Contenuto riservato ai sostenitori de L'Araldo
Aria di nuovo mondo al vertice Brics che si è tenuto, dal 22 al 24 ottobre, nella città russa di Kazan. L’incontro ha offerto alla Russia l’occasione di rilanciarsi a livello internazionale dopo l’invasione dell’Ucraina (preceduta dall’annessione della Crimea e dalle sanzioni connesse), e alla Cina di rivendicare il ruolo di “guida” per lo “altro mondo”, quello che non si riconosce né nei valori né nelle istituzioni né nelle battaglie occidentali.
MATTONI I Brics (acronimo inventato nel 2001 e composto dalle iniziali dei fondatori Brasile, Russia, India, Cina cui si è aggiunto in seguito il Sudafrica) sono un fenomeno tutt’altro che nuovo. Nuovo è invece questo passaggio da unione di una sparuta minoranza di paesi sempre “emergenti” ma mai davvero “emersi”, a unione di paesi che «rappresenta già oggi circa metà della popolazione del pianeta (contro appena il 10% del G7) e il 35% del Pil mondiale», come scritto da Alessia De Luca per Ispi. La riunione di Kazan infatti è stata anche l’opportunità per ammettere quattro nuovi componenti: Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran (altri due, Argentina e Arabia Saudita, per ora hanno declinato l’invito all’adesione). Una piattaforma che si allarga quindi, ma per fare cosa?
MISSION Lo scopo che condividono è essenzialmente uno: mettere in discussione l’attuale ordine mondiale per costruirne uno nuovo, definito multipolare ovvero che tenga conto di un pianeta in cui non ci sono più solo gli Stati Uniti e il G7 (o l’occidente che dir si voglia), ma anche queste potenze, regionali o mondiali, che nell’ordine post seconda guerra mondiale e post guerra fredda non si riconoscono. Per il resto le contraddizioni non mancano: le lotte interne per la leadership e le rivalità tra gli attori presenti a Kazan, su tutti i rapporti tra Cina e India, in competizione per il dominio dell’Asia e arrivati allo scontro “armato” (a suon di bastoni e pietre) sull’Himalaya nel 2021. Sempre su Ispi Giulia Sciorati spiega che «la Cina ha di fatto assunto un ruolo di guida e mantiene una stretta collaborazione con la Russia a cui è legata nell’obiettivo di contrastare “l’unipolarismo statunitense”».
EGEMONI Tutto ruota attorno a una sola parola insomma, egemonia, che sta alla base di tanti concetti (imperialismo, dedollarizzazione, riscatto del “Sud globale”, ordine mondiale, ecc) con cui i Brics descrivono quello che, secondo loro, sarebbe il giogo sotto al quale sono costretti. Proposte non nuove – e difficilmente realizzabili nel medio periodo – a cui si affianca una novità prodotta dai conflitti in Ucraina e in Medio Oriente: alla narrazione della lotta tra le democrazie e le autocrazie o il terrorismo, la maggior parte del pianeta (dove del resto la democrazia non è così “naturale” come a queste latitudini, visto che meno della metà della popolazione mondiale vive in regimi democratici) ha preferito quella dello scontro tra “Global North” e “Global South”. Soprattutto l’appoggio fornito dagli Stati Uniti (e non solo) a Israele in tutto ciò che è seguito al 7 ottobre, ha spinto tanti governi a contestare la “doppia morale” occidentale. Ciò che sembra essersi rotto insomma è la credibilità a stelle e strisce. La definizione perfetta di questo cambiamento l’ha data Mario Del Pero, accademico a Sciences Po, che il 5 marzo scorso ha pubblicato un articolo dal titolo “America, l’egemone non più egemonico”:
Washington conserva gli strumenti del potere globale ma ha abusato dei privilegi di arbitro perdendo in credibilità.
PRIMUS SUPER PARES Il progetto Brics sembra essere quindi un tentativo di sfruttare le difficoltà degli Usa, affrontando il “gigante americano” non tanto mettendo in discussione l’egemonia militare o economica – in questo momento indiscutibile appannaggio Usa, basti pensare che i padroni di casa russi hanno raccomandato alle delegazioni partecipanti di arrivare “muniti di contante”, in quanto a causa dell’esclusione dai circuiti di moneta elettronica, in Russia non funziona nessuna carta di credito estera – quanto provando a riscrivere le regole economiche e politiche che finora hanno retto il gioco, ma che da tempo non funzionano più, basti citare lo stato di salute dell’Onu. Giorgio Fruscione, sempre su Ispi, sottolinea che «Brics si propone di sviluppare e far crescere istituti alternativi per la finanza e il commercio internazionali. Tra questi il risultato più rilevante sembra essere la creazione della Nuova Banca di Sviluppo, pensata come istituto alternativo alla Banca mondiale e al Fondo monetario internazionale».
Edoardo Casati