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Ricaricarsi “staccando la spina” deve essere una priorità per ognuno di noi. Ma in una società sempre più consumistica e frenetica, dove la necessità di mantenere degli standard alti è la priorità, la parola “relax” viene messa al bando. Pressione costante, ansia da performance e incapacità di staccare che stanno trasformando il lavoro e i ritmi attuali in una gabbia invisibile.

RIPERCUSSIONI «La stanchezza incide pesantemente sulle nostre vite perché vi è una tendenza a investire tantissimo tempo in attività dalle quali si cerca poi di avere una sorta di ritorno in termini di autostima – racconta Mariacristina Migliardi, psicologa clinica presso l’Asst di Pavia – Per cui questo impegno gravoso, soprattutto performativo, nell’ambito lavorativo ha poi delle importanti ripercussioni psicologiche e fisiche. Alla fine è come se fossimo sempre sotto tensione». Un aumento della stanchezza e dell’ansia che arriva sempre più a livelli esasperati. «Sempre più persone stanno sperimentando il burnout, un fenomeno molto simile a un corto circuito – continua la psicologa – che si verifica quando l’attività lavorativa diventa grande fonte di stress. Uno stato di tensione che non riguarda solo la salute psicologica della persona, ma che va poi a logorare la salute fisica attraverso ansia e somatizzazioni di vario genere». E la stanchezza rappresenta uno dei primi segnali da non sottovalutare.
Quando ci troviamo in un grande stato di stress il nostro corpo si iperattiva – racconta Migliardi – con il rischio di non riuscire più a recepire i segnali che arrivano dal nostro corpo, spesso degli importanti campanelli d’allarme.
AUMENTO Una società frenetica e pretenziosa che porta sempre più persone a essere stanche e stressate. «Sicuramente negli ultimi anni c’è stato un aumento di burnout e di stanchezza – continua – Siamo passati infatti da un momento in cui il lavoro era un valore positivo, a un momento in cui per tutti noi è difficile disconnetterci. Sa da un lato lo smart working è positivo, dall’altro non fa che cancellare quelle distanze, quel tempo libero che le persone potevano ritagliarsi a casa. Il fatto di portarsi a casa il lavoro rende ancora più difficile staccare la spina». Tante pressioni interne ed esterne cosicché molti diventano “dipendenti” dal lavoro. «Recentemente si è coniato il termine “workaholic” per coloro che lavorano incessantemente, una tendenza per alcuni diventata quasi uno status symbol – spiega la psicologa – tanto che il lavoro viene paragonato all’alcolismo, a un’ubriacatura da lavoro».
LA SIESTA SERVE Eppure l’esagerazione è sempre dannosa, anche in questo caso. «La mente umana ha bisogno riposare e di staccare la spina per evitare un corto circuito – conclude Migliardi – Credo sia importante salvaguardare delle aree e dei momenti in cui ci si deve fermare nonostante questi ritmi così frenetici, tutelando la nostra salute, ma anche concentrandosi su nuovi obiettivi. I momenti di pausa devono dare spazio anche all’immaginazione e alla creatività».
Rossana Zorzato