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L’Italia è tra i 17 paesi più attrattivi al mondo, ma è anche l’ultimo del G7: si muove tra punti di forza e debolezze strutturali il “Global Attractiveness Index 2024” (Gai) pubblicato da “The European House Ambrosetti” (Teha), il think tank che organizza il forum di Cernobbio e che dal 2015 ha lanciato un report per misurare la capacità di 146 stati di essere attrattivi. Un report che assume una valenza anche per il tessuto produttivo vigevanese e lomellino, legato alle dinamiche internazionali come e forse più che a quelle locali.
COME MIGLIORARE A interessare sono soprattutto le ricette proposte da Teha per migliorare la prestazione dell’Italia in questa graduatoria. Se negli anni passati al centro erano state le questioni di salario minimo, divario digitale, sostegno alla ricerca, formazione, transizione energetica, quest’anno la parola chiave sembra essere “infrastruttura”, in senso proprio e lato. Le «azioni che potrebbero e dovrebbero essere implementate per assicurare una maggiore attrattività e stimolare la crescita economica e sociale del Paese» sono di fatto tre: «il completamento delle opere e delle infrastrutture strategiche», «le opportunità dell’Intelligenza Artificiale e favorirne l’adozione», «la necessità di un quadro normativo e comunicativo più attrattivo». Per quanto riguarda le prime nel dossier si reputano fondamentali fattori come estensione di rete ferroviaria e autostradale, capacità di movimentazione nei porti, dotazione aeroportuale, tutti ambiti in cui si attende la realizzazione delle cosiddette “Grandi opere”, anche se «nel 2022 risultavano ancora 372 le opere incompiute, con un calo di sole 5 unità rispetto all’anno precedente»; di queste il 37% del totale si trova in Sicilia, ma la Lombardia, con 18 (il 4.8%) è la Regione settentrionale che ne attende di più, come sa bene anche chi vive a Vigevano e in Lomellina, territorio che rappresenta un vero e proprio buco infrastrutturale. Il Gai pone l’accento non solo sui ritardi, ma anche sulla «mancanza di trasparenza» nel motivarli, considerando inoltre che il 70% dei fondi risulta disponibile. Il Board del Gai propone perciò di realizzare una mappatura «completa e prioritizzata» a livello centrale, introdurre «tra i criteri per la definizione della strategicità delle infrastrutture il potenziale di impatto sull’attrattività degli investimenti esteri» e adottare la
pianificazione di lungo periodo, prevedendo sin dall’origine adeguate coperture.
IA Per quanto riguarda l’IA, si sottolinea come l’Italia abbia investito 0.4 miliardi di euro in questo campo, contro i 3.5 del Regno Unito, i 7.3 della Cina, i 62.5 degli Usa: «Oltre al gap negli investimenti privati, occorre evidenziare che secondo i dati Ocse l’Italia è indietro anche sul numero di iniziative di policy e strategie nazionali sull’IA rispetto agli altri Paesi benchmark». Il dato quantitativo, secondo Thea, è utile per valutare «quanto i policy maker nazionali siano impegnati per sostenere e promuovere l’adozione dell’IA», senza contare che «anche a livello d’impresa l’IA è ancora poco adottata», con solo il 5% delle imprese che usa almeno un sistema basato su di essa (la Francia è al 5.9%, la Spagna al 9.2%, la Germania all’11.6%). A frenarne l’impiego anche le competenze ridotte, visto che «il sistema formativo presenta alcuni ostacoli legati alla rigidità dei corsi di laurea che non consentono appieno di integrare l’apprendimento dell’IA», così come l’assenza di riferimenti normativi adatti, per i quali si propone il modello delle «sandbox, ossia spazi di sperimentazione normativa» dove introdurre «vincoli regolatori ridotti per favorire lo sviluppo di nuove tecnologie». In sintesi il Board propone di superare «la logica delle classi di laurea rigide»,
supportare una più ampia adozione dell’IA nelle imprese, sostenere lo sviluppo di sandbox.
PAROLE Terzo tassello le norme e la comunicazione, di cui il report traccia un quadro negativo: «Il sistema legislativo nazionale italiano è estremamente complesso e farraginoso, presentando problemi strutturali cronici così come definito dallo stesso legislatore». Così «a fronte di una media europea di 25mila leggi in Italia ce ne sono 250mila» con un’esplosione a partire dal terzo millennio. Numeri che non possono che scoraggiare gli investitori stranieri, che oltre tutto devono confrontarsi con testi esclusivamente in lingua italiana (al contrario di quanto avviene ad esempio in Giappone o India). Promossi solo i Testi unici, «uno strumento che si è rivelato utile per razionalizzare le leggi di interi settori strategici» e che si potrebbe estendere. Le proposte avanzate prevedono di «realizzare un Testo unico sull’attrattività che raccolga tutta la normativa sia nazionale sia regionale sulle opportunità di investimento», «realizzare un portale unico in lingua inglese che contenga la traduzione delle norme giuridiche più significative», migliorare la «promozione del Sistema-Paese» con eventi ad hoc.
L’INDAGINE Tre ambiti che, secondo gli estensori del rapporto, permetterebbero di scalare la classifica della continuità, che è stilata prendendo in considerazione quattro indici ovvero Posizionamento, Dinamicità, Sostenibilità, Orientamento al futuro, a loro volta il frutto di quasi cinquanta indicatori chiave di performance che misurano elementi quali apertura, innovazione, efficienza e dotazione di un Paese (per definire posizionamento e dinamicità), resilienza, vulnerabilità e transizione ecologica (per la sostenibilità).
Giuseppe Del Signore