“Maddalene”, le tappe della vicenda

Ma alla fine quali sono i fatti nella vicenda delle “Maddalene”? Le ultime settimane di lettere anonime e polemiche hanno spostato l’attenzione dagli avvenimenti alle emozioni. Eppure la situazione è chiara sin dall’inizio: suor Franca Barbieri, Madre Generale della Congregazione delle Figlie di Gesù Buon Pastore – comunemente chiamate Maddalene – ha disposto la chiusura della Comunità di Vigevano. A darne notizia fu per primo L’Araldo sul suo sito web in data 20 marzo 2024.

IL FULMINE In quell’occasione la testata scrisse che le motivazioni, comunicate dalla Madre Generale al vescovo di Vigevano, monsignor Maurizio Gervasoni, erano la «situazione di salute e di età delle sorelle» e «il calo di vocazioni». In quello stesso momento mons. Gervasoni rese pubblico che

la Diocesi ha un diritto di prelazione sull’acquisto dei beni quando una Congregazione decide di chiudere una casa e la finalità per cui esercitare tale diritto ha una ragione esclusivamente pastorale. Occorrerà discernere e valutare insieme quali decisioni prendere perché l’eredità lasciata dalle suore non vada perduta.

Al centro sin dall’inizio da un lato la possibilità dell’acquisto dell’immobile e dall’altro la necessità che tale operazione fosse finalizzata a esigenze pastorali, due facce inscindibili della stessa medaglia, come previsto dal Codice di Diritto Canonico (cfr. articolo sotto).

LA PARTECIPAZIONE La decisione della Madre Generale trovò la comunità retta da suor Rosalba Zambonetti, all’epoca composta da quattro consorelle italiane e due eritree, pronta a lottare per evitare la chiusura, raccogliendo la solidarietà spontanea di parte della città sia attraverso una petizione (con la raccolta di circa 2mila firme) sia tramite l’impegno diretto del sindaco sia mediante la mediatizzazione del caso, con suor Zambonetti e le sue consorelle intervistate anche dalle trasmissioni “La vita in diretta” e “Le iene” (3 aprile e 1 dicembre). È in questo momento che il piano della comprensione umana per un passaggio doloroso e quello dei fatti iniziano a collidere per intrecciarsi ingarbugliando la vicenda.

NEL SILENZIO All’ombra di telecamere e microfoni la Diocesi e la Congregazione avviano un dialogo, che il 19 aprile porta a un primo incontro ufficiale a Piacenza. In tale circostanza la Madre Generale, esprimendo riconoscenza alla Diocesi e alle istituzioni civili per l’attenzione dimostrata alle Maddalene, confermava la decisione: «La dinamica della vita consacrata, l’età avanzata, il calo di vocazioni, il riprogrammare delle attività della Congregazione nella sua globalità chiedono di intervenire per preservare la salute e la vita di comunità di queste sorelle». Niente ripensamenti, ma la mediazione della Diocesi prosegue e in prossimità della data fissata per la chiusura della Casa di Vigevano questo lavoro porta due frutti: la Madre Generale decide di rinviare a data da destinarsi l’attuazione della chiusura (a oggi ancora non avvenuta) e al contempo chiede ufficialmente al Vescovo

di avviare un confronto per individuare scelte condivise per garantire la presenza dell’opera e del carisma delle suore “Maddalene” a Vigevano.

A fronte di un passaggio stabilito da un ente che ha piena autonomia e non risponde agli ordinari delle Diocesi in cui opera, l’unico margine che resta all’ordinario di Vigevano, mons. Gervasoni, è capire insieme alla Congregazione se esistono le condizioni per esercitare la prelazione e in che modo preservare il carisma dell’istituto religioso.

IL CARISMA In cosa consiste il “carisma”? Di fatto le opere in cui concretamente si manifesta la particolare “vocazione” delle Maddalene. Quindi la consegna di alimenti ai poveri, il convitto femminile, l’ospitalità alle liturgie degli ortodossi romeni, la comunità di Madre Amabile. Quest’ultima a dire il vero già da tempo ovvero da quando è stata costituita la Fondazione nel 1992 è un’entità a se stante, mentre il sito della Congregazione fa riferimento solo al pensionato e alla distribuzione di viveri. Sono queste le attività attraverso le quali perseguire gli scopi pastorali che giustificano la prelazione ai sensi del Diritto Canonico. Per determinare l’opportunità di farla valere la Diocesi inizia ad acquisire informazioni e svolge dei sopralluoghi informali, anche per capire se tutta la contabilità e tutti i documenti del caso sono presenti; se fosse una trattativa tra aziende, si tratterebbe di una “due diligence” in cui a fronte di un potenziale investimento si valuta la condizione effettiva in cui si trova la realtà che dovrebbe essere acquisita. Tutti i passaggi avvengono sempre mettendone a conoscenza sia la Congregazione sia la Casa di Vigevano. Anzi, secondo fonti differenti verificate da L’Araldo, suor Zambonetti partecipa a diversi tavoli di confronto in cui sono presenti il vescovo Gervasoni e altri delegati della Diocesi ed è pertanto al corrente dei passi messi in atto.

