Claudio Lisi è il presidente dell’Ordine dei medici di Pavia, appena confermato nell’incarico per un secondo mandato, che affronta nel pieno della più importante sfida sanitaria nella storia repubblicana.
Dottor Lisi, Quali sono le principali criticità che stanno affrontando i medici di medicina generale in questo momento?
«Partiamo dal presupposto che già in era pre-Covid 19 si erano evidenziate diverse criticità nella medicina del territorio, tanto da farci richiedere una revisione della legge regionale 23 del 2015 per arrivare a una riorganizzazione della rete di medicina territoriale. Inoltre la cronica carenza di medici di medicina generale, l’eccessiva burocrazia e il considerevole numero di comunicazioni da parte di Regione e Ats a cui i medici devono costantemente adeguarsi hanno accentuato i disagi. Oltre a tutto questo, non dobbiamo dimenticarci che tutte le altre patologie non Covid non si sono affatto fermate in questi mesi, anzi, motivo per cui il medico di medicina generale si trova anche a far fronte alle nuove difficoltà che gli ospedali hanno nel gestire questo tipo di pazienti».
Per quanto riguarda l’accordo col Governo che prevede che i mmg facciano i tamponi presso il proprio ambulatorio, lo considerate fattibile nel territorio provinciale?
«In linea generale sono d’accordo nel cercare di ridurre le criticità che oggi esistono nel sistema dei tamponi, però è fondamentale che questo venga fatto in totale sicurezza per i medici e per i pazienti. Ben venga dunque l’utilizzo di strutture reperite ad hoc e non degli ambulatori, soprattutto per coloro che hanno avuto un contatto stretto con un positivo Covid o per coloro che si presentano solo occasionalmente dal medico di medicina generale».
Qual è la situazione all’interno degli ospedali pavesi? I medici e gli operatori sanitari sono tutelati a sufficienza?
«Negli ospedali la gestione è critica, ma ancora sotto controllo, anche se si stanno ripresentando molte delle difficoltà già registrate la scorsa primavera durante la prima ondata. Al momento la crescita esponenziale della curva dei contagi non ci lascia tranquilli, in considerazione sia della carenza di medici e infermieri sia della difficoltà a reperirli: la situazione è a rischio».
Che cosa non ha funzionato tra giugno e settembre? A quali livelli occorre individuare le responsabilità?
«Durante i mesi estivi si è abbassato il livello di guardia e la mancanza della dovuta attenzione ha portato all’attuale situazione, che stiamo vivendo non soltanto in Italia, ma in tutta Europa. Non si è data la giusta importanza alla seconda ondata e non si sono prese le adeguate misure: oggi ci preoccupa la difficoltà di chi ci governa, a tutti i livelli, nel riuscire a salvaguardare salute e lavoro. Inoltre l’insofferenza dei cittadini porta a non comprendere la drammaticità del momento dal punto di vista sanitario, soprattutto da parte di coloro che assumono atteggiamenti non collaborativi e dannosi».
R.A.