Cresce il numero dei potenziali poveri in Italia, trend negativo che non risparmia nemmeno il Nord-Ovest. Questo uno degli aspetti emersi dal Rapporto 2024 di Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale nel Belpaese.

NUOVI POVERI Un tempo “la terra promessa” di chi cercava lavoro e maggiore fortuna, anche il nord Italia si trova far fronte a una situazione sempre più precaria, dove il solo stipendio non basta più ad arrivare a fine mese. «Leggendo il report ci si accorge di come la povertà sia in misura maggiore al centro-sud – spiega don Moreno Locatelli, direttore di Caritas Vigevano – ma il dato sta potenzialmente aumentando in maniera forte anche al nord». Una situazione legata soprattutto al caro vita e al tema lavoro. «Anche il nord di fatto subisce questo contraccolpo forte di un rallentamento sul lavoro, non tanto legato alla quantità – continua don Locatelli – I dati Istat mostrano in realtà che la disoccupazione diminuisce, ma non mette in luce come siano in aumento i working poor, i cosiddetti lavoratori poveri». Fulcro dei potenziali nuovi poveri uno stipendio non adeguato a una vita i cui costi stanno diventando sempre più insostenibili.

Uno stipendio guadagnato al nord potrebbe garantire di arrivare a fine mese al sud, dove la vita è meno cara, ma non qui dove i costi sono più alti – spiega il direttore della Caritas diocesana – questo è il dato di partenza su cui si è fatto luce in parte del report.

ATTRATTIVITA’ A giocare una carta sfavorevole anche altri fattori legati strettamente al territorio. «Realtà come Vigevano e Lomellina sono sempre state per la stragrande maggioranza a mono-produzione – racconta don Locatelli – dove tutto gira attorno a un elemento solo, in questo caso alla scarpa. Andando in crisi la produzione calzaturiera, è andato in crisi un intero settore “infettando” anche tutti quelli che gli ruotano attorno». Carenza di prospettive che vanno a braccetto anche con la poca attrattività del territorio. «La situazione non migliora se viene tenuta in considerazione la poca attrattività, innanzitutto per il problema infrastrutture e in secondo luogo per il raggiungimento delle grandi città, prima su tutte Milano».

DIO don moreno locatelli
Don Moreno Locatelli, direttore Caritas della diocesi di Vigevano

DATO NAZIONALE Non solo un aumento di possibili poveri nel solo nord ovest, ma in generale anche a livello nazionale, nessuno escluso. «È chiaro che la prospettiva va sempre più nella direzione dell’aumento dei potenziali poveri – spiega don Locatelli – ma questo non vuol dire che lo siano tutti. L’Istat mostra come un italiano su dieci è a rischio povertà e il dato viene confermato ogni anno». Quello che però l’Istat non coglie è la capillarità delle situazioni, fattore che Caritas coglie a 360° grazie al suo grande lavoro in sinergia con tutti i territori. «Se dai dati si deduce la possibilità di nuovi potenziali poveri, dal lavoro di Caritas si riesce a leggere e ad avere conferma di un ulteriore aumento ogni anno, possibile grazie al lavoro immersivo e a stretto contatto con gli assistiti». Nonostante la situazione diventi sempre più faticosa per una serie di fattori, il titolo del Rapporto lascia spazio all’ottimismo. «L’immagine del filo d’erba nelle crepe fa capire che non tutto è perduto, è anche vero che tutto quello che si fa non è inutile e vedere la speranza in un filo d’erba che si fa strada nel cemento è un’immagine importante. Un vero e proprio invito alla speranza di una Chiesa che non vuole essere assistenzialista, ma che si prende cura dei suoi figli».

Rossana Zorzato

1«Aiutare mia madre senza rinunciare all’indipendenza»

Compiere sacrifici, fare rinunce, con il timore nonostante tutto di non arrivare a fine mese e soprattutto di pensare a volte di non aver fatto abbastanza.