LE LETTERE La circostanza è significativa. Si è all’inizio del 2025, dalla data del 29 giugno in cui sarebbe dovuta scattare la chiusura sono passati sei mesi e l’unica sorella ad aver lasciato la Casa lo ha fatto per poter essere seguita nel percorso di riabilitazione dopo un intervento chirurgico. La trasmissione “Le iene” è andata a trovarla a Piacenza concludendo che «suor Daniela è in buone mani, qui ha tutto per vivere al meglio il tempo che le rimane. Siamo però altrettanto sicuri che neanche con le sorelle con cui ha passato l’intera esistenza si sarebbe trovata male. Ma ormai bisogna accettare la realtà o più semplicemente, come dice lei stessa, “Così è la vita”». La fase “acuta” del “caso Maddalene” insomma sembra essere trascorsa e si potrebbe entrare nel vivo della progettualità per consentire la prosecuzione del carisma, ma a questo punto intervengono a riaccendere la questione, nell’arco di due settimane, due lettere inviate a Roma e al settimanale “L’Informatore vigevanese”. La prima riporta «fatti gravissimi». A firmarla sarebbero stati «volontari, ex volontari, e gli ex accolti», anche se l’associazione “Sursum Corda”, il movimento laico volto alla sequela della fondatrice Giulia di Barolo ufficialmente riconosciuto dalla Congregazione che quindi dovrebbe riunire proprio i volontari, tramite due fonti diverse, tra cui il presidente dell’associazione stessa, dichiara a L’Araldo non solo di non averla scritta né firmata, ma di non esserne neppure a conoscenza e di averne appreso l’esistenza dalla stampa. Chi l’ha scritta? Quali sono questi «gravissimi fatti»? Interrogativi a oggi senza risposta. La seconda invece ha un’autrice dichiarata, la stessa suor Zambonetti.

J’ACCUSE Le accuse che la madre superiora muove sono circostanziate e dirette al vescovo Gervasoni, che «sta trattando per acquisire l’intero complesso», e alla Congregazione, «ci domandiamo a che titolo da Piacenza trattino la vendita». Una posizione ribadita la scorsa settimana intervistata da “La vita in diretta”: «Lui (il Vescovo, ndr) non è più dalla nostra parte, questo l’ho capito. Pensavo fosse un’altra persona». E ancora «il soldo qua adesso vive, vive molto, è quello, più importante di tutto il soldo»,

mi aspettavo un’altra difesa, pazienza, si vede che ognuno prima o dopo si manifestano come sono.

IL COMMISSARIAMENTO A rendere discutibile l’operato della Congregazione e del Vescovo secondo suor Zambonetti sarebbe il commissariamento in corso dell’istituto religioso. Eppure ancora una volta sono i documenti a smentire la ricostruzione: il 30 gennaio scorso il Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, quello a cui sono state indirizzate le due lettere e che è competente in materia, ha disposto la cessazione del commissariamento dell’Istituto delle Figlie di Gesù Buon Pastore (di cui ai numeri di protocollo 5953/2021 e 6739/2022). In attesa del capitolo generale, la Superiora generale «assume le ordinarie competenze che le sono attribuite dal Diritto proprio e dal Diritto universale». Documenti che non fermano la macchina mediatica tanto che, nel corso di una burrascosa intervista de “La vita in diretta”, a mons. Gervasoni è attribuito nello stesso momento il ruolo di venditore e di acquirente («gli chiediamo della volontà di vendere», precisa la giornalista Caterina Varvello, «e scarica tutto sulla Madre generale Franca Barbieri e la Congregazione di Piacenza»), senza considerare l’autonomia esistente tra Diocesi e Congregazione.

