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Sono molteplici le letture che si possono fare del voto europeo. A livello locale si consolida la presenza di Fratelli d’Italia, si rafforza la posizione del Partito democratico, la Lega esce bene nel pavese e nell’Oltrepò e male in Lomellina, Alleanza verdi sinistra scavalca quel che resta del Terzo polo, il M5S si conferma ininfluente.
LA LEGA Gli ex Lumbard non appaiono in salute soprattutto a Vigevano, dove perdono 329 voti rispetto alle politiche del 2022 (-26.3%) e questo succede nonostante a livello provinciale i consensi aumentino di 11517 unità, in parte frutto della ripresa a Pavia (+768) e a Voghera (+475), ma anche a Mortara (+135), Cava Manara (+145). La prestazione deludente nella città ducale, dove il partito è terzo addirittura dietro al Pd (come già alle politiche, situazione che si sta consolidando) nonostante governi il municipio dal 2010, è più di un campanello d’allarme e lo stesso vale per Gambolò (-211) e Mede (-88).
FDI Il primo partito in quasi tutta la Provincia è quello della presidente del Consiglio Meloni, con l’eccezione di Pavia dove si è imposto il Pd. La crescita dei Fratelli è soprattutto di peso relativo, perché in termini assoluti l’elettorato si è contratto rispetto alle politiche, ma è difficile paragonare un voto molto sentito, come quello per il Parlamento, con quello storicamente meno sentito, quello per l’Europarlamento. In ogni caso il calo è legato a candidature che parlano poco al territorio e che infatti non sono state apprezzate. Dietro Meloni (22575 preferenze, prima quasi dappertutto tranne che a Pavia) è quasi il vuoto, visto che secondo è Carlo Fidanza (2596, quasi mai tra i primi quattro più votati nei comuni) e terza arriva l’ex sindaco di Gambolò Elena Nai (2236, di cui 435 in “patria”), decimi e undicesimi nella “classifica provinciale” dei candidati.
PD Per i Dem il discorso è in parte simile a quello di FdI. In tutti i comuni principali tranne Pavia (dove è primo e cresce del 7.6% sulle politiche) c’è un calo dei suffragi ottenuti, seppure meno marcato, ma si consolida il ruolo di seconda forza sul territorio; è così a Vigevano, Cava, Mede, si scende di un gradino a Mortara (controsorpasso leghista rispetto alle politiche), Garlasco, Gambolò. Rispetto a quelle di FdI le candidature sono state più gradite pur non essendo del territorio: Cecilia Strada arriva terza (8325, tra le più votate a Vigevano, Mede, Cava Manara, Pavia), Giorgio Gori sesto (4641, di cui 1144 a Pavia).
FI Gli azzurri si confermano la quarta forza e non attraversano un momento di grande forma a livello provinciale (del resto il sorpasso sulla Lega a livello nazionale è stato costruito in Sicilia), tanto che il ministro degli esteri Tajani finisce dietro Meloni, Ciocca, Lucchini, Vannacci – e si poteva prevedere – ma anche Gori ed è insidiato da Ilaria Salis. A Pavia il partito cresce rispetto alle politiche sia in termini relativi sia assoluti (+14% che vale il 10.61% complessivo), a Vigevano si scende sotto la doppia cifra, così come a Gambolò, Cava Manara, Mede, mentre a Mortara c’è una ripresa (nella percentuale) e a Garlasco la flessione si arresta al 12.78% (ma gli azzurri sono quarti nel comune di Ruggero Invernizzi, l’unico dove Tajani è tra i più scelti).
Tra le altre forze Avs in Provincia non raggiunge il consenso del resto della penisola, Azione supera Stati Uniti d’Europa in molti centri principali.
GRANDANGOLO Allargando lo sguardo, il voto europeo in Italia restituisce l’embrione di un bipolarismo intorno a FdI e Pd, anche se nel centrosinistra non esiste una coalizione e il percorso è tutto da costruire. Il M5S è stato punito sia da candidature non all’altezza sia dalla strategia di Giuseppe Conte, troppo camaleontico, la Lega ha perso la sua identità: il partito italiano più longevo ha affidato la sua sopravvivenza a un non iscritto che non ha nulla in comune con Alberto da Giussano. Infine l’area riformista è stata bocciata per la sua litigiosità; per chi punta sull’affidabilità e la moderazione non giova non riuscire ad accordarsi neppure tra affini.
IN UE A livello continentale invece, accanto al successo dell’estrema destra (soprattutto in Francia e in Germania), c’è la crisi dell’asse franco-tedesco, con Macron bocciato sia sulla politica interna (riforma delle pensioni e annessi) sia sull’ondivaga e “presuntuosa” politica estera e Scholz per un’azione di governo scialba quanto la sua leadership in patria e in Ue. Entrambi sono rappresentativi di una classe dirigente europea che non parla agli elettori: guerra in Ucraina, transizione verde, confronto con Cina, Russia e Stati Uniti, come vuole affrontare l’Ue queste sfide e chi ha il coraggio di presentare ai cittadini vantaggi e conseguenze di ogni decisione? Dovrebbe toccare di nuovo a Ursula von der Leyen, che finora ha brillato soprattutto per trasformismo e che potrebbe essere tentata dal confermare la maggioranza “Ursula” formata da partito popolare, socialisti (col Pd primo gruppo) e liberali. Eppure a capo dei conservatori c’è quella Giorgia Meloni che guida l’unico governo, tra i pesi massimi continentali, non sfiduciato dalle urne e a cui ha guardato in più occasioni durante la campagna elettorale.
Giuseppe Del Signore