Essere figlio di una mamma lavoratrice che, nonostante la dedizione con cui svolge la propria professione, non vede ripagata adeguatamente i propri sforzi non è facile né fisicamente né psicologicamente. I dati comunicati da Caritas riferiscono che la povertà assoluta interessa oltre 5.7 milioni di persone in Italia. Il costo della vita è aumentato con l’inflazione, tra spesa, bollette, benzina e costi legati alla quotidianità. Sono aumentate le rinunce: vorrei tanto fare qualcosa di più, per garantire a mia mamma quanto meno la possibilità di concedersi un fine settimana lontano da ogni preoccupazione, purtroppo non mi è ancora stato possibile. Nonostante la mia giovane età ho già sperimentato le difficoltà della vita. Durante la mia adolescenza ho visto mio padre spegnersi, nonostante avesse lottato fino all’ultimo contro un male rivelatosi incurabile: purtroppo non ha saputo tutelarci dal punto di vista economico e questo ci condiziona ancora oggi. Mia nonna fino a quando è rimasta con noi ha fatto il possibile per aiutarci, moralmente ma anche economicamente: un anno fa però anche lei è venuta a mancare.

Cerchiamo per quanto possibile di far quadrare i conti e fortunatamente abbiamo un tetto sotto cui stare, non è così scontato visto che la povertà abitativa rientra nei principali fattori di povertà secondo Caritas. Rinunciare alle uscite con gli amici è il minimo: se ci sono delle priorità vanno sapute affrontare. Nell’ultimo periodo però non sono mancati gli imprevisti e se non fosse stato per persone a cui devo molto, sia umanamente sia professionalmente, non so come avrei fatto. Vivere quasi ogni giorno sperando che non capiti nulla di oneroso, acquistando il minimo necessario, percependo la stanchezza emotiva oltre che fisiologica del proprio genitore porterebbe qualunque figlio a porsi delle domande. Mi chiedo spesso se avrei potuto fare di più. Mi domando se questo periodo, prima o poi, finirà. Dipende da me in parte, da come saprò farmi valere e se riuscirò a raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissato. Capisco le sue preoccupazioni tra tasse da pagare, lavoro usurante e altro. Resto conscio che tutto si affronta e che, come figlio, non posso e non voglio rinunciare a cercare la mia indipendenza e la mia strada.

Giorgio

2«Dovrei essere io a mantenere mia moglie e mio figlio»

Oggi ancora non hanno pagato, ed è già il 12 del mese. Di solito il bonifico va sul conto entro il 10. Una volta hanno addirittura fatto il versamento il 4. Chiamo l’amministratore e mi spiega che hanno appena ricevuto i bonifici da firmare: questione di un giorno e lo stipendio arriva. Sarà, ma intanto il frigo è vuoto: per forza. Con 600 euro al mese fa presto a vuotarsi. Mia moglie prende i soldi il 27, pubblico impiego: beata lei. Bè, mica tanto beata. Questo mese scadono le assicurazioni delle due auto, poi c’è quella sulla casa, inoltre deve ancora pagare la rata della macchina nuova. Quella vecchia, che uso io, è da riparare: operazione complicata, che faccio? Sospendo l’assicurazione? Intanto sto viaggiando col treno per andare al lavoro.

Contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co., sembra una gallina), vado in ufficio tre giorni alla settimana. Praticamente un part-time. Pensare che quando avevo cominciato, vent’anni fa, prendevo 800 euro e lavoravo un giorno in più. Poi c’erano delle collaborazioni esterne, per 300 euro l’una. Tra una cosa e l’altra portavo a casa tra i 1100 e i 1400 euro al mese, che erano una bella cifra. Adesso ne ho lasciata una perché tardavano nei pagamenti, gli ho fatto anche scrivere una lettera da un avvocato mio amico, ma niente. Se andiamo a processo potrei anche vincere, ma sarebbe un accumulo di stress.

Nostro figlio lavora, meno male. Almeno è indipendente e presto andrà ad abitare per conto suo, buon per lui. L’hanno assunto in un ufficio comunale, grazie a un concorso. L’unico a non avere il posto fisso, qui, sono io. E dire che dovrei essere il capofamiglia, quello che provvede a mantenere gli altri. Una volta era così. Fino agli anni 2000 lavoravo nel milanese. Prendevo bene, 1200 al mese. Poi mi sono trasferito in Lomellina e ho trovato un impiego analogo, ma la ditta è fallita poco dopo e ho dovuto ricominciare. Allora è saltata fuori un’occasione con un co.co.co. I colleghi sono brave persone, una volta la settimana mangiamo insieme in trattoria. A volte, quando lo stipendio finisce troppo presto, devo portarmi il pranzo da casa. Due scatolette, della frutta, un pacchetto di cracker. A proposito, ho fame. Pazienza, è rimasta ancora qualche mela, ne mangio una. Non è ancora ora di cena, tra poco torna mia moglie, cosa le dico? Dai, ci faremo due spaghetti.

Giovanni

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui