«Prendi fra le mani tu la vita mia… accompagna il mio cammino verso Lui». Il canto risuona gioioso e buca il silenzio della basilica gremita di fedeli. Gli occhi di tutti, bagnati dalle lacrime, sono fissi sulla bara di legno chiaro, accompagnata davanti all’altare un’ora prima da un gruppo di ragazzi, e ora portata verso l’uscita in una piazza Dughera composta e mesta. Dentro, il corpo di Pietro Falzoni, 18 anni, tornato alla Casa del Padre in modo improvviso ed inatteso, lasciando nel dolore una famiglia, una scuola, un gruppo di amici e una comunità, quella di Mortara, tormentata dalla domanda: «Come può un giovane morire a questa età?».
IL RICORDO Dubbi, angosce, interrogativi che si sono mescolati alle lacrime sabato 14 settembre, quando i ragazzi dell’oratorio Ricci hanno salutato per l’ultima volta Pietro Falzoni, dopo aver preso parte alla liturgia funebre celebrata da don Marco Torti nella basilica di San Lorenzo per ricordare un giovane che ha dedicato anima e corpo per portare avanti le attività della parrocchia, venuto a mancare a causa di un male incurabile. «La scuola, l’oratorio, i luoghi di ritrovo con gli amici, scenari di una vita bella trascorsa nella gioia – ricordano i ragazzi dell’oratorio Ricci – e nella scelta decisa di vivere bene, con onestà e spensieratezza».
Lo ricordano bene gli amici di sempre, i compagni di classe, i bambini e i genitori che hanno avuto in Pietro una figura educativa che, pur muovendo i primi passi, era riuscita ad entrare in quella relazione da “fratello maggiore”, capace di lasciare il segno più di mille parole.
IN LUTTO Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e di frequentarlo, non può fare a meno di ricordare l’altruismo e la voglia di Pietro di mettersi sempre in gioco, sempre disponibile a sostenere il prossimo. In lutto due città, Mortara e Vigevano: era iscritto all’ultimo anno all’IIS Caramuel-Roncalli. Impegnarsi nello studio, nella vita di tutti i giorni e portare avanti il significato della parola amicizia. Pietro non ha mai rinunciato a nulla di tutto ciò. «A colpire l’assemblea sono state le parole di un compagno di classe, che, parlando al presente, ha scandito e ripetuto più volte: «Pietro è vivo. Pietro è qui». Espressioni forti capaci di lenire il dolore e di rendere consapevoli che, in fondo, questo ragazzo dagli occhi buoni era diventato ormai il figlio, il fratello di tutti, nella preghiera di una comunità che, appresa la notizia della sua sofferenza, ha sentito il bisogno di accompagnare con discrezione e fede il suo cammino verso il Padre».
don Carlo Cattaneo, Edoardo Varese