Contenuto riservato ai sostenitori de L'Araldo
Quali strumenti ha la Diocesi di Vigevano per aiutare la comunità a ritrovare la dimensione umana e collettiva, affinché la città possa finalmente riposarsi e rigenerarsi? Lo abbiamo chiesto al vicario generale, monsignor Angelo Croera.
MANCA LO STUPORE «È una stanchezza evidente – spiega don Croera – nella nostra società e anche nella Chiesa. Assistiamo a un affievolimento dello stupore per la bellezza. Il realismo porta sfiducia, e il timore di un cambiamento». Un’esigenza che nella diocesi di Vigevano era avvertita già da tempo, fin da quando nel 2017 il vescovo monsignor Maurizio Gervasoni aveva convocato il Sinodo, per poi redigere un nuovo piano pastorale. «Anche per reagire alla stanchezza – continua don Croera – sono nate le unità pastorali, che riuniscono parrocchie vicine. Grazie a esse la Chiesa può davvero essere dove la gente vive. Nel programma pastorale “La comunità verso il futuro” il Vescovo si era chiesto come sarebbe stata la Diocesi tra 10 anni, indicando tre vie privilegiate: le famiglie, i giovani, i poveri. In effetti chi è stanco, oggi? Soprattutto i poveri che non hanno una casa, non hanno un lavoro, e che per questo a volte arrivano anche a smarrire la fede».
SPIRITO STANCO Una povertà a cui la Caritas diocesana diretta da don Moreno Locatelli cerca di rimediare sia materialmente sia spiritualmente. «Anche le famiglie sentono questa stanchezza interiore e per aiutarle sono arrivati i padri domenicani al santuario di Pompei, che è dedicato proprio alla famiglia ed è l’eredità di don Pierluigi Gusmitta. Dove vivono poi i nostri giovani? C’è attenzione alle loro esigenze, a progetti come “Porte aperte” che valorizza gli oratori come luogo educativo e di aggregazione». C’è voglia di cambiamento, dunque in un mondo che celebra l’individualismo e che rischia di proiettare l’uomo in una sospensione permanente, priva di relazioni autentiche. «Occorre un percorso sulla spiritualità – prosegue il vicario – per mettersi in discussione e uscire dall’isolamento che minaccia anche i preti. Da qui l’idea delle diaconie pastorali, con sacerdoti che potrebbero abitare sotto lo stesso tetto, in canoniche ristrutturate. Anche, perché no, insieme a laici e diaconi. Cos’è che manca, anche nelle comunità cristiane? La comunione, la capacità di stare insieme. E il cambiamento ci può essere individuando i carismi di ognuno. Dobbiamo essere alternativi e seguire lo stile di vita del Vangelo: se ci mettiamo in ascolto dello spirito, troviamo rimedio alla stanchezza».
Davide Zardo