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Alle 5 la sveglia suona, un trillo irritante al quale ho però fatto il callo. Cerco di far piano, per non svegliare la mia compagna. Non è così: inciampo, mi cadono gli occhiali, faccio un casino assurdo. Nella penombra mi giro per chiederle scusa, ma lei non c’è. Faccio mente locale: è vero, la sua sveglia oggi suonava alle 4.30.
SONNO Il Ministero della Salute raccomanda per una persona adulta tra le 7 e le 9 ore di sonno per notte. Mentre giro la chiave nella porta della redazione alle 6.30, rifletto come io oggi ne abbia dormite 5, e come in media non siano mai più di 6. Accendo il computer: ho un’ora da dedicare al giornale prima di dover andare in ufficio, fare per 7 ore e 12 minuti un altro lavoro e poi tornare qui, a reindossare le vesti del reporter. Decido di prendermi un caffè, il secondo di una lunga serie: il Ministero ne raccomanda tre-quattro al massimo al giorno, ma bluffano sicuro, dai. E poi la caffeina mi serve per mandare via il mal di testa: secondo gli esperti, può essere uno dei sintomi della carenza di sonno, assieme a dolori muscolari, deficit di attenzione, disturbi dell’umore. Le ho tutte, tranne credo quest’ultima. Cerco tra le cialde: dek, cappuccino, ginseng… ma il caffè normale dov’è? Tè, tisana al lampone, nocciolino… pistacchino? «Ma chi è la mente malata che beve ‘sta roba?», urlo, da solo, nel vuoto della redazione.
PENSIERI Fare due lavori è complicato. Quando di norma si chiuderebbe la giornata, la testa deve resettarsi e ricalibrarsi sui nuovi impegni, che siano aiutare al ristorante di famiglia, allenare una squadra di calcio, fare le prove della band. A questi si somma “il resto”, che siano i conti di casa, gli hobby, la famiglia. Talvolta qualcosa tracima e manda in tilt il sistema: ed è così che mi trovo a fissare inebetito lo schermo di un computer, pensando al giornale mentre dovrei mandare avanti una pratica burocratica. «Se ti addormenti ti lancio una penna»: la voce della mia collega, in realtà divertita dal blackout, mi ridesta. Lei non ha un secondo lavoro, non può. Ha due figli preadolescenti da scarrozzare, a cui lavare panni e fare da mangiare. Secondo l’Istat, le donne italiane dedicano in media 5 ore al giorno al lavoro di cura e domestico non retribuito, rispetto alle 2 ore e 40 minuti degli uomini.
LA SERA Dopo ufficio, giornale, mille altre cose, sono seduto sul divano, in attesa che la mia compagna torni a casa, a un orario nel quale quelli del Ministero della salute (che immagino come dei cistercensi in un eremo) sono probabilmente a letto da un pezzo. Oltre a un lavoro con orari strani, lei ha anche la sfortuna di essere pendolare sulla Milano-Mortara: e i ritardi, il tempo passato sui mezzi è tutto tempo che non torna più indietro, rubato ai propri interessi, alla famiglia, al riposo. Ma ora la sento sulle scale, si avvicina alla porta, gira la chiave nella toppa: ora, finalmente, comincia la giornata. Quella che rallenta, che libera l’animo, per la quale vale la pena sbattersi tanto. Sarà poco in termini di tempo, ma ce la faremo bastare. «Ciao… come stai?» «Stanca… tu?» «Beh… stanco».
Alessio Facciolo