IL TEOREMA L’ipotesi a cui si allude è esplicitata dalla stessa giornalista – «non è che c’è sempre stata la volontà di acquistare?» – e viene ripresa ad esempio dalla pagina “Vigevano prima di tutto”; a quasi un anno dall’annuncio della chiusura, la Casa è ancora aperta, le suore sono ancora al loro posto e le lancette corrono: se la trattativa dovesse fallire, quando la Congregazione renderà effettiva la chiusura e le sorelle non ci saranno più, chi preserverà il carisma delle “Maddalene”? Tra dieci anni cosa sarà rimasto della loro presenza, che risale al 1879? Un complesso abbandonato? Oppure, qualora la Diocesi dovesse rinunciare alla prelazione, ci sono soggetti privati interessati all’acquisto?

Prelazione, la procedura specifica regolata dal Codice del diritto canonico

Il caso della chiusura della casa delle Suore Figlie di Gesù Buon Pastore a Vigevano offre l’occasione per fare chiarezza su due temi importanti: la procedura di chiusura delle case religiose di una congregazione e le norme che regolano l’alienazione e la vendita di beni tra enti ecclesiastici.

CHI DECIDE LA CHIUSURA Le decisioni in merito alla chiusura sono assunte dalla Superiora Generale dell’Istituto di Vita Consacrata insieme al suo Capitolo. La Superiora e il capitolo valutano la situazione tenendo conto di criteri di prudenza, carità, necessità pastorale e anche di convenienza economica. Ciò significa che ogni scelta è pensata per tutelare sia il benessere dei membri della congregazione sia il fine pastorale, mantenendo sempre al centro la dignità e la missione delle suore.

PRELAZIONE Per quanto riguarda l’amministrazione dei beni ecclesiastici – in particolare l’alienazione di tali beni tra enti ecclesiastici – essa è regolata dai principi contenuti nei canoni 1290-1298 del Codice di Diritto Canonico. Questi canoni stabiliscono che i beni della Chiesa devono essere destinati al bene della comunità e al raggiungimento degli scopi pastorali. In questo contesto, quando una congregazione religiosa decide di vendere un bene, la Diocesi nel territorio della quale insiste il bene, nell’interesse della continuità dell’uso pastorale, ha un diritto di prelazione.

In pratica ciò significa che la Diocesi ha il diritto di essere sentita per prima per vedere se essa ha un interesse ad acquistare il bene in oggetto prima che sia offerto a terzi.

FINALITÀ L’intento di tali norme è duplice: da un lato garantire la corretta gestione del patrimonio ecclesiastico in maniera trasparente e responsabile, dall’altro assicurare che ogni decisione prenda in considerazione il bene della comunità e la missione pastorale della Chiesa. La disciplina in materia infatti non si limita a regolare aspetti tecnici e patrimoniali, ma si inserisce in un contesto più ampio di valori e finalità che devono orientare ogni scelta.

CASO ESEMPLARE In definitiva il procedimento per la chiusura di una casa religiosa e le regole per la vendita dei beni tra enti ecclesiastici sono strumenti di una gestione attenta e responsabile. Questi strumenti, che trovano fondamento sia nelle norme del diritto canonico sia in quelle di diritto ecclesiastico civile, mirano a evitare conflitti e a mantenere sempre al centro il fine pastorale. Il caso di Vigevano, pur essendo specifico, diventa così un esempio utile per comprendere come la Chiesa organizzi e gestisca i momenti di cambiamento, assicurando che ogni decisione risulti accessibile e trasparente per tutti i fedeli. 

«Solidarietà totale al vescovo Gervasoni»

don Croera
don Croera

Il Vicario Generale della Diocesi di Vigevano, in unione con i sacerdoti e con tutte le realtà diocesane religiose e laiche, esprime la propria solidarietà a monsignor Maurizio Gervasoni, Vescovo della Diocesi, in merito alla vicenda della Comunità delle Suore Figlie di Gesù Buon Pastore di Vigevano, anche note come “Maddalene”.

Manifestando affetto e fraterna stima al proprio Pastore, come Chiesa vigevanese ci rammarichiamo per la violenza mediatica subita dalla persona del Vescovo e deploriamo l’ingiusta e aspra aggressione di cui è stato oggetto sui social media.

Sentiamo il dovere di condannare con fermezza l’incompletezza e la falsità di numerose affermazioni diffuse dai media e pubblicamente da soggetti terzi nella trattazione della vicenda stessa.

Pur riservando ad altre sedi ulteriori chiarimenti sui contenuti, si prendono le distanze dalla strumentalizzazione dell’accaduto a fini di attacchi personali, che vanno ben oltre ogni correttezza e carità cristiana. Ricordiamo, ancora una volta, che la comunità religiosa in questione dipende direttamente dalla propria Congregazione, la quale, nella sua autonomia, assume liberamente le scelte pastorali che ritiene opportune.

