«Non c’è soluzione! Fra arabi ed ebrei c’è un abisso e niente può riempirlo». Le parole di David Ben-Gurion, figura di spicco del movimento sionista e primo a ricoprire il ruolo di primo ministro di Israele, sono del 1919, ma la loro eco è particolarmente sinistra a oltre cento anni di distanza e dopo un mese di guerra tra Israele e Hamas: oltre 1400 morti israeliani a causa dell’attacco terroristico del 7 ottobre (fonte governo israeliano), 10328 morti palestinesi di cui 4237 bambini (fonte ministero della sanità palestinese sotto il controllo di Hamas).
NIENTE VERITÀ Si è costretti a citare le fonti perché di giornalisti sul campo ce ne sono pochi (Reuters e Al Jazeera, quest’ultimo media di stato del Qatar) e le uniche informazioni disponibili provengono dai (pochi) reporter palestinesi e dai punti stampa giornalieri dell’Esercito israeliano. Proprio Tsahal ha dichiarato di non garantire l’incolumità degli organi di informazione a Gaza (sarebbero già morti tra i 30 e i 50 operatori), anche se il 4 novembre un gruppo di giornalisti occidentali è stato scortato dai militari dell’Idf nella Striscia di Gaza e ha visitato alcune postazioni. Una situazione che in parte si riscontra anche nella guerra tra Russia e Ucraina, dove entrambi i governi celano ad esempio il numero dei caduti e dove solo pochi reporter riescono a visitare in autonomia le zone del conflitto, col rischio per gli altri di cadere nello “embedded journalism”, una cronaca schiacciata sul punto di vista del governo che ospita, protegge e scorta i giornalisti al fronte.
PROSPETTIVE Con l’impossibilità di verificare le fonti viene meno anche la possibilità di orientarsi nel conflitto, ritrovandosi con una prospettiva distorta. Da un lato la tentazione di Israele di occupare di nuovo la Striscia di Gaza, come avvenuto tra il 1967 e il 2005, certificata dal premier Benjamin Netanyahu, il quale ha dichiarato all’emittente Usa Abc che Israele avrà «la responsabilità complessiva della sicurezza» della Striscia per «un periodo di tempo indefinito», dal momento che «abbiamo visto quello che è successo ora che non ce l’avevamo», dall’altro le menzogne di Hamas, che con le parole di Moussa Abu Marzouk, vice capo politico dell’organizzazione, ha dichiarato alla Bbc che «donne, bambini e civili erano esclusi dall’attacco» del 7 ottobre, negando l’evidenza delle stesse immagini girate e diffuse da Hamas. Qual è l’obiettivo dell’operazione militare d’Israele? Occupare di nuovo Gaza, eradicare Hamas – ammesso che sia possibile – o provocare una nuova “Al-Nakbah”, in arabo “catastrofe”, cioè l’esodo forzato del 1948 dei palestinesi dai luoghi della loro residenza storica, così come riconosciuti dall’Unrwa (l’Agenzia Onu per i rifugiati). E qual era l’obiettivo di Hamas il 7 ottobre? Cancellare lo stato d’Israele e la presenza ebraica in Medio Oriente o trasformarsi compiutamente in un gruppo jihadista rinunciando al ruolo politico assunto negli anni Duemila?
NUMERI In assenza di notizie verificate nella cronaca quotidiana della guerra e di obiettivi chiari, può essere utile fare riferimento al contesto per orientarsi, ragione per cui L’Araldo esplorerà nelle prossime settimane le direttrici demografiche, storiche, geografiche della “questione israelo-palestinese”. A partire dalla demografia, che ha un ruolo importante non solo nel conflitto, ma anche nelle decisioni che il governo israeliano ha preso negli anni recenti. In Israele vivono 9.7 milioni di persone (dati governativi di aprile 2023), di cui 7.15 sono ebrei (73.5%, il 46% di quelli presenti nel mondo), 2.05 arabi (21%) e circa 534mila di altra origine (5.5%), con un trend che vede una costante crescita – tra le più alte nell’area con un numero di figli per donna più alto per gli ebrei (3.13) che per gli arabi (2.85) – tanto che nel 2040 dovrebbero diventare in tutto 13.2. Per quanto riguarda chi è di religione ebraica, l’11.8% è “haredim” (dato 2019), i cosiddetti ebrei ultraortodossi, che rappresentano la parte più conservatrice della società israeliana e anche quella col tasso di fecondità più alto. Viceversa in Cisgiordania e a Gaza – i territori che dovrebbero costituire il nucleo dell’Autorità nazionale palestinese – vivono 5.3 milioni di persone, con una densità abitativa tra le più alte al mondo, la più alta se si considera solo Gaza (4mila persone per chilometro quadrato). Altresì palestinesi e israeliani sono molto giovani, il 58.9% dei primi ha meno di 25 anni (il 39.1% meno di 15, il che spiega l’elevato numero di vittime tra i bambini), il 28% dei secondi meno di 14, con il 12% di over65 (quasi la metà del dato italiano).
Giuseppe Del Signore