Il percorso esistenziale del beato Teresio Olivelli si dispiega nell’arco di 29 anni (1916-1945) e si manifesta come un racconto, la cui scena cruciale avviene il 31 dicembre 1944. Si trova da tre mesi nel lager di Hersbruck dove si muore per fame, freddo e per il duro lavoro e le percosse dei carcerieri. Il suo corpo è quello di uno scheletro ricoperto di piaghe e di ferite, pesa circa 40 chili. Annota un compagno di prigionia: «La sua figura magrissima e ormai ricurva, richiamava l’immagine di Gesú sul calvario».
IL MARTIRIO In quell’ultimo giorno dell’anno un giovane ucraino, accusato di aver rubato un pezzo di pane a un altro prigioniero, viene brutalmente pestato dal kapò. Teresio si lancia in un gesto di difesa della vittima, si interpone tra i due facendo da scudo con il proprio corpo. Il kapò, irritato per questo ennesimo gesto di carità cristiana, lo colpisce con un energico calcio al ventre. Un testimone presente all’evento racconta: «Restò a bocca aperta, emise un forte urlo e cadde a terra svenuto». Questa scena drammatica segna il culmine di una vita donata a Dio e ai fratelli e al tempo stesso è il paradigma di una vicenda esistenziale il cui filo conduttore è da ritrovarsi in quell’ideale intuito sin dai tempi della militanza nell’azione cattolica e manifestato con queste parole: «O Signore il tuo categorico amore che ti spinse a sacrificarti per me fa nascere in me un amore nuovo, inestinguibile che mi fa considerare il martirio per te, l’immolazione per i fratelli». Questo ideale di aiuto ai più deboli è l’anima della sua vocazione laicale all’interno della Chiesa.
PER I DEBOLI In tutte le stagioni della sua vita Teresio si è sforzato di farsi prossimo ai più fragili. È stato socio di azione cattolica, docente, rettore di un collegio universitario, alpino, esponente della resistenza, deportato. Tuttavia l’appellativo che meglio ne qualifica la testimonianza cristiana è “protettore dei deboli”, icona di una Chiesa che si cinge il grembiule e si china a servire i fratelli in difficoltà. Alunno delle suole di Mortara si mostra samaritano per i compagni in difficoltà, che aiuta in classe e nelle ripetizioni a casa sua. In prima media prende 7 in condotta per avere aiutato un compagno nel compito in classe: per lui l’aiuto al prossimo viene prima delle regole. Si resta ammirati dalla sollecitudine di studente universitario verso i poveri delle zone più degradate di Pavia; le sue cure ai soldati feriti, abbandonati da tutti durante la disastrosa ritirata della guerra in Russia; la missione spirituale tra i giovani partigiani che aspiravano a
un’Italia più libera, più giusta, più solidale, più cristiana.
IL DUELLO Ma il nostro martire è ricordato soprattutto per l’eroica donazione di sé ai prigionieri malati e moribondi dei campi di sterminio, per i quali si è fatto annuncio vivo della tenerezza di Cristo che cammina con l’umanità di ogni tempo. I persecutori nazisti lo puniscono e odiano perché esprime la sua fede con opere solidali e di carità, perché resiste con fortezza perdonandoli, senza invocare vendetta. Pertanto essi rifiutano quella sua carità, espressione della sua fede, che sfida la loro violenza. Questa è la motivazione portante della morte gradualmente inflitta al beato Olivelli con percosse continue fino a quella letale, che lo condurrà alla morte dopo due settimane, il 17 gennaio 1945. Tra l’odio violento dei persecutori e la carità di Teresio c’è stato un “prodigioso duello”, dove lo sconfitto non fu colui che morì, come poteva umanamente sembrare, perché l’amore vince sempre. A seguito della sua beatificazione egli appartiene a tutta la Chiesa e può essere additato, specialmente ai giovani, come modello di fortezza nella difesa e diffusione della fede, della speranza e della carità, da lui coraggiosamente professate fino all’estremo sacrificio.
mons. Paolo Rizzi
postulatore