Mancano pochi giorni al Natale. Nell’icona di Ain-Karin, così familiare alla fede semplice del popolo di Dio, si respira un’aria di vigilia. Un incontro singolare di due madri, portatrici di una vita nuova: Giovanni, l’ultima voce della profezia; Gesù, il Messia, l’Atteso. In realtà, nella scena della visitazione, c’è un movimento ascendente.
Elisabetta riconosce il singolare destino della Madre del Signore; e Maria capta la potenza di Dio. Il volto della donna di Nazaret sembra abbozzato con pennellate sobrie e marcate da artista: Maria è «benedetta fra le donne». La benedizione di Elisabetta proclama la potenza di Dio e dice riconoscenza per il suo amore gratuito.
Maria è «la Madre del Signore». In Maria Dio viene incontro all’umanità, dentro una storia di visite pazienti, sempre nello stile di una simpatia per i poveri. Maria è «colei che ha creduto». Il saluto di Elisabetta passa dalla benedizione riconoscente per la donna tra le donne, allo stupore per la Madre del Signore, sino al grido ammirato per colei che ha creduto. Maria è madre perché discepola, le ragioni della maternità sono dunque altrove, nell’assoluta gratuità di Dio che ha guardato a Nazaret, e nella fede di una donna, beata perché ha accolto la Parola.
Se Elisabetta è affascinata dalla Madre di Dio, Maria è afferrata dal mistero di Dio. Il brano evangelico che si legge oggi interrompe il Magnificat al primo versetto. Sembra mancare qualcosa, in realtà c’è un tema compiuto e aperto: c’è il cuore di Maria, l’umile serva del Signore; c’è Israele, la comunità credente; c’è soprattutto la contemplazione del mistero di Dio, cantato come Signore e Salvatore. Dio
ha guardato l’umiltà della sua serva (1, 48)
E il suo sguardo è sconvolgente. Assolutamente altro rispetto al modo di agire degli uomini. Certamente, benedetta Maria fra le donne: ma, insieme, benedetta l’umanità intera, ormai segnata dalle visite di un Dio salvatore e solidale con tutte le generazioni del mondo. Maria sa accogliere la visita di Dio. Ma per non mancare agli appuntamenti di Dio, bisogna avere il cuore libero, occorre fermarsi, tornare a pensare, per andare oltre la vita frenetica dei nostri giorni e il pericolo di attaccare il cuore alle sole cose materiali.Le visite di Dio bussano nei gesti umili di tanti fratelli e sorelle. Hanno il linguaggio dei “segni”: la Parola, l’Eucaristia, i Sacramenti, gli appuntamenti della comunità cristiana. Certo non mancano le distrazioni che impediscono di “vederlo”: l’indifferenza, l’idolatria delle cose, il pessimismo. Ma soprattutto la speranza della vigilia ha il cuore di Maria.
Maria «andò in fretta» e «rimase con lei circa tre mesi». La solidarietà non va decisa dal tempo libero di chi sta bene, ma dal bisogno dei poveri. Maria “porta” il Signore. I poveri non hanno solo bisogno di calore umano, hanno bisogno di sentirsi amati da Dio. Noi cristiani riveliamo o nascondiamo il cuore di un Dio misericordioso. Solo il servizio e la carità possono risvegliare speranza e far si che molta gente arrivi a riconciliarsi con Dio e a fare Natale.
mons. Angelo Croera