Tuttavia, come già avvenuto in passato con altre Congregazioni, la Diocesi e, in modo particolare, il Vescovo con i suoi collaboratori hanno sempre mantenuto un atteggiamento di ascolto, vicinanza e accompagnamento fraterno verso le sorelle, impegnandosi affinché il prezioso carisma della Congregazione possa continuare a portare frutto nella nostra città. La Chiesa e le comunità diocesane nella componente religiosa e laica, stringendosi attorno al proprio pastore, auspicano un rasserenamento degli animi e un ritorno a una maggiore autenticità nel dialogo, affinché situazioni che, all’interno del percorso della Chiesa, rappresentano momenti normali di confronto e crescita, possano essere affrontate con serenità e spirito costruttivo.

Mons. Angelo Croera, Vicario Generale della Diocesi di Vigevano

Quando il carisma sopravvive alle persone

Nel 1903, cinque suore Figlie di Maria Ausiliatrice giunsero all’Asilo infantile di Mede. Cent’anni dopo, il 29 giugno 2003, la comunità medese salutava le suore salesiane, nonostante la forte tradizione vocazionale locale e il ricordo di Madre Linda Lucotti, Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel Dopoguerra. Negli ultimi anni, la chiusura delle case religiose è diventata un fenomeno diffuso.

SEQUELE INTERROTTE… Basti pensare alle Pianzoline, un tempo presenti in una trentina di parrocchie della diocesi, o alle numerose congregazioni che hanno lasciato il territorio: Rosminiane, Figlie della Carità, Figlie del Sacro Cuore, Suore della Carità, Figlie di Sant’Eusebio, Figlie di Maria Consolatrice, Benedettine, Suore di Maria Bambina, Carmelitane, Immacolatine… un lungo elenco, a cui si aggiungono anche gli ordini religiosi maschili

E RIPRESE Questa assenza ha lasciato un vuoto, ma il calo delle vocazioni e l’invecchiamento dei religiosi hanno reso inevitabili scelte dolorose. Tuttavia esistono realtà che testimoniano come un carisma autentico possa sopravvivere: il carisma salesiano, ad esempio, continua con la P.G.S. RINS Mede, squadra di pallavolo fondata nel 1972 da suor Rosa Securo, e con le Ex Allieve Salesiane ancora attive in Lomellina. Lo stesso vale per gli asili delle Pianzoline, ora gestiti da cooperative che ne preservano l’identità religiosa. Il punto centrale è che un carisma vero lascia un segno duraturo. Tante comunità hanno cercato di portarlo avanti anche dopo il dispiacere di dover salutare le suore che tanto avevano dato alle parrocchie.

Ancora più toccante è la testimonianza di quelle religiose che, per obbedienza e fiducia nella volontà di Dio, hanno lasciato le terre o le persone che amavano per servire altrove.

ROCCIA E SABBIA Se oggi alcuni carismi sembrano svanire, è perché a volte sono stati messi in secondo piano rispetto ai personalismi: e quando si lega tutto a una o ad alcune persone, al loro venire meno svanisce anche ciò che è stato costruito. Mai come oggi è necessario ritornare al cuore della fede cristiana. Gesù, nel momento cruciale della croce, si è affidato alla volontà del Padre. Eppure, nei Vangeli, non troviamo gli apostoli difenderlo con la forza né attaccare Ponzio Pilato. Dopo la Pentecoste, si sono rimboccati le maniche e hanno portato avanti il suo insegnamento. Dopo duemila anni, il suo messaggio e la sua Chiesa sono ancora qui: «Chi ha orecchie per intendere, intenda». 

Gds, Dcc, Dpb

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1 commento

  1. A chi ha conosciuto la vicenda dall’esterno , senza esserne comunque preventivamente schierato a favore di una delle parti , è sembrato che il Vescovo di Vigevano Mons. Maurizio Gervasoni , diversamente da quelle che erano riportate come sue dichiarazioni pubbliche rilasciate all’inizio della vicenda , non si sia per nulla interessato alla vicenda della istituzione di Vigevano e delle suore ivi operanti, ma solo di trovare il modo di acquisire un immobile a buon prezzo. Ora la narrazione completa di Mons. Angelo Croera chiarisce sufficientemente che il Vescovo, praticamente, non ha alcun potere sulle decisioni di mantenere in qualche modo l’opera esistente. A me pare, però, che queste spiegazioni non furono sufficientemente rese pubbliche nei mesi scorsi. Questo potrebbe aver generato una sbagliata interpretazione dei fatti anche in chi non era preventivamente schierato pro o contro una delle parti in causa

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