Don Piergiorgio Valdonio ha la tenerezza di un nonno. Ma anche l’agilità di un adolescente. Quando la cameriera posa sul tavolo il conto, si impadronisce con destrezza dello scontrino (un caffè d’orzo in tazza grande per lui e una cioccolata calda con panna per me, il vizioso) battendomi in velocità. Inutili le mie proteste che si perdono nel chiacchiericcio nel bar affollato, nell’ora dell’aperitivo di un sabato pomeriggio: insiste per pagare lui.
DISPONIBILITÀ Lo incontro a Mede, vicino a casa mia, perché non ho la macchina e sabato le corse del pullman sono meno frequenti. Così questa volta il “viaggio in parrocchia” si offre di farlo lui. Segno di una grande disponibilità che da 18 anni lo vede impegnato come parroco a Ottobiano e Valeggio.
Prima di venire qui – precisa – sono stato vice-parroco per 12 anni a Cilavegna e per altri 21 ho guidato la comunità di Sannazzaro.
Gentile ma deciso, don Piergiorgio ricorda un po’ il protagonista di “Un uomo per tutte le stagioni”, film che racconta gli ultimi mesi di vita di san Tommaso Moro. «Ho visto quella pellicola nel 1966 – racconta – e mi viene da dire che quella di Ottobiano è una “parrocchia per tutte le stagioni”. Qui ci si prende cura di tutte le fasce d’età, dai bambini agli anziani». È vero. La scuola dell’infanzia è intitolata alla famiglia Pecchio, che l’ha fortemente voluta e che per questo ha donato a Ottobiano tutti i terreni e le cascine. A frequentare l’asilo sono nove bambini del nido e venti della materna. L’oratorio associato al circolo Anspi, poi, si trova proprio nel cortile dell’asilo, ed è aperto non solo ai giovani.

SPORT E PREGHIERA «Nel cine-teatro parrocchiale, anche più volte alla settimana – racconta don Valdonio – si può assistere alle partite di calcio proiettate sul grande schermo. Pensi che c’è anche gente che viene da San Giorgio, Mortara, Tromello». Bambini, ragazzi, adulti, tutti serviti. E non manca la terza età, con la casa di riposo parrocchiale San Tarcisio. «È forse l’unica Rsa della Lomellina – spiega il sacerdote – ad essere l’emanazione di una parrocchia. A farla costruire nel 1982 sono stati l’allora parroco don Tarcisio Baratti, che l’ha voluta intitolare al santo di cui portava il nome, e sua sorella Luigina. Qui ci si prende cura del corpo, ma anche dell’anima». Asilo, oratorio, casa di riposo: davvero un paese per tutte le stagioni.
La domenica c’è una bella affluenza alla messa, con fedeli provenienti anche dai paesi vicini. Abbiamo due belle corali: a Ottobiano sono in 15, a Valeggio una ventina.
E i catechisti? «Sono due, e seguono circa 40 bambini. C’è una forte collaborazione col Comune, che sostiene la parrocchia in tante iniziative. Il sindaco di Ottobiano, Pier Angelo Cecchetto, fa anche parte del consiglio della casa di riposo. Cerchiamo di costruire una comunità con lo spirito di una famiglia. Quando ho fatto il mio ingresso qui ho pensato a papa Giovanni XXIII, che definiva la parrocchia “la fontana del villaggio”, a cui tutti si abbeverano. Dobbiamo offrire la parola di Dio e il sostegno anche a chi non viene in chiesa. E mi auguro che ci siano sempre la collaborazione e la coesione di tutti per camminare insieme, secondo il programma sinodale che è realtà di tutta la Chiesa».
Casa Jona, una realtà integrata

Vanno in giro per il paese, prendono il caffè al bar, sabato si confessano in chiesa e domenica partecipano alla messa. Sono gli ospiti di Casa Jona, la struttura riabilitativa psichiatrica che con 20 posti di media assistenza e 2 di residenzialità leggera svolge una parte importante nei progetti della Caritas diocesana.
Aperta dal 2008 a Valeggio, Casa Jona è perfettamente integrata nella vita sociale del paese. «Qui ognuno dei pazienti resta dai 3 ai 6 anni – spiega la direttrice Eletta Bellini – e cerca di raggiungere una qualità di vita migliore, con una speranza al di là di questo luogo, una bellezza interiore che è difficile da raccontare. È un bel percorso, con tantissimi compagni di viaggio anche tra operatori che sono con me fin dall’inizio, che non hanno mai mollato, e con cui va condiviso il merito dell’impegno in un settore della sanità che è particolarmente stressante. È un’equipe che è cresciuta nel tempo, con spazi complessi ma percorsi individualizzati per gli ospiti, che hanno una fascia d’età dai 18 ai 65 anni. Abbiamo anche un alloggio per la residenzialità leggera per due persone. L’approccio verso una cronicità che dura anni si basa sulle cure relazionali. Una parte del percorso di queste persone, che arrivano volontariamente dai centri psico-sociali, è diventato per me un pezzetto di storia e di condivisione».
Davide Zardo