Nello Scavo è un reporter internazionale e corrispondente di guerra, è inviato speciale di “Avvenire” e collabora con le principali testate del mondo (dal New York Times al Guardian). Celebri i suoi reportage da una prigione clandestina libica (2017), dalla rotta migratoria dei Balcani, dalla Siria, così come quello in cui nel 2019 ha svelato il negoziato tra autorità italiane e trafficanti di petrolio, armi ed esseri umani in Libia, inchiesta per cui è stato posto sotto tutela. Quest’anno ha fatto emergere il “caso Almasri”, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra, arrestato e rilasciato dalle autorità italiane, che lo hanno poi riaccompagnato in Libia con volo di Stato. Ora è in Ucraina e sta seguendo da vicino una delle fasi più delicate della guerra iniziata il 24 febbraio 2022.
Come sta vivendo la guerra la popolazione civile?
«La popolazione vive con fatica. Sta arrivando l’inverno rigido e sono state bombardate molte centrali energetiche. Questo significa che in molte città, oltre ai blackout elettrici, mancano riscaldamento e acqua calda. In generale però ci sono città grandi come la capitale o come Odessa in cui, in alcuni momenti, sembra quasi come se la guerra non ci fosse: c’è una certa vitalità. Solo a Kiev, per esempio, sono state inaugurate undici nuove librerie dall’inizio della guerra, continuano ad esserci eventi e addirittura feste. Diversa invece la situazione sulla linea del fronte: li c’è maggiore stanchezza e maggiore disagio ma, trattandosi di zone che nel 2022 erano state occupate dalle forze Russe e poi liberate nello stesso anno,
la popolazione civile non vuole che si fermino i combattimenti. Chiedono che i russi vengano allontanati il più possibile.
C’è qualche storia personale che l’ha colpita?
«Citando una sola storia finirei per fare un torto alle centinaia che ogni giorno sento. Una cosa che ci tengo a dire è però che in queste storie noi raccontiamo anche la speranza, non solo la disperazione. Penso a chi si è impegnato per la restituzione dei bambini ucraini deportati nei territori della Federazione Russa. In questo va ringraziata anche la Santa Sede, in particolare la mediazione del cardinale Zuppi che ad oggi ha permesso di far rientrare in Ucraina oltre 1500 bambini».

Qual è il morale delle truppe ucraine con cui parla?
«È da quattro anni che frequento la linea del fronte e ho dialogato con davvero moltissimi soldati: ad oggi non ce n’è uno solo che sia disposto a tornare a casa lasciando il conflitto nella situazione attuale. Sono esausti, provati dal fatto che ogni giorno perdono decine di compagni, vogliono che il conflitto termini ma non che il loro sacrificio sia vano. Non è assolutamente tollerato il fatto che la situazione possa risolversi con la decisione di consegnare alla Russia i territori che hanno preso o addirittura quelli che non sono riusciti a conquistare (che è il 30% del paese). Sì, la Russia avanza, ma la situazione attuale è diversa dal 2022. La guerra era iniziata con il tentativo di occupazione totale del territorio. Nel 2022 la Russia controllava il 30% dell’Ucraina. Ora è a poco meno del 20%. I trattati di pace che si profilano parlano di dare a Putin anche pezzi di terra che, ad ora, non occupa. Vi è malumore verso i vertici militari e le modalità con cui conducono la guerra, ma nonostante questo non c’è l’intenzione di lasciare i territori sia per una questione di merito nel senso di vanificare il sacrificio di tanti morti sia per una di metodo nel far passare l’idea che chi vuole la terra può prenderla con le armi».
Quale pensa sia la cosa più difficile da far arrivare all’opinione pubblica occidentale?
«La cosa più difficile non è tanto nello specifico far passare singole cose, quanto proprio spingere le persone a leggere le cronache dei corrispondenti di guerra evitando di affidarsi solo ai social network. L’Italia è il paese con maggiore infiltrazione della propaganda russa: testate importanti hanno parlato anche di questo. È recente la notizia del ministro Salvini che ha dichiarato come non si dovrebbe finanziare l’Ucraina visti gli episodi recenti di corruzione di vertici dello stato. Quello che però all’opinione pubblica non arriva è che le inchieste avvenute in Ucraina dimostrano che ci sono delle autorità che con le loro indagini sulla corruzione riescono addirittura a sfiorare gli uffici del presidente. I giornali là hanno ancora la possibilità di poter investigare, e molte inchieste su temi delicati partono proprio dalla stampa (che non ha mai ricevuto ripercussioni da parte del governo)».
Che cosa c’è in gioco per Ue, potenze mondiali e Ucraina?
«Il diritto internazionale, la giustizia internazionale e l’idea di futuro che si è costruita dopo la seconda guerra mondiale. L’occidente è pieno di contraddizioni e problemi ma, davanti a questa aggressione, a crimini di guerra internazionali comprovati e a quello che accade nei territori occupati (di cui si parla poco, ma che noi come Avvenire continuiamo a documentare), bisogna difendere l’idea di diritto internazionale basata sulla convivenza libera e non sul sopruso».
Edoardo Casati



