispetto a quello di un’isola.

IL PROGETTO “Stoptigre” consiste in un’attività di ricerca condotta dal Dipartimento di biologia dell’università degli Studi di Napoli Federico II, che si è posta l’obiettivo di ridurre la presenza della “Aedes albopictus”, la zanzara tigre asiatica, vettore di numerosi arbovirus, gruppo di agenti patogeni trasmissibile agli esseri umani che rappresenta un fattore di rischio per la salute pubblica. Una ricerca che non prevede l’uso di insetticidi, ma che si è servita della tecnica dell’insetto sterile (SIT), e che ha ottenuto risultati significativi, visto che a Procida si è raggiunto il 50% della riduzione della quantità di zanzare tigre: «Questa metodologia ci ha consentito di dimezzare il numero delle Aedes – spiega Marco Salvemini, docente di genetica all’Università Federico II che ha seguito e portato avanti l’attività di ricerca “Stoptigre” – sono rilasciati in campo insetti sterili di sesso maschile che, trovandosi in competizione con i maschi già presenti in natura per l’accoppiamento con le femmine, portano a una graduale e progressiva diminuzione del numero di nuovi individui nati. In opportune condizioni si arriva anche all’eradicazione».

OLTRE I LABORATORI E’ un’attività che si svolge nei laboratori, ma non solo. Un prezioso aiuto arriva anche dalla collettività, sia nella fase iniziale di studio e monitoraggio sia in quella di controllo: «L’innovazione consiste proprio nel coinvolgere i cittadini – sottolinea Salvemini – facendo svolgere anche a loro una parte del lavoro. Procida è un’isola di 4 chilometri quadrati, ma densamente popolata, visto che conta 10mila abitanti, presenta tante abitazioni provviste di giardini, luoghi ideali per la proliferazione delle zanzare. I cittadini erano i primi a voler capire come risolvere questo problema, per scongiurare il rischio epidemico. A Procida come elemento di aggregazione sono state usate le chiese: negli ultimi anni una sede di ricerca era stata fissata in prossimità di una parrocchia». Lo stesso approccio potrebbe essere trasportato anche nel pavese, sebbene sia necessario uno sforzo economico non indifferente: «Lavorare sulla terraferma è più complicato, ma già il comune di Bologna sta adottando una metodica simile alla nostra. Con investimenti si possono portare avanti percorsi di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini e delle istituzioni. Passando dal coinvolgere solo gruppi ristretti a centinaia di persone i risultati si ottengono e Procida è un esempio che lo dimostra. Abbiamo usato un approccio interdisciplinare coinvolgendo anche l’Accademia delle Belle Arti. Arte e scienza si sono unite e hanno consentito ai cittadini, attraverso laboratori ad hoc, di realizzare trappole di monitoraggio per controllare le zanzare».

SU LARGA SCALA Costruire una rete, un rapporto di fiducia tra le comunità presenti in un territorio è il primo step da seguire. Il secondo, che prevede proprio il rilascio delle zanzare sterili, richiede «un impegno economico non da poco. Al momento solo a Bologna, presso il centro agricoltura ambiente, si producono zanzare sterili. Quest’anno abbiamo lavorato su un’area di 20 ettari, spendendo 100mila euro. Nel pavese occorrerebbe selezionare un comune di medie dimensioni, coinvolgere la comunità in un percorso di formazione per ragionare passo dopo passo su una scala di più ampio raggio».

Edoardo Varese

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