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Come e quanto partecipano alla vita pubblica i giovani? In questo senso le ultime elezioni europee, che hanno visto in generale la minore affluenza nella storia delle consultazioni di rango nazionale, hanno restituito un quadro complesso: in Italia l’astensione è stata maggiore tra chi ha dai 18 ai 34 anni rispetto alla media della popolazione e le preferenze per i partiti si sono differenziate dal risultato generale, ma anche dal voto dei coetanei in altri paesi europei.
E anche le comunali offrono qualche spunto, perché tra i nuovi sindaci c’è il 27enne Riccardo Freddi di Ferrera Erbognone e ci sono consiglieri comunali ventenni come Francesco Spuma, il più votato a Parona nella lista del primo cittadino Massimiliano Bovo. Accanto a loro non sono mancate proposte a trazione giovanile in altri comuni (Valle, Semiana, Cilavegna per citare tre esempi). Qual è dunque la verità sull’attivismo giovanile, non solo in ambito politico, ma pubblico in genere?
VISTA TRIESTE E’ una domanda che si pone anche il mondo cattolico preparandosi alla Settimana sociale di Trieste, in programma dal 3 al 7 luglio e dedicata alla democrazia sull’esempio del buon samaritano, figura scelta dal Comitato scientifico dell’evento per un atteggiamento che non guarda al mondo che lo circonda con fatalismo, ma si rimbocca le maniche. Nel segno della «partecipazione», una delle tre parole chiave, insieme a solidarietà e misericordia, scelte dal vescovo di Vigevano mons. Maurizio Gervasoni per il Programma pastorale dedicato al sociopolitico nel biennio 2024-2026.
IL VOTO Partendo dall’elettorato attivo, secondo il “Radar” di Swg il non voto è arrivato a circa il 56% degli elettori under35; quanti hanno votato avrebbero preferito il Pd (25%), seguito da Fratelli d’Italia (21%), Avs e Fi (11%), dati non molto diversi da quelli raccolti dal Cise (Centro italiano studi elettorali) di Luiss e università di Firenze, secondo cui Pd e Fdi si sarebbero attestati al 22%, eppure distanti da quelli di YouTrend, che assegna al Pd il 18%, al M5S e Avs il 17 e il 16% e a FdI il 14%. Difficile comprendere quali siano i valori precisi – tutte le analisi si basano su campioni parziali – ma se in Italia tutte le rilevazioni premiano l’offerta progressista, nel resto dell’Ue sono stati i conservatori a ottenere il favore dei giovani. Secondo Reuters «da Germania e Francia a Polonia e Spagna, la destra radicale ha fatto progressi nel voto giovanile in stati chiave in queste elezioni dell’Ue», tanto che «gli elettori giovani, tradizionalmente ritenuti più di sinistra» in particolare per aver spinto l’onda ecologista alle consultazioni del 2019, «a seguito della pandemia, della guerra in Ucraina e del caro vita, molti hanno spostato il loro sostegno quest’anno verso i partiti populisti di estrema destra, che hanno colto le loro preoccupazioni».
LE ISTANZE Sono questi i temi che sembrano essere cari agli under35 europei, «in particolare gli uomini che si sentono lasciati indietro e censurati dalla crescente cultura “woke”», con riferimento alla “cancel culture” o a quella che in Italia è definita la cultura del “politicamente corretto”. Eppure nella penisola sembra che le sfere dei diritti civili e del cambiamento climatico incontrino il favore di questo segmento anagrafico. Gabriella Calvano scrive che «in Europa, complessivamente i giovani tendono a polarizzarsi verso destra o verso sinistra, con una preferenza verso quei partiti europeisti che esprimono una forte domanda di cambiamento sociale». Secondo la ricercatrice dell’università di Bari e membro del Comitato della Settimana sociale di Trieste «in Italia i giovani 18-34 mostrano di preferire partiti con posizioni maggiormente europeiste e vicine ai temi ambientali e della tutela dei diritti umani», in questo modo sancendo una differenza rispetto al resto dell’Ue, anche se poi resta
una difficoltà soprattutto delle fasce sociali più fragili, dei giovani e delle donne a vedere nel voto e nella partecipazione politica uno strumento di riscatto.
GLI STUDI Il che tuttavia non deve essere inteso come pura e semplice inattività poiché l’Istat segnala, in contrasto con la percezione del ragazzo che butta il tempo sul divano che fa parte di un immaginario collettivo distorto, un notevole attivismo delle giovani generazioni in diversi campi, come la tutela dell’ambiente e il volontariato, contribuendo in modo pratico e fattivo alla vita della propria comunità. Difatti si tratta della fascia di popolazione più coinvolta nell’associazionismo, mostrando un impegno maggiore rispetto alla media nazionale: se gli attivi nel 2022 non superano l’1.6% del totale della popolazione, tra chi ha dai 14 ai 17 anni si arriva al 2%, così come tra i 20 e i 24, mentre nel gruppo dei neomaggiorenni (18-19) si raggiunge il 2.9%, il grado di coinvolgimento maggiore in assoluto. I numeri sono in ripresa dopo la pandemia, se si considera la percentuale di giovani che nel 2022 ha fatto attività gratuite presso associazioni di volontariato, si scopre che è pari al 9.4% tra i 18 e i 19 anni e al 9.2% tra i 20 e i 24, per scendere al 7.5% tra i 25 e i 34 e attestarsi intorno all’8.3% nella popolazione.
Giuseppe Del Signore