Quella lontana domenica di maggio con Maradona

Domenica 28 maggio 1989. Milano. San Siro. L’Inter vince il tredicesimo scudetto battendo il Napoli di Maradona per 2 a 1. Una sconfitta avrebbe riaperto la strada alla squadra partenopea per una possibile rimonta. La tensione è tanta in sala stampa, dove seguo la gara per conto di Telestudio TRE, la storica Telelomellina. Il “pibe de oro” viene preso a calci dai tifosi interisti mentre entra nello stadio. Lui, come gli dei dispettosi dell’Olimpo, risponde con uno sberleffo. Prima di giocare la trentesima giornata, l’Inter ha 50 punti, il Napoli 43. San Siro regala tante emozioni: le parate di Zenga, il vantaggio del Napoli con Careca, il pareggio all’inizio della ripresa grazie ad un autogol, e la rete definitiva di Matthaus a pochi minuti dalla fine. E’ fatta: con quattro giornate di anticipo il popolo neroazzuro è in festa, nella stagione dei record. E per un giornalista interista è festa doppia. Alla fine della gara, in attesa della conferenza stampa del mitico allenatore-filosofo “Trap”, imprevedibile come sempre, ai giornalisti vengono aperte le porte degli spogliatoi e a tutti viene regalata una spilletta d’argento con lo scudetto dove è inciso il numero 13, che conservo ancora gelosamente. Ad un certo punto, eccolo, esce dalla doccia e si presenta ad un parterre di giornalisti schierati, tutti intorno a lui, anche se in quella domenica di maggio è il perdente di turno. Lui saluta da lontano Walter Zenga, si complimenta per le parate e risponde alle nostre domande. E’ già un mito e, come tutti i miti, è anche “straordinariamente normale”. Questo è il mio ricordo. Una cosa so per certo: se Dio ama il calcio, sta palleggiando con lui. Non potrebbe perdere un’occasione così ghiotta.

Massimo Sala

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