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In 300, per altri 400 o 500. In questo caso poco conta il numero esatto degli studenti di Vigevano che hanno manifestato lunedì della scorsa settimana: da quanti anni non accadeva? Forse occorre risalire alle prime edizioni dei “Fridays for future”, ma in quel caso i cortei nascevano sull’onda lunga di un fenomeno globale e su un argomento divisivo – tra le generazioni e in generale all’interno della società – mentre questa volta l’esigenza che ha portato a scendere per le strade è “autoctona”, è nata a Vigevano e dalle ragazze e dai ragazzi vigevanesi e non a caso ha avuto anche un risalto nazionale: ripresa da Corriere della Sera (2 volte), Il Fatto Quotidiano, Il Giorno, Radio Marconi (“La vita in diretta” deve essersi distratta), merita un’attenzione non superficiale anche perché rompe in parte la narrazione della Generazione Z disinteressata alla comunità e lo fa affrontando un tema intergenerazionale e trasversalmente molto sentito come la sicurezza. Non è l’unico: nella lettera inviata all’amministrazione e alla Caritas si parla anche di spazi pubblici mancanti per l’aggregazione (culturali, sportivi, ricreativi). Insomma, c’è un’apertura al dialogo da parte dei giovani vigevanesi e una domanda di ascolto che è un dovere intercettare per le istituzioni e la società civile, motivo per cui non è possibile ridurre il tutto alla
pretestuosità delle affermazioni contenute nella lettera, che in realtà sembra scritta da un politico e non da una compagine di adolescenti
o a un invito paternalista «proprio agli studenti» a «non lasciarsi in alcun modo condizionare o, peggio ancora, strumentalizzare», come ha fatto l’assessore alla Sicurezza Nicola Scardillo in una lettera inviata ai dirigenti e ai rappresentanti d’istituto di Cairoli, Caramuel e Casale nonché agli uffici scolastici territoriale e regionale. A maggior ragione questa settimana, visto che il 9 aprile è stata celebrata la prima “Giornata nazionale dell’ascolto dei minori”, istituita dal Parlamento un anno fa a partire da un disegno di legge iniziale presentato nella precedente legislatura (2020) dalla deputata di Fratelli d’Italia Maria Teresa Bellucci (tra i firmatari l’attuale sottosegretario all’istruzione Paola Frassinetti).
SPAZI VUOTI Certo sul tema sicurezza occorre distinguere tra percezione e dati: L’Araldo lo scorso 6 dicembre ne ha parlato in un primo piano segnalando come, secondo uno studio esplorativo relativo a Milano e condotto dal centro di ricerca Transcrime dell’Università Cattolica in collaborazione col Ministero della giustizia, «non aumentano i reati, ma cresce la violenza […] si registra un aumento di rapine e lesioni personali, mentre calano furti e spaccio di stupefacenti», una situazione che pare analoga a quella di Vigevano. Perciò se da un lato non è la “quantità”, a essere differente dal passato è la “qualità” del fenomeno; in un’indagine condotta dal settimanale tra la popolazione studentesca nel 2023, il 46.6% aveva risposto che «teme di girare da solo la sera», il 42.5% aveva espresso preoccupazione per la violenza di genere. Una insicurezza che sembra collegarsi a una mancanza di presidio in alcune parti della città – significativo che nella lettera i rappresentanti d’istituto chiedano «una costante presenza di agenti, anche a piedi» – e alla scarsità di luoghi in cui passare il tempo, magari investendolo in attività che arricchiscono dallo sport alla cultura; una scarsità che racconta bene il reportage nella pagina accanto tra gli adolescenti che trascorrono la notte nei parcheggi dei supermercati cittadini.
ASCOLTARE Del resto il desiderio di partecipare e di essere ascoltati non si avverte solo a Vigevano: «I dati dell’edizione 2023 del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo ci dicono soprattutto che i giovani italiani vorrebbero scegliere e vorrebbero poter contare, ma forse mai come in questo momento storico si trovano in difficoltà a farlo», raccontava su Avvenire a giugno 2023 Alessandro Rosina, docente di demografia della Cattolica e coordinatore scientifico dell’Osservatorio dell’Istituto. Il Rapporto 2024 (quello 2025 è in corso di pubblicazione) ha sottolineato infatti che nonostante l’astensione alle europee abbia raggiunto il 56% nella Generazione Z (superando il 70% nelle fasce a basso reddito), l’interesse a partecipare non manca, anche se si dirige soprattutto verso realtà non politiche quali scuola, ospedali, volontariato. La Giornata dell’ascolto dei minori è nata anche per ampliare la partecipazione alla vita politica, tanto che ha il fine di «informare e di sensibilizzare sul tema dell’ascolto della persona minore di età quale presupposto fondamentale per dare concreta attuazione ai suoi diritti» (art.3 legge 104/2024). Un ascolto che rientra nei principi fondamentali della Convenzione sui diritti dell’infanzia:
Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo devono essere debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.
COMUNICAZIONE INTERROTTA Eppure questo ascolto non è percepito dai diretti interessati nei tre ambiti fondamentali della loro esperienza quotidiana: la famiglia, la scuola, la comunità. A livello familiare un’indagine del 2022 dell’Istituto superiore di sanità (parte di una survey quadriennale dell’Oms), indica che la facilità di parlare a casa è inversamente proporzionale all’età: se l’80.1% dei maschi e il 63.5% delle femmine a 11 anni lo fa con facilità con il padre (l’83.3% e l’82% con la madre), la percentuale scende al 60.5% e al 39.6% a 15 anni (al 72.3% e al 63.3% con le mamme, che restano un interlocutore più accessibile). In classe solo il 35.4% degli studenti pensa che gli insegnanti abbiano un interesse per loro, quanto alla partecipazione e alle istituzioni civili-politiche, secondo Eurobarometro solo il 7% dei ragazzi italiani nel 2024 ha contatto un politico, anche perché il 31% ritiene che non servirebbe a granché e il 25% «non pensa che chi prende decisioni ascolti persone come me».
CLASSE FRAGILE Anche se ai giovani di oggi si richiederà nei prossimi decenni di svolgere un ruolo molto difficile, visto che, come racconta l’istituto Toniolo, «l’Italia è uno tra i paesi europei con maggiori squilibri generazionali: in termini demografici, rispetto al peso del debito pubblico e nella distribuzione delle voci della spesa sociale». Sono pochi rispetto alla baby boom generation (a Vigevano già oggi i minorenni sono il 15.8% della popolazione, gli over65 il 24.8%), sono più soggetti alla povertà (secondo il rapporto Caritas 2024 “Fili d’erba nelle crepe” «l’incidenza della povertà assoluta tra i minori oggi è ai massimi storici, pari al 13.8%» tanto che in Italia «ai poveri è negato il diritto di aspirare»), sono meno presenti nei contesti in cui si assumono decisioni, sono più esposti alla fragilità lavorativa e abitativa. «Nessuna società può funzionare senza essere generativa verso il futuro», scriveva sempre Rosina, «ciò che non aiuta chi è nella fase giovanile […] rende più deboli i progetti di vita delle nuove generazioni».
Giuseppe Del